Loreta Gulotta conquista le finali a otto nella prova olimpica di sciabola femminile individuale di Rio 2016. Nella prova in cui era più difficile per i colori azzurri arrivare a medaglia, l’atleta di Castelvetrano estrae il meglio dalla propria scherma e con l’ottavo posto finale firma la sua migliore prestazione dell’intera annata. Delusione per le altre due azzurre in gara oggi, Irene Vecchi e Rossella Gregorio, eliminate al primo turno. Medaglia d’oro meritata per la russa Yana Egorian, che a soli 22 anni entra nell’Olimpo della specialità lasciandosi alle spalle due mostri sacri quali Sofya Velikaya e Olga Kharlan.
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Il turno delle 32 è subito fatale per Irene Vecchi e Rossella Gregorio: la livornese cede alla francese Lembach, senza mai dare l’impressione di poter davvero incidere nell’assalto (15-11), mentre la salernitana avanza fino a sei stoccate di vantaggio contro l’ucraina Komaschuk ma nel secondo parziale smarrisce il filo del discorso e subisce il rientro dell’avversaria, che ribalta così il match e s’impone per 15-14. Loreta Gulotta invece avanza senza fatica contro la più abbordabile delle tre avversarie, la polacca Socha (15-10). Tra le favorite, inciampa solo la cinese Shen (15-9 dalla polacca Kozaczuk), avanti bene le altre.
Nell’ottavo di finale Loreta Gulotta fa ricorso a tutto il suo carattere per avere la meglio sulla campionessa olimpica in carica, la coreana Jiyeon Kim per 15-13, con azioni spesso semplici ma assai efficaci per la loro resa finale. Gli ottavi vedono l’uscita di scena di un’altra campionessa olimpica, l’americana Mariel Zagunis – due volte oro ad Atene 2004 e Pechino 2008 – per mano della russa Dyachenko (15-12). Velikaya fatica ad avere la meglio su Lembach (15-14), mentre avanzano più in scioltezza Kharlan (15-8 a Komaschuk) ed Egorian (15-11 a Vougiouka), con la francese Brunet che supera l’ungherese Marton nella sfida tra le due ventenni più promettenti del circuito (15-12).
Il quarto di finale contro Olga Kharlan appare subito proibitivo per l’azzurra, che invano tenta di contenere la forza d’urto della fuoriclasse ucraina, che da parte sua non le lascia la minima possibilità di incidere nella gara, chiudendo in un lampo per 15-4. Anche gli altri quarti rispettano il pronostico: Velikaya supera Berder (15-10), così come Egorian vince il derby russo con Dyachenko (15-10) e nell’assalto più incerto Brunet resiste al ritorno di Besbes (15-14).
Le semifinali promettono grande spettacolo. E, in modo diverso, non tradiscono le attese. Nella prima Manon Brunet sembra colmare in poche stoccate la distanza da una campionessa come Velikaya, che almeno nel primo parziale soffre la fantasia e i colpi di taglio della francese, che con un +5 di parziale si porta a metà assalto sull’8-5; come spesso accade, Velikaya è più reattiva alla ripresa e prova a ricucire, ma Brunet risponde colpo su colpo fino al 14-13. Qui è la svolta: Brunet, in attacco, sembra toccare, ma la ricostruzione video rimette tutto in discussione, e alla ripresa Velikaya estrae dal cilindro una parata e risposta strepitosa e quasi fuori equilibrio: al 14 pari la russa fa valere la maggiore esperienza e tocca il punto che vale la finalissima. La seconda semifinale certifica, se ancora ce ne fosse bisogno, il livello top raggiunto ormai da Yana Egorian, che non arretra di fronte all’aggressività tipica di Olga Kharlan e anzi la sfida, fino a minarne le certezze, sul suo terreno, con l’ucraina che accusa almeno tre stoccate in controtempo normalmente tipiche del suo repertorio: finisce 15-9 per la russa.
La finale per la medaglia di bronzo premia Olga Kharlan, che con l’esperienza e la consueta classe è abile a opporsi alla scherma brillante di Brunet (15-10), mentre quella per l’oro incorona un talento cristallino come Yana Egorian, che a differenza della semifinale è costretta alla rincorsa contro la più esperta compagna di squadra senza tuttavia mai rinunciare al suo piano tattico, di nuovo capace di adattarsi alla scherma di Velikaya così come era capitato con Kharlan, finché al 14 pari arriva la stoccata alla spalla che nega alla stessa Velikaya un oro olimpico già sfuggito a Londra 2012, per sistemarlo al collo della più giovane zarina della sciabola russa e mondiale.