DALL’INVIATO A RIO DE JANEIRO
Un avvocato locale, curioso per quanto stava accadendo all’Edificio Linneo de Paula Machado al centro di Rio de Janeiro, l’ha definito ironicamente “un drama italiano”. E in effetti il secondo, presunto caso doping del marciatore altoatesino Alex Schwazer ha assunto decisamente i contorni della telenovela. Un “drama” però ridicolo per come è stato gestito dalla Federazione internazionale di atletica leggera (Iaaf) e ora dal Tribunale arbitrale dello sport.
I fatti sono noti e meritano solo un breve riassunto. Il primo gennaio i funzionari della commissione antidoping della Iaaf, diretta da Thomas Capdevielle, si presentano a Racines, in provincia di Bolzano, per effettuare un test a sorpresa ad Alex Schwazer. Il controllo dà esito negativo ma lo stesso campione, riesaminato a maggio dopo la vittoria dell’altoatesino nella Coppa del mondo a squadre di Roma con annesso pass olimpico, dà responso contrario. Schwazer è positivo al testosterone: i risultati, però, vengono comunicati all’atleta oltre un mese dopo. E da qui comincia il “drama”.
Le contro-analisi di inizio luglio confermano la positività, Schwazer viene fermato dalla Iaaf ma chiede la sospensione della pena al Tribunale nazionale antidoping della Nado Italia, che però non può pronunciarsi. E allora si rivolge al Tas di Losanna, il massimo organo di giudizio sportivo, che a sua volta si dichiara non competente a giudicare la richiesta di sospensione ma promette di entrare nel merito della questione prima dell’Olimpiade.
Siamo al 18 luglio e da qui parte il balletto dei rinvii. L’udienza viene fissata per il 27 a Losanna, ma la Iaaf ne chiede il posticipo. Il Tas lo accoglie, spostando il dibattimento al 4 agosto a Rio de Janeiro, nell’hotel del Comitato olimpico internazionale dove il Tribunale arbitrale dello sport si trasferisce per smaltire l’enorme mole di lavoro provocato dal caso doping della Russia.
Il 4 agosto, però, non è ancora la data giusta. Il Tas sposta ancora in avanti l’udienza, fissandola per l’8 agosto, tra l’altro non nella sede originaria, ma al centro di Rio de Janeiro, in un palazzo che ospita diversi uffici legali (ma non solo). Il motivo è ignoto, le conseguenze penalizzanti per chi deve raccontare, in condizioni impossibili, una decisione attesa non solo a livello nazionale, ma mondiale. A dimostrarlo, se ce ne fosse bisogno, anche la presenza dello stesso Capdevielle all’udienza.
E così siamo arrivati a lunedì 8 agosto, quando mancano solo quattro giorni alla prima, ipotetica gara che Alex Schwazer vorrebbe correre, la 20 km di marcia ai Giochi Olimpici di Rio de Janeiro. Il collegio arbitrale chiamato a giudicare, presidente l’austriaco Michael Geistingler, ex dirigente della federazione internazionale biathlon, è consapevole della particolarità della situazione e promette alle parti una decisione rapida, entro fine giornata.
Poi, attorno alle 10.30 ora locale, comincia il dibattimento e la difesa, giunta al centro di Rio de Janeiro con varie perplessità sull’atteggiamento del Tas (Una sorta di “Santa Inquisizione” per l’avvocato Giuseppe Sorcinelli, dell’entourage di Schwazer), trova una gradita sorpresa: gli arbitri – con Geistingler ci sono Ulrich Haas, svizzero nominato dalla Iaaf, e l’avvocato spagnolo José Juan Pinto scelto dalla difesa – ammettono i testimoni richiesti dalla difesa e anche la proiezione delle slides di Alessandro Donati, coach del marciatore altoatesino.
Anche per questo, dopo la maratona di oltre nove ore di fronte al collegio, l’umore dell’entourage Schwazer è leggermente mutato. Nonostante le dichiarazioni della vigilia, l’impegno negli allenamenti e la fiducia nel “reintegro”, alla vigilia la speranza del marciatore altoatesino era ridotta al lumicino. Non è cambiato molto, ma l’attenzione del Tas, dimostrata anche dalla lunga riflessione ancora in corso per prendere la decisione finale (in realtà solo un sì o un no al ricorso dell’azzurro, per le motivazioni gli arbitri avranno altro tempo), lascia una piccola finestra di luce ad Alex Schwazer.
La sentenza dovrebbe arrivare mercoledì 10 agosto, ma in ogni caso e al di là delle ragioni e dei torti, sarà comunque tardi. Perché, in caso di proscioglimento (improbabile), per Alex Schwazer sarebbe ormai impossibile correre la 20 km in programma venerdì. Nel caso il Tas confermi invece le tesi dell’accusa (probabile), smontando le ragioni della difesa che punta sul (pesante) vizio di forma contraddistinto dal mancato anonimato della provetta e la ricostruzione matematica del professor Donati sulla non ragionevolezza della positività ad uno solo dei tantissimi controlli effettuati negli ultimi dodici mesi, la sentenza sarebbe comunque arrivata tardi e alla fine di una vicenda gestita con tempi ridicoli.
Perché, pur mettendo da parte i dubbi sulle tante falle del sistema antidoping della Iaaf e sul caso specifico, un fatto resterà: nessuna giustizia sportiva può tenere un atleta sulle corde fino a 48 ore dall’appuntamento olimpico.