“Io all’Olimpiade? Una bugia. Torno sul ring soltanto perché non voglio chiudere la mia carriera con una sconfitta, sia pure onorevole e discutibile. Quando alzerò le braccia per salutare il mio pubblico sarà nel segno della vittoria”. Lo dice con grande orgoglio, Roberto Cammarelle. Il pugile milanese, tre medaglie olimpiche tra cui l’oro di Pechino 2008, salirà sul ring il 12 marzo a Roma e poi forse ancora una volta a Milano, ma non cercherà la qualificazione olimpica, come anticipato dal presidente della Federazione pugilistica italiana Alberto Brasca (“Cammarelle? Meglio che smetta, noi puntiamo su Guido Vianello”). “Faccio i complimenti a Vianello per quanto sta facendo, spero si possa qualificare per Rio – ha dichiarato Cammarelle in un’intervista concessa a La Gazzetta dello Sport – Io mi sto allenando per sfidare un pugile russo il 12 marzo nella festa per i 100 anni della Fpi. Sto faticando parecchio dopo oltre due anni di stop: due mesi fa ero parecchio in carne, ma con tre sedute quotidiane conto di presentarmi a Roma sotto i 115 kg. Poi vedremo”. Cammarelle non ha ancora digerito il beffardo verdetto dei Giochi di Londra 2012, con la giuria che premiò in modo comprensibile il britannico Joshua sottraendo all’italiano un oro meritato: “Sicuramente è una ferita profonda perché ingiusta, come ha visto tutto il mondo – ha ribadito Cammarelle – L’ho accettata e l’accetto ancora con dolore nel cuore. Non tornerò però ai Giochi, combatterò solo a Roma e poi forse a Milano: ci sono contatti per farmi chiudere l’attività nella mia città, ma devo farlo entro fine aprile perché dal primo maggio sarò responsabile tecnico delle Fiamme Gialle”. Il pugile milanese, infine, si è soffermato sui più forti avversari incontrati in carriera: “Non ho mai battuto il russo Povetkin, ma lui aveva un vantaggio di natura politica, trasformava le sconfitte in vittorie come è successo agli Europei di Perm e Pola. È stato forte, non il migliore. Il più forte fu Timurziev, morto l’anno scorso per leucemia”.