Il rischio di vedere sfumare i sogni di un ragazzo per una dimenticanza, una bravata che potrebbe costare cara. Vincenzo Abbagnale non ci sta e respinge le accuse al mittente. La bufera che si è scatenata in questi giorni sul vogatore italiano sarebbe solo colpa di un controllore dell’antidoping che non ha voluto aspettare qualche minuto in più. La vicenda ormai è nota: l’atleta italiano doveva sottoporsi a un controllo antidoping, ma per colpa di un banale incidente stradale arriva tardi al controllo, il terzo, quello più importante. Ora rischia di non poter partecipare alle prossime Olimpiadi di Rio 2016. “Mangiamo pane e canottaggio tutti i giorni, è il sogno di una vita e se te lo portano via per un vizio di forma ci stai male” sono le sue parole, rilasciate al Mattino.
Era il terzo controllo. E i primi due?
“Personalmente sono molto arrabbiato con me stesso non tanto per quest’ultimo, ma per il secondo. Il sistema delle reperibilità prevede che dopo aver aggiornato il database si debba anche fare una procedura per aggiornare i dati. Io, invece, davo per assodato di averli spediti. Mi hanno cercato a casa e io ero in Nazionale ad allenarmi”.
E poi c’è l’aggravante del cognome Abbagnale.
“Si è scatenata una bufera mediatica. Rischio tanto solo per una formalità”.
Se dovessimo cercare di mettere ordine nei suoi sentimenti quale è quello prevalente?
“Nel momento in cui tocchi con mano la paura di perdere una cosa importante come le Olimpiadi ti sale una rabbia enorme per l’accaduto, soprattutto per il fatto di essere pulito. Uno come me che in due anni ha subito almeno venti controlli punito per problema formale. E poi tanta gente dopata veramente ne esce”.
Il sistema di reperibilità è davvero così complicato?
“Di sicuro ci stravolge le regole. Ogni tre mesi devi dare la tua reperibilità quotidiana. Se cambi devi modificare luoghi, orari e posti. E non è nemmeno compatibile con molti telefoni cellulari”.
Squalifica inevitabile allora.
“Non lo so. Tutta la documentazione con la motivazione reale deve essere trasmessa alla Procura Antidoping. E’ tutto nelle loro mani”.
Invoca la clemenza della corte?
“Non è corretto dire così. La clemenza si invoca quando si è colpevoli, io con il doping non ho nulla a che vedere. Sono pulito”.
Cosa le ha detto suo padre, il suo presidente?
“E’ ovvio che questa vicenda lo tocca di più che se si fosse trattato di un’altra persona. Ma l’avrebbe presa a cuore allo stesso modo. Sa che non è dovuta a qualche fatto commesso ma a un difetto di forma. Ha dimostrato la massima trasparenza”.