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Una vittoria in Coppa del mondo, nell’ultimo Grand Prix della stagione olimpica nell’amata Shanghai, come regalo di compleanno. E poi un fioretto culinario, la rinuncia ai dolci “fino a Rio e anche nel mese successivo”, per coronare il sogno più grande nel fioretto schermistico, l’oro all’Olimpiade brasiliana. Arianna Errigo, medaglia d’argento ai Giochi di Londra nell’individuale battuta solo dalla compagna di nazionale Elisa Di Francisca, festeggia 28 anni ed è già concentrata sulla prossima sfida, Rio de Janeiro. Dove “vado per vincere perché nella vita punto sempre a migliorare e in questi quattro anni ho lavorato molto bene. E poi – confessa nell’intervista esclusiva concessa a Sportface.it – un altro secondo posto sarebbe brutto, bruttissimo. E pesante”.
Ma è sempre una medaglia d’argento, no?
“Sì, certo. Però quando vai per vincere e perdi la finale è brutto. Forse preferirei arrivare terza. Del resto fino al Mondiale del 2013 arrivavo sempre seconda: nel 2012 conquistai la Coppa del mondo senza vincere una gara e per un atleta è pesante, comincia a frullarti per la testa l’idea dell’eterno secondo. Vincere quel Mondiale è stata una liberazione”.
Quindi niente secondo posto a Rio…
“In generale sarebbe un grandissimo risultato, ma in questi quattro anni ho lavorato molto bene, ho vinto due Mondiali e sono riuscita a qualificarmi per Rio quando sembravo spacciata. Con un altro secondo posto l’Olimpiade diventerebbe un’ossessione: io voglio vincere”.
Il prossimo weekend gareggerai ai campionati italiani, poi a fine giugno c’è l’Europeo: che valore hanno queste gare verso Rio?
“Io vado sempre per vincere, sono occasioni per confrontarsi con avversarie importanti. Ovviamente mi rendo conto che non hanno lo stesso spessore dell’Olimpiade e non potrò essere al top della forma perché agosto è lontano e siamo nel pieno della preparazione”.
Quanto è diverso il giorno della gara olimpica rispetto agli altri appuntamenti?
“Io vivo tutte le gare importanti, l’Olimpiade e il Mondiale, in maniera diversa. Al mattino il nodo allo stomaco c’è, lo avverti subito a colazione, quando la fame non è la stessa: adoro questa sensazione, in queste gare do tutto quello che ho e non ho mai rimpianti, qualunque sia il risultato, mentre negli appuntamenti meno importanti talvolta non riesco a fare lo stesso, soprattutto nei momenti di difficoltà e rabbia. Questa è sempre stata una mia mancanza, il mio grosso limite”.
Che immagini hai conservato dell’Olimpiade di Londra?
“Il villaggio, l’assalto con Valentina in semifinale e il podio”.
Che ricordo hai del villaggio?
“La stanza e la veduta dal mio balcone. Il villaggio è una delle cose più particolari delle Olimpiadi. Fa effetto pensare che tutti gli atleti più forti al mondo, di qualsiasi sport, siano lì dentro. È assurdo andare a mensa e trovare tanti campioni che mangiano vicino a te, è impressionante: per me che sono amante dello sport è una sala giochi”.
E il podio?
“Le lacrime trattenute. Mi sembrava fuori logo discriminare una medaglia d’argento ma ero disperata. Anche oggi, del resto, pur se contenta del risultato perché a 24 anni tanti atleti ci metterebbero una firma, per me Londra resta una occasione persa. L’Olimpiade si disputa ogni quattro anni e non hai mai la certezza di avere un’altra opportunità: in quel giorno può succedere di tutto”.
Cosa succederà quel giorno? Quale sarà il podio?
“Io medaglia d’oro, Elisa (Di Francisca, ndr) argento e la russa Deriglazova bronzo”.
Un peccato non ci sia la gara a squadre.
“Dispiace tanto. Al di là del Mondiale che non è andato benissimo (medaglia argento dietro alla Russia, ndr), saremmo state favorite perché siamo una delle squadre più forti”.
Valentina Vezzali si è ritirata: cosa ha rappresentato per te?
“Valentina ha 14 anni più di me, io la vedevo in tv da bambina: per me è stato assurdo iniziare ad allenarmi con lei. Ho avuto la fortuna di conoscerla da ogni punto di vista e la cosa più impressionante, malgrado le tante vittorie, non è il suo modo di affrontare le gare, ma l’atteggiamento nel quotidiano. Valentina è incredibile, non esiste una atleta capace di allenarsi con la sua costanza, determinazione, concentrazione. La mattina e il pomeriggio, prima e dopo le gare: è fuori dal normale. Io sono completamente l’opposto, non mi piace l’allenamento, faccio fatica a trovare la concentrazione: avere lei come punto di riferimento è stato importante. Io non sarò mai come la Vezzali, anzi quando ho provato a imitarla ho sbagliato, ma lei è stata un esempio, la numero uno in assoluto”.
E cosa rappresenta oggi?
“All’ultimo Mondiale eravamo in camera insieme: le ho promesso che le telefonerò la sera del 10 agosto, dopo la gara olimpica. Sono convinta che tiferà per me”.
Sarà la prima persona che chiamerai?
“Mia sorella, poi Valentina”.
Quanto è diversa da te Elisa Di Francisca?
“Tanto”.
Cosa le ruberesti?
“Quando non è in forma, fisicamente o tecnicamente, Elisa è sempre e comunque presente con la testa. Riesce ad emergere anche nelle difficoltà”.
Sarà la tua principale avversaria all’Olimpiade?
“No. Il 10 agosto sarà un giorno particolare, nelle gare secche puoi andare in difficoltà anche contro chi non ti aspetti. Certo Elisa è forte, la dovessi affrontare sarebbe un assalto difficile anche perché tra italiane subentrano altre dinamiche. Ma ci sono tante avversarie pericolose: la russa Deriglazova in questo momento è la più forte, poi c’è una francese giovane che ha vinto una gara di Coppa del mondo (Ysaora Thibus lo scorso ottobre a Cancun, ndr) e altre ancora da temere”.
Parlaci dell’aspetto mentale della gare: preferisci stare in vantaggio o rendi di più quando devi rimontare?
“Stare avanti. Perché quando sei indietro nel punteggio può succedere qualsiasi cosa: 15 punti sembrano tanti ma basta un errore tuo, uno dell’arbitro, la bravura dell’avversaria e sei più di là che di qua. Poi le dinamiche dell’assalto sono sempre diverse, quindi l’esperienza ti dà tanto: capitano anche sfide in cui sei avanti e perdi, a me è successo all’Olimpiade”.
Da anni ti sei affidata a uno psicologo dello sport.
“Sì, ci lavoro a prescindere dalla scherma. Il mio problema è sempre stata la concentrazione, la costanza, per questo da oltre quattro anni mi faccio seguire mentalmente per gli allenamenti: molti mi prendono per matta perché una atleta normalmente ha problemi in gara”.
Tu, invece, in gara sei sempre all’attacco per “proporre un tipo diverso di scherma”.
“Fino a qualche anno fa gli assalti erano un po’ lenti, tutte le atlete utilizzavano i tre tempi e spesso non si arrivava a 15. Valentina Vezzali e le più forti al mondo vincevano così e il mondo schermistico si è adattato. Io, invece, da quando sono piccola voglio fare qualcosa di diverso: attaccare e ancora attaccare. Sicuramente è più rischioso, devi sempre essere perfetto fisicamente: negli anni ho cambiato qualcosa, ho adattato la mia scherma, ma ho sempre voluto dimostrare che si può vincere in un altro modo. La scherma deve essere uno spettacolo, talvolta non lo è e questo per me è inconcepibile: è uno sport speciale, divertirmi e far divertire è il mio primo obiettivo”.
Da quasi quattro anni ti sei trasferita in provincia di Roma, a Frascati: cosa è cambiato nella tua vita?
“È tutto completamente diverso, anche il modo di allenarmi. A Como avevo un maestro e una società di ragazzi bravi e giovani, 14-15 anni. Qui a Frascati ho rivoluzionato tutto, questa palestra a livello assoluto è la migliore in Italia per il fioretto”.
Come ti trovi?
“Molto bene. Mi dispiace che la mia famiglia sia distante, quando posso vado, però sto meglio ai Castelli, a un passo da Roma ma in tranquillità. E poi l’università di Tor Vergata è comodissima, studio tecnico-ortopedico e mi piace molto”.
È quello che vuoi fare dopo il ritiro?
“È una strada che vorrei aprirmi come tante altre: per noi atleti la fine della carriera è particolare perché avviene in un’età in cui le persone sono già avviate nel mondo del lavoro mentre noi siamo ancora a giocare e veniamo catapultati nel mondo reale all’improvviso”.
I tuoi figli faranno scherma?
“No (risata, ndr). Se non fossi io la madre sarebbe diverso. Non vorrei essere troppo invadente, cosa inevitabile quando conosci alla perfezione uno sport. Di sicuro farò provare loro tante discipline come ho fatto io, perché lo sport è una scuola di vita, la cosa più bella: se poi decideranno di fare scherma dentro di me sarò contenta, per loro mi spiacerà perché verranno massacrati da me e Luca (il fidanzato Simoncelli, ndr)”.
Se non avessi fatto scherma?
“Avrei fatto pallavolo. Ho giocato fino a dieci anni, poi ho dovuto scegliere perché nei weekend le partite erano in contemporanea con le gare di scherma. Oggi, diversamente da quando ero piccola, mi piace tanto anche il tennis. E poi adoro il surf”.
Perché hai scelto la scherma e non la pallavolo?
“Perché è uno sport individuale. Io ho sempre adorato la pallavolo, quando siamo in ritiro cerco sempre di far montare la rete. Ma mi piace da sempre avere la piena responsabilità: quando giocavo a pallavolo e vincevamo nonostante io giocassi male, o viceversa, impazzivo, per me era inconcepibile. Invece nella scherma pago sempre io”.
Sei responsabile, ambiziosa…difetti?
”Sono permalosa, ma grazie a Luca sono un po’ migliorata”.
Cosa ha fatto?
”Mi massacra, è un martello. Scherza ventiquattro ore su ventiquattro: per forza di cose dovevo migliorare. E poi sono impaziente, nella vita come nella scherma. Quando vado in difficoltà durante gli assalti è perché non rallento, inoltre sono una persona che si allena e vuole vedere subito il risultato: sono così in tutto, anche nelle cose normali, per esempio nel traffico, quando sono in coda impazzisco”.
Hobby?
“Mi piace ballare. Il mio preparatore è bravissimo nel latino-americano, con Luca ultimamente abbiamo fatto qualche ora insieme. Poi mi piace lo sport, qualunque sport. Il cinema. E anche cucinare e mangiare”.
Piatto preferito?
“Non ne ho. E non c’è nulla che non proverei, anche se alcune cose mi piacciono meno: le acciughe, l’uvetta, i candidi e le interiora”.
Sei brava nella “vita da atleta”?
“Sono brava, non bravissima. Non sono schematica, nella scherma come nella vita: ovviamente sono attenta all’alimentazione, ma nell’occasione in cui devo mangiare non dico no. Non mi è mai capitato di mangiare insalata o riso in bianco al ristorante: ogni tanto mi concedo qualcosa, magari in porzioni ridotte, anche se resto attenta”.
Perché il soprannome Tsunari?
“Nella seconda gara di Coppa del mondo, dopo un esordio pazzesco da numero 117 del ranking, ho vinto tirando in maniera strana, aggredendo le avversarie, da outsider. È stata una cosa allucinante, un’apoteosi. Un maestro russo venne da me e disse: ‘Errigo today tsunami’. Così nacque il soprannome, poi adattato in Tsunari”.
Tsunari particolarmente fiera di non avere tatuaggi. Perché?
“Ormai tutti ne hanno, io faccio moda. Magari ci sono momenti in cui ne vorrei uno, ma nella vita c’è un’età per tutto: se penso ad alcune occasioni particolari, con un tatuaggio mi sentirei fuori luogo”.
Il posto più bello che hai visitato?
“Shanghai. È strano perché non c’è il mare, che io adoro, ma è una città particolarissima e mi piace da morire: c’è la parte vecchia, caratteristica, e poi ci sono i grattacieli; si mangia benissimo e a me la cucina cinese piace tanto, non è come quella che c’è in Italia. Mi è piaciuto tanto anche il Kenya, un’esperienza di vita molto bella: sono stata con mia madre, ho fatto il safari, ho conosciuto tanta gente. E ancora al mare con papà a Capoverde, bellissimo. E a Santo Domingo con Luca, dove il mare è stupendo”.
Che posti vorresti vedere?
“San Francisco. Poi mi piacerebbe girare l’Australia, ma lì bisogna andare e tornare dopo qualche mese. A me piace viaggiare, sono in giro tutto l’anno ma quando posso parto anche se sono stanca. Questo è l’unico anno in cui sono rimasta più tranquilla”.
Programmi dopo Rio?
“Resto in Brasile, mi vedo la città ma anche qualche gara. I miei genitori rimangono fino al 18 agosto, io e il mio ragazzo fino al 24. Ci piace fare surf, adoro la pallavolo, il mare: è la mia vacanza perfetta”.
Che gare andrai a vedere?
“Pallavolo, nuoto, poi Tania Cagnotto. E ho già preso i biglietti per le semifinali del rugby a 7”.
Per chi farai il tifo?
“Sicuramente per Tania: se lo merita, speriamo riesca a battere queste ‘maledette’ cinesi. Poi per Gregorio Paltrinieri: sta facendo un percorso importante, arrivare all’Olimpiade e non vincere sarebbe un peccato. E ancora per la pallavolo maschile”.
Poi, tra quattro anni, ci sarà Tokyo. E tra otto, magari, Roma 2024: con Arianna Errigo?
“Se Roma dovesse ospitare i Giochi rifletterei se andare avanti fino al 2024, perché comunque fare un’Olimpiade in casa sarebbe emozionante. Ma se non vincesse Roma…beh, non lo so, bisogna vedere”.
Hai appena compiuto 28 anni, già pensi al ritiro?
“Io farei scherma tutta la vita, la adoro. Ma ci sono tante altre cose che mi piacerebbe fare. Per me è difficile continuare negli allenamenti per altri otto anni: vorrei avere una famiglia numerosa. Poi, certo, bisogna vedere: da una parte mollare è sempre difficile, dall’altra bisogna capire come andrà avanti la mia carriera. Se dopo Rio comincio a prendere legnate, magari mi demoralizzo e chiudo prima”. Oggi, però, è presto per pensarci: Arianna deve vincere una medaglia d’oro a Rio e poi tornare a mangiare i dolci. Ma solo a settembre.