Per ricercare l’ultimo campione indiscusso dei pesi massimi di boxe bisogna scavare fino al 1999, quando Lennox Lewis contro Evander Holyfield riuscì ad unificare le tre cinture, WBC, IBF, WBA. Sono passati tanti anni, venticinque esatti, troppi, al punto che nel frattempo le cinture ‘major’ sono diventate quattro, con l’aggiunta della WBO. Tutte quante saranno in palio stanotte alla Kingdom Arena di Riyadh, dove gli imbattuti Tyson Fury (34-0-1) e Oleksandr Usyk (21-0) si contenderanno lo scettro di primo campione indiscusso dell’era delle quattro corone nella divisione regina. E visto che l’evento è di quelli storici – e come tutte le occasioni speciali è stato rinviato ben due volte (il match era originariamente in programma il 23 dicembre e poi il 17 febbraio) – in palio c’è persino una quinta cintura, l’IBO, non inclusa tra le principali del panorama pugilistico, ma comunque prestigiosa e detenuta da pugili fortissimi (ce l’ha Golovkin nei medi e per un anno e mezzo è stata in possesso anche del nostro Michael Magnesi nei superpiuma). Le certezze finiscono qui, perché il match che il menu di Riyadh riserva è di quelli imprevedibili.
Le incognite sono tante. E la prima è legata inevitabilmente alle condizioni fisiche di Tyson Fury, che sette mesi fa ha rischiato di perdere contro Francis Ngannou, stella delle MMA ed esordiente nella boxe, travolto per ko al secondo round da Anthony Joshua lo scorso marzo. Fury vinse per split decision e per il ‘Gypsy King’ fu una figuraccia che oggi rischia di pesare sul piano mentale. Anche perché di fronte stavolta c’è un fuoriclasse, a cui è legata però una seconda incognita: Oleksandr Usyk è alto 1.91 (Fury è 2.06) e peserà il giorno del combattimento almeno 15kg in meno del rivale. Tanti, troppi secondo Fury (dimagrito rispetto all’ultimo match) che in questi mesi ha stuzzicato l’ucraino, definendolo troppo piccolo per competere al suo cospetto. Nei due incontri con Anthony Joshua, Usyk ha sfoggiato però una tecnica pugilistica da fuoriclasse: oscillazioni ubriacanti e continue del busto, un footwork preparatorio per la gestione perfetta della distanza nonostante l’allungo minore (il diretto sinistro fu un colpo chiave nel primo match).
Ora però dovrà vedersela con quello che sulla carta sembra essere l’avversario più scomodo possibile. Fury è più alto di Joshua ed è anche più mobile, intelligente e furbo. Non ha la potenza di AJ, ma sa essere lucido nei momenti chiave e sa far valere la differenza di peso nei clinch (chiedere a Deontay Wilder) con un’azione sfibrante. Tyson ha dimostrato di essere a suo agio e di saper boxare benissimo contro i pugili che fanno della potenza del colpo singolo l’arma migliore. Usyk ha dimostrato la stessa cosa contro Joshua. Ora il campo si restringe nella sfera della bravura. Ecco perché non si può parlare di Davide contro Golia: perché qui Golia è persino mobile ed elusivo, mentre Davide è anche potente e solido. Entrambi sono talentuosissimi, ma in questa sfera di talento, uno è più grosso e l’altro è più bravo. La sensazione è che se entrambi saranno al picco della forma, ad avere più chance sarà Fury. Ma di fronte c’è un genio della boxe che in carriera ha preparato alla perfezione ogni piano gara. Ora un nuovo rebus, il più strano e difficile da decifrare. La soluzione in un modo o nell’altro farà storia e scuola.