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Meno bravo, ma più grosso. A Jeddah la rivincita tra Oleksandr Usyk ed Anthony Joshua ruota tutta attorno alla capacità del britannico di sfruttare la sua maggiore stazza, gestendo allo stesso tempo la coordinazione e l’esplosività dell’ucraino. La prima chiave per Joshua è la consapevolezza di un minor talento rispetto ad Usyk. “Nel primo match il mio obiettivo è stato fare 12 round e dimostrare di poter boxare bene come lui“, ha ammesso nelle scorse settimane Joshua che chiama in causa anche l’altra chiave: “Questi mancini sono un incubo. Se Oleksandr non fosse stato mancino, lo avrei battuto al 100%“. Di tutta risposta, l’ucraino si è presentato all’allenamento pubblico sfoggiando una guardia ortodossa. Forse una provocazione di classe, in pieno stile Usyk, quasi a voler dire: ti batto anche così. Giochi mentali a parte, il footwork ubriacante di Usyk rischia di essere nuovamente un grosso problema per AJ. Joshua ha cambiato allenatore, forse un all in, probabilmente un azzardo, sicuramente una rivoluzione. Da Robert McCracken a Robert Garcia. Meno certezze in più per entrambi i pugili, anche per Usyk che potrebbe aspettarsi un game plan meno pulito di Joshua. L’inglese potrebbe sfruttare la stazza nei clinch, appoggiando il suo maggior peso sull’avversario, tentando di logorarlo e di fiaccarlo. Un po’ come il lavoro al limite fatto da Tyson Fury contro Deontay Wilder. Di fronte però c’è un mostro di coordinazione e tecnica. È questo il grande rebus per Joshua.
Per l’ucraino c’è anche spazio per la pretattica, più o meno voluta. Usyk sembrava più pesante, Amir Khan che lo ha seguito durante la preparazione parlava persino di 15kg presi. Alla fine, alla cerimonia, è emerso più o meno lo stesso peso dell’ultima sfida. Usyk sceglie la velocità, non cambia. E’ la strada in cui si trova a suo agio per la prestazione perfetta. E’ consapevole di non potersi concedersi neanche un attimo di distrazione, i colpi di Joshua (che pesa 4 libbre in più dell’ultima volta) sono pesanti e lo sa bene. Nel primo match ne ha subiti pochi, ma quando il britannico è arrivato a segno, si è fatto sentire, specialmente con un gancio destro del sesto round. “Ho imparato tanto da lui”, dice l’ucraino che con oltre 300 match da dilettante sa benissimo cambiare strategia in corsa e leggere in anticipo il piano dell’avversario. Joshua proverà ad andare per il ko in avvio, tenterà di essere più aggressivo, rischiando anche di stancarsi più velocemente. Un ko nei round finali è un rischio concreto per Joshua, un pericolo da correre quando si fa all in con la carriera. Dodici round o forse meno di rebus da risolvere per entrambi. Con una guerra sullo sfondo e un paese da rappresentare sul ring dopo aver lasciato il fronte, Usyk è carico di motivazioni. Ma l’aspetto emotivo è solo l’ultimo da considerare. Non si diventa per caso il terzo pugile della storia campione del mondo sia nei cruiser che nei massimi, dopo Haye e Holyfield. Anthony Joshua, il meno talentuoso, meno veloce, ma più grosso dei due, stavolta lo sa bene.
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