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“Mi piace l’idea di aver gettato il seme del cambiamento. In molti Paesi la boxe femminile è più importante di quella maschile. In Italia siamo un po’ indietro ma ci arriviamo, con i nostri tempi. Da sei anni, le medaglie provengono solo da noi ragazze. Ci alleniamo più dei maschi, abbiamo una grinta pazzesca. Il pugilato in fondo è un gioco di testa: e chi può pensare meglio di una donna?”. Sono le parole di Irma Testa, medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Tokyo, che si racconta sulle pagine del Corriere della Sera.
“Ho iniziato a 12 anni, a Torre Annunziata non ci sono tante possibilità per i giovani – dice Testa – O vieni da una famiglia perbene e benestante, che ti fa studiare, ma se hai i genitori assenti perché devono lavorare dalla mattina alla sera è difficile prendere strade che ti portino lontano. Io ho avuto il maestro Lucio Zurlo che ha sostituito i miei genitori. Sono entrata in palestra, mi sono subito divertita, è scattato l’amore per il pugilato. A 14 anni, in Nazionale, è arrivata la proposta: vuoi trasferirti ad Assisi? Ho detto sì. Quando non hai nulla, è più facile. Anche mia madre mi ha dato un calcio nel sedere: ‘vai, scappa, tu che puoi'”.
Nel corso dell’intervista parla ovviamente anche della scelta di rendere pubblica la sua omosessualità: “Nel mondo dello sport è una scelta rara. Sono stata la prima donna pugile italiana a andare alle Olimpiadi, la prima medaglia olimpica: aveva senso fossi la prima pugile a fare coming out. Pensavo di portarmi dietro altre ragazze, così non è stato. E poi ci fu il ddl Zan, l’applauso dei senatori quando non passò in Parlamento… Osservavo chi combatteva questa battaglia per aiutare i più deboli, ho voluto espormi. Mi sarei sentita una codarda, se non l’avessi fatto. Vorrei dei figli, una famiglia non lo so, ma per me famiglia è anche una madre e un figlio”.
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