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Oleksandr Usyk è il Re dei pesi massimi: Tyson Fury perde l’imbattibilità nello storico match di unificazione

Tyson Fury v Oleksandr Usyk - Kingdom Arena
Tyson Fury v Oleksandr Usyk - Foto Nick Potts PA Wire/PA Images / IPA

Leggendario. Oleksandr Usyk scrive un capitolo di storia della boxe, l’ennesimo, il più importante. A Riyadh il pugile ucraino batte per split decision Tyson Fury e diventa il primo campione mondiale indiscusso dei pesi massimi nell’era delle quattro cinture (a 25 anni dal match di unificazione delle tre corone tra Lennox Lewis ed Evander Holyfield). Prima sconfitta in carriera per il britannico, che non ha accettato il verdetto e ha annunciato di voler attivare la clausola di rivincita. Ci sarà un atto secondo.

L’impresa è incredibile. Usyk – già campione indiscusso dei massimi leggeri – ha sfiorato la vittoria per ko nel nono round dopo aver faticato enormemente nella prima parte del match. Ma l’ucraino è un maestro del pugilato, che sa interpretare al meglio ogni momento del combattimento. La differenza di stazza è un fattore, non può non esserlo. A partire dall’altezza: 1.91 l’ucraino, 2.06 il britannico. Fury, più magro del solito (118,8kg), ha gli ingredienti necessari per sfiancare nei clinch la versione più pesante in carriera di Usyk, che sulla bilancia alla vigilia dell’incontro ha fatto registrare 101,3kg. Il piano gara del britannico è chiaro. Far valere l’allungo maggiore con i jab e mettere il carico sul punto debole del rivale: il corpo. Fury cerca ostinatamente i montanti e trova più volte il bersaglio. A metà gara c’è già un verdetto: Tyson si è preparato benissimo, è guascone, beffardo ed elusivo come ai vecchi tempi, l’autostima non gli manca e si traduce nei continui sfottò rivolti a Usyk.

Il sorriso del Gypsy King si spegne però all’ottavo round. L’ucraino prende le misure al gigante britannico e va a segno con un gancio sinistro che cambia completamente il volto del match. Fury viene colpito al naso, se lo tocca più volte e sanguina: con ogni probabilità c’è una frattura e la sua prestazione da quel momento crolla. Usyk lo sa e spinge. Nella ripresa successiva va nuovamente a segno col mancino e sfodera la serie di ganci: Fury barcolla, perde l’appoggio delle gambe e non cade solo perché ci sono le corde a sostenerlo. Sembrano quasi esserci i presupposti per un ko, ma l’arbitro si limita ad effettuare il conteggio a pochi istanti dalla campana. Un 10-8 fondamentale, che cambia l’approccio dei due pugili e quello di Fury. Il Gypsy King cerca il jab e ancora i montanti, ma soprattutto tiene rigorosamente alti i guantoni. Stavolta Usyk si difende bene. Anche il decimo round sorride all’ucraino. L’undicesimo e l’ultimo sono più equilibrati, ma è sempre il nativo di Sinferopoli ad avere l’iniziativa.

Si va al verdetto e si capisce subito che non è unanime. Un 115-112 e 114-113 per Usyk. L’altro giudice assegna 114-113 a Fury, che non ci sta: “Credo di aver vinto questo match. Lui ha vinto alcuni round, ma io ne ho vinti di più. Tornerò. Abbiamo una clausola di rivincita”. Per il Gypsy King è la prima sconfitta in carriera dopo 34 vittorie e un pareggio. È un ex massimo leggero a portare a termine il compito. “Grazie mille alla mia squadra. Grazie mille, mio ​​Dio, Gesù. È una grande opportunità per me, per la mia famiglia, per il mio Paese. È un giorno fantastico”, si limita a dire Usyk, che non trattiene le lacrime. Normale quando si è nella storia: nell’era delle quattro cinture della boxe sarà eternamente lui il primo ad averle riunite tutte.

 

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