
Michael Magnesi - Domenico Cippitelli / IPA Sport / IPA
Dominare una semifinale di Champions League, subire un contropiede al 90′ e perdere l’occasione della vita. L’equivalente in termini pugilistici l’ha vissuto Michael Magnesi un anno fa sul ring di Colleferro. Questi i fatti: l’italiano, in vantaggio nei cartellini contro il giapponese Masanori Rikiishi, deve solo gestire l’ultima ripresa per difendere la cintura WBC Silver dei pesi superpiuma e regalarsi una chance mondiale contro O’Shaquie Foster. Dall’angolo urlano di tenere alti i guantoni, Michael però accetta lo scambio. Uno slancio d’orgoglio che costa carissimo in uno sport crudele, dove basta un colpo per capovolgere un match apparentemente indirizzato. Prima un gancio destro, poi un gancio sinistro, quindi una serie di combinazioni: Magnesi è ko in piedi. Una sconfitta che rallenta, ma non mette fine alla scalata iridata del pugile laziale. Il prossimo 28 marzo al Magicland di Valmontone il 30enne sfiderà Khalil El Hadri e in palio ci sarà proprio quella cintura WBC Silver che gli è sfuggita un anno fa.
Michael, come va il lavoro?
La preparazione va molto bene, stiamo lavorando sulle piccolezze che abbiamo notato nel match col giapponese: piccole imperfezioni, poche, ma decisive.
Parlaci del tuo prossimo avversario
El Hadri è un buon pugile, lo conosco bene perché l’ho già incontrato da dilettante ed è venuto a farmi da sparring partner in passato. Ha una buona tecnica, ma non penso che possa impensierirmi più di tanto. Rikiishi è molto più forte, più alto e più abile tecnicamente. È un buon avversario, ma non è alla mia altezza e non posso farmi impensierire da lui.
È passato un anno dalla sconfitta con Rikiishi. Oggi è maggiore il rimpianto per quell’ultimo round o la consapevolezza di aver raggiunto un livello altissimo nelle altre riprese?
È stato il miglior match che ho disputato in carriera dal punto di vista tecnico. L’esito ovviamente dà fastidio, però mi ha lasciato anche la consapevolezza di aver condotto l’incontro in maniera perfetta. Sono soddisfatto di tutto quello che ho fatto. La ciliegina sulla torta sarebbe stata la vittoria, ma quella serata mi ha confermato che posso dire la mia a livelli molto più alti.

Prima dell’ultima ripresa il tuo maestro Gesumino Aglioti urlava ‘Zitti tutti, zitti tutti’. Al tuo angolo c’erano tante voci che si sovrapponevano. Cos’è successo?
Il ragazzo all’angolo come ‘secondo’ aveva troppa voglia di dire la sua e la situazione non è stata gestita bene dal punto di vista della comunicazione. Questo ci ha portato ad avere dei problemi durante il match e ad avere un angolo un po’ incasinato. Non era mai successo. Anche questa è un’esperienza e un insegnamento per il futuro.
D’altronde il tuo team ha sempre dato l’idea di essere un gruppo di lavoro solidissimo
Ho percepito l’affetto di tutti. Le persone all’angolo mi sono state ancora più vicine dopo la sconfitta perché sapevano che era il momento di supportarmi. Ma posso ringraziare anche tutti gli altri pugili del team che sono stati molto disponibili e sempre vicini ad Alessandra (Branco, sua moglie-manager, ndr) e a me. Volevamo creare un team che fosse come una famiglia: vedendo l’affetto che ho ricevuto, possiamo dire di esserci riusciti. Questa è una soddisfazione.
Hai incontrato il campione del mondo O’Shaquie Foster alla Convention WBC. Cosa vi siete detti?
Appena mi ha visto è rimasto un po’ incredulo, mi ha guardato e mi ha detto ‘ma quanto sei grosso’. Non ero in preparazione ed ero un po’ sovrappeso, quindi è rimasto spiazzato (ride, ndr). Mi ha detto che voleva sfidarmi e che mi stava pensando durante il viaggio. Purtroppo il mio match è andato male, ma O’Shaquie mi ha assicurato che continua ad aspettarmi.
La WBC ti ha subito dato l’opportunità di salire sul ring per riprenderti il titolo Silver. Questo è un motivo di soddisfazione?
Soddisfazione e felicità. Vuol dire che il lavoro sta portando i suoi frutti. Mi dà anche modo di capire che posso ambire ad obiettivi importanti. Se non avessi dimostrato determinate qualità, non mi avrebbero ridato quest’opportunità.

Quella contro Rikiishi è la tua seconda sconfitta in carriera. Nella boxe c’è un’eccessiva ossessione per il record immacolato?
A livello mondiale non guardano lo score come si fa qui in Italia, dove molti pensano ad avere il curriculum pulito. All’estero fanno tutte le valutazioni necessarie e analizzano ogni passo falso: si soffermano sull’avversario e su come è maturata la sconfitta. Purtroppo in Italia si punta ad avere il curriculum pulito, ma se è fittizio non ci fai nulla. Tutti i più grandi campioni hanno subito sconfitte. Ci sono le eccezioni come Mayweather. Ma di Mayweather ce n’è uno.
Nel panorama internazionale anche Guido Vianello nei pesi massimi ed Etinosa Oliha nei pesi medi possono sperare in una chance mondiale. Che ne pensi?
Vianello avrà un match molto duro, il suo prossimo avversario è forte. Lo vogliono mettere alla prova per capire se può ambire ad un titolo importante, spero che vinca e mi auguro che abbia la chance mondiale. Etinosa è un buon pugile, ha una buona tecnica, ma non l’abbiamo ancora visto affrontare dei pugili di altissimo livello: ha battuto dei buoni avversari, ma non ancora di caratura mondiale.
Hai mai pensato alla possibilità in futuro di fare un salto nei pesi leggeri?
Al momento no perché prima voglio affermarmi in questa categoria. Ma se accelero i tempi e sono ancora nell’età giusta per poter fare questo tipo di sport, perché no? Non escludo di fare un salto nei leggeri un giorno e provare a tentare la conquista di un titolo. Lascio aperta una porta, perché in questo sport non si sa mai cosa può succedere. La boxe è bella anche per questo.