[the_ad id=”445341″]
[the_ad id=”1132026″]
Gennadiy, 40 anni oggi, due fratelli persi in guerra, una vita sul ring senza mai rifiutare un avversario calcando le scene in Germania, Danimarca, Stati Uniti, Panama. E Ryan, 23 anni, criticato dal mondo della boxe per la sua attività social, reduce da mesi difficili in cui ha sofferto di ansia e depressione, senza nascondere le sue fragilità a chi lo segue. Storie ed età diverse, carriere forse agli antipodi per Gennadiy Golovkin e Ryan Garcia e una sola cosa in comune: dopo oltre un anno di inattività, entrambi torneranno sul ring nella stessa giornata, sabato 9 aprile. Golovkin sfida Ryota Murata in Giappone, in quello che è il paese più difficile dove imporsi per un pugile straniero. Ma si sa, Golovkin non arretra, non rifiuta avversari, combatte con chi deve. Poi sarà il turno di Ryan Garcia che di avversari ne ha rifiutati tanti, anche se la pretesa di sentirsi ‘King Ryan’ con tanto di ingresso in bello stile con trono e corona in testa ne ha avuta eccome. Poi le insicurezze, l’ansia, la solidarietà di Luke Campbell, uno che anni prima era stato costretto a combattere pochi giorni dopo la morte del padre e che contro Garcia ha vissuto l’ultimo incontro – perso – della sua carriera: “Gli atleti sono umani, se hanno bisogno di aiuto, bisogna aiutarli”, scrisse l’inglese. Garcia di aiuto ne ha chiesto, ha sfidato Davis, persino Pacquiao, ma non se n’è fatto nulla. Poi ha detto sì all’incontro con Javier Fortuna, salvo poi ritirarsi a due mesi dal match: “Devo pensare alla mia salute“. Anche un altro pezzo da novanta dei pesi leggeri come Teofimo Lopez lo ha sostenuto: “Serviva un’anima coraggiosa come quella di Ryan Garcia per confessare di stare vivendo un momento mentalmente difficile. Piuttosto che puntare il dito, dovreste trarne una lezione tutti”. Alla fine Ryan tornerà sul ring per mostrare quella velocità e potenza che gli hanno permesso di costruirsi un personaggio. Dovrà vedersela contro Emmanuel Tagoe e l’appuntamento col salto di qualità (dell’avversario) è per ora rimandato. Ma resta il volto di una boxe che sa parlare di problematiche, di ansia, depressione, senza vergognarsi o nascondersi.
[the_ad id=”668943″]
Di fantasmi la vita di Gennadiy Golovkin ne è piena. Quando lui è poco più che un bambino, Sergey e Vadim, i suoi due fratelli che lo ‘iniziano’ alla boxe, si arruolano nell’esercito sovietico. La prima telefonata dalle forze armate a casa arriva nel 1990: Vadim non c’è più. La seconda quattro anni più tardi e stavolta si tratta di Sergey. A Golovkin e suo fratello gemello rimane la boxe. E oggi a 40 anni ancora non ne è sazio, nonostante 41 vittorie e una sola – contestatissima – sconfitta contro Canelo Alvarez, oltre ad un pareggio – anche quello con molti dubbi – sempre col messicano. A fine anno potrebbe esserci l’attesissimo terzo capitolo contro il pugile di Reynoso, ma prima c’è l’incontro in Giappone contro Ryota Murata, che ha quattro anni in meno in un momento della carriera in cui anche i mesi iniziano a pesare. Si combatte in Giappone, paese duro per gli stranieri. ‘Meglio non finire ai punti’, sarebbe il consiglio prevalente. Ma di fronte c’è un pugile che al tappeto non ci è mai finito, anche se con avversari di tutt’altro livello, e che ha l’allungo dalla sua. Vincere in Giappone come Lionel Rose, per scrivere un’altra pagina di storia e per lanciare l’appuntamento a Canelo, l’altro fantasma della vita di un pugile comunque già leggendario.
[the_ad id=”1049643″]
[the_ad id=”676180″]