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L’ombra del terrorismo, le acque inquinate, il traffico crescente, ma gli atleti sbarcano senza sosta nella città olimpica. È ai nastri di partenza l’Olimpiade di Rio de Janeiro. Sport e molto di più, fin dalle origini. Come ha messo in luce Diva Di Nanni Durante, Dottore di ricerca in Storia antica, in “Concorsi sportivi e propaganda politica in età ellenistica”. Una ricerca epigrafica a tappeto durata tre anni e culminata in una lettura piacevole e sorprendente per la modernità, uno studio che ci svela quanto poco sia cambiata la natura umana.
Andiamo alle radici della sua idea
“Sono partita dalle fonti epigrafiche prima che da quelle letterarie. Non ci sono molte notizie sul periodo ellenico, è stato un lavoro lungo e certosino. Alla fine le relazioni tra agonistica, religione e politica sono emerse chiaramente”.
Un rapporto fondamentale nell’opera di conquista di Alessandro Magno
“Sì. La propaganda dei dominatori attraverso i Giochi nasce con Alessandro. Ha sempre dimostrato grande interesse per la vita agonistica in generale e trapiantò nell’Asia che via via conquistava l’usanza di gareggiare in agoni di tipo greco. Alessandro non fu un dittatore, ma un unificatore, mise in atto una politica di fusione etnica: annetteva il territorio asiatico in modo ‘politicamente corretto’ perché aveva capito che per tenere insieme un regno così vasto non doveva imporre sistemi estranei, ma doveva inglobare le diverse etnie in maniera morbida per evitare ribellioni future. Un esempio lampante sono i matrimoni di massa per una nuova generazione. E in quest’ottica cosa c’è di meglio dello sport? Da sempre è un momento di comunione e aggregazione dei popoli. Ma non fu il solo”.
In che senso?
“Alessandro fu il primo a fondere l’elemento greco-macedone e quello orientale dell’impero. Nello stesso senso vanno intese la sontuosa processione di Emilio Paolo ad Anfipoli nel 167 a.C per festeggiare il successo su Perseo e l’istituzione di agoni a Dafne da parte di Antioco IV nel 166 a.C.”
Si può fare un paragone con qualche evento attuale?
“I Giochi Panellenici erano le quattro gare canoniche. Le potremmo paragonare al “Grande Slam” per la fama e la risonanza che avevano nel mondo ellenistico. Il circuito si chiamava ‘periodos’ e gli atleti pur di parteciparvi gareggiavano in manifestazioni minori che davano premi in denaro. Eventi simili spostavano grandi masse di persone proprio come per gli Europei o le Olimpiadi di Rio”
Cos’erano gli Ptolemaia?
“Seguendo l’esempio di Alessandro, i sovrani crearono nuove festività. Alessandria ebbe gli Ptolemaia, Antiochia gli Antiocheia, Pergamo i Nikephoria. Per splendore e dignità possiamo assimilare gli Ptolemaia alla parte introduttiva alla parata dei Giochi Olimpici. A differenza di altri festival però, non furono istituiti per scopi politici ma per proclamare la divinizzazione di Tolomeo I. Li istituì il figlio Tolomeo II Filadelfo nel 280/79 a.C. Anche se ben presto furono utilizzati per consolidare il prestigio della dinastia. Infatti l’invito a parteciparvi veniva indirizzato a tutti gli stati greci indipendentemente se le relazioni politiche fossero buone o cattive”.
Perché?
“In questo modo i rappresentanti dell’ellenismo al completo venivano attirati periodicamente nella capitale. È evidente la funzione di integrazione e di rafforzamento dell’ordine sociale. Inoltre la gigantesca esibizione di ricchezza confermava lo stretto legame tra religione, potere e propaganda. Eventi simili richiamavano pubblico e dunque erano un’occasione d’oro per dare il massimo rilievo a una decisione politica o a un decreto. Non c’erano i mass media. I festival panellenici diventavano un’agorà, il luogo dove scambiarsi informazioni, opinioni, commenti e pettegolezzi”.
Dunque, fedeltà, propaganda e religione sono tre parti di un insieme. I romani però si spingono oltre
“Da Alessandro in poi, al culto religioso viene lentamente ma inesorabilmente sostituito il culto di un re. Con l’ascesa di Augusto si trascende, l’imperatore è pari a una divinità, ma sono culti sempre più imposti. Roma non farà altro che seguire il solco tracciato da Alessandro”.
Non abbiamo ancora parlato delle donne. Gareggiavano?
“Facciamo una premessa: da sempre le gare equestri sono ritenute aristocratiche, veniva proclamato vincitore il proprietario della scuderia e non l’auriga o il fantino. Le donne greche non godevano della stessa libertà di quelle romane ma potevano risultare vincenti e quindi utili alla causa regale grazie alla proprietà di una scuderia. Ecco perché Berenice II risulta come colei che ha riportato il maggior numero di vittorie nelle gare ippiche: Corinto nel 248, Nemea nel 249 e 247, Olimpia nel 248. Fu una chiara operazione politico-diplomatica da parte di Tolomeo II deciso a far ‘dimenticare’ la cireneicità di Berenice. All’epoca nell’elenco dei vincitori restava il nome del proprietario del destriero, nel nostro caso la principessa. Un po’ come succede per il Palio di Siena ancora oggi, la contrada ha un ruolo preminente rispetto al fantino”.
Veniamo alle Olimpiadi
“Sono nate nel 776 a.C. e hanno sempre avuto cadenza quadriennale. E come tutti sanno sono dedicate a Zeus Olimpo. Erano un vero e proprio sfoggio di potenza, di magnificenza e munificenza e al tempo stesso la conferma della propria forza politica e militare. In questo modo si incuteva timore e rispetto nei sudditi”.
Un aspetto ancora presente nei Giochi?
“Direi di sì. Penso ai Giochi di Berlino, tutto fu predisposto per esaltare il prestigio nazionale. Discorso simile per Londra. Anche in Brasile, i Giochi sono un ottimo strumento di propaganda per un paese emergente unito al non trascurabile desiderio di rivalsa e affermazione”.
Tra pochi giorni vedremo cosa hanno realizzato. Le piace lo sport? Seguirà le Olimpiadi?
“Mi piace molto il tennis, in particolare Federer. E sì, certo seguirò i Giochi! Mio figlio di 10 anni pratica il taekwondo e così mi sono appassionata a questo disciplina. Quattro anni fa facevo il tifo per Sarmiento e vinse il bronzo. Adesso faccio un bell’in bocca la lupo a tutti gli azzurri impegnati”.