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La Stanley Cup 2016 saluta un’altra grande protagonista o forse “LA” protagonista assoluta. I Washington Capitals sono ufficialmente fuori dai playoff con tanta delusione da parte dei fans e di chi sognava il momento in cui Alexander Ovechkin avesse alzato il trofeo più ambito nel panorama hockeystico. Ed invece no, niente di tutto questo, ancora per un altro anno. Lo “Zar” è giunto alla sua undicesima stagione con i Capitals e dopo aver sfondato diversi record, segnato valanghe di goal sfondando la rete in powerplay dal suo (cosiddetto) “ufficio”, Ovie non è riuscito a trascinare la squadra verso la gloria.
Eppure sembrava la stagione giusta, insomma, 120 punti, testa della Metropolitan Division mai in discussione così come il President’s Trophy (il trofeo che in tanti definiscono “maledetto”). Oltre ai record di franchigia, i playoff avevano salutato protagoniste illustre in Western Conference come i Chicago Blackhawks, i Los Angeles Kings e gli Anaheim Ducks. Era iniziato tutto così bene con tre vittorie di fila al primo round contro i Philadelphia Flyers rischiando di metter a segno l’unica “sweep” di questa edizione ma gli “orange” riuscirono comunque a contenere i Caps in gara 4 e 5 rinviando il discorso qualificazione solamente al Game6. Già dalle ultime gare contro i Flyers però s’iniziava ad intravedere qualche problema di troppo anche perché non siamo abituati a vedere un Ovechkin, un Backstrom o un Kuznetsov così limitati. Al secondo turno arriva l’avversaria di sempre: i Pittsburgh Penguins. C’è da buttare giù il tabù che li vede sconfitti per sette volte su otto serie di Stanley Cup e di fatti il match inizia subito bene con la gioia all’overtime firmata TJ Oshie, l’uomo mercato dell’estate per i capitolini. Poi? Blackout. Pittsburgh è riuscita a risorgere mostrando una continuità mai avuta negli ultimi anni e creando diversi grattacapi ai Caps dopo aver fatto fuori in sole cinque gare i New York Rangers (protagonisti della finale di Eastern Conference del 2015). Braden Holtby fa il fenomeno per i Capitals ma non basta perché l’attacco non riesce a fronteggiare a “pari armi” quello dei Penguins perché Ovechkin e compagni si trovano un giovanotto dalle mille energie chiamato Matt Murray. Washington riesce comunque, nelle situazioni intricate, a rimontare (o perlomeno avvicinarsi) diverse volte ai pinguini ma per tutta la serie continuerà pur sempre a mancare il colpo “definitivo”. E finisce così, a 6 minuti e 32 secondi del primo tempo supplementare di gara 6, con quella deviazione di un Nick Bonino lasciato tutto solo davanti al net. Finisce con lo sguardo nel vuoto di Ovie che si slaccia il casco con tanta delusione. Finisce con le parole di Braden Holtby che guardando in faccia Matt Murray al momento degli handshakes gli dice: “Sei stato grande” ed il giovane goalie gli risponde: “Sei tu il migliore, comunque sia andata”. Finisce così, un’altra stagione senza l’ambita Stanley Cup, l’undicesima stagione di sogni di una capitale che aspetta che lo “Zar” prenda il team e lo trascini a suon di goal.
Ma non preoccuparti Ovie, anche se non hai ancora disputato una finale di Eastern Conference ricorda che gente come Steve Yzerman ci mise 12 anni (uno in più di te) e 14 per alzare quella maledetta ma così bella ed affascinante Stanley Cup.