Son passati ormai più di 10 mesi da quella notte del 15 giugno in cui Gary Bettman (massimo dirigente della National Hockey League) chiamò a se Jonathan Toews per alzare la Stanley Cup dopo aver proclamato i Chicago Blackhawks come una vera e propria “dinastia” dell’era moderna. Oggi gli Hawks hanno già terminato il loro percorso dei playoff 2016. La coppa volerà via dalla Windy City perché Chicago è stata eliminata in gara 7 dagli eterni rivali dei St.Louis Blues con la rete decisiva dell’ex Troy Brouwer. Eppure, dopo il Game 5, in tanti avevano sperato in una rimonta (sotto 3-1 nella serie) che desse ancor più carica per tentare il back-to-back in vista di una possibile seconda vittoria (consecutiva) del trofeo più ambito nel panorama hockeystico.
Chicago, durante il corso dell’anno, ha potuto far affidamento soprattutto sul fenomeno statunitense Patrick Kane che è riuscito a conquistare per la prima volta l’Art Ross Trophy mettendo a referto un totale di 106 punti con più di 40 goal all’attivo. Al fianco di Kane è cresciuto esponenzialmente il rookie classe ’91 Artemi Panarin che è attualmente in corsa per la vittoria del trofeo degli “esordienti” (McDavid degli Oilers, Eichel dei Sabres e Larkin dei Red Wings gli altri candidati). Per gran parte della stagione, però, Chicago ha inciso sui match con un’unica linea perché Toews ed Hossa non son riusciti a tenere una costanza nelle prestazioni della prima linea (anche per via di alcuni problemi dello slovacco). Sul fronte mercato gli Hawks hanno lavorato molto bene nel reparto offensivo aggiungendo Andrew Ladd, Richard Panik e Dale Weise ma tralasciando la difesa già orfana di un importante elemento come Johnny Oduya. Lo scambio Daley-Sharp, in fin dei conti, sarebbe stata una mossa azzeccata anche perché il difensore ex Dallas Stars aveva contribuito con un ottimo numero di punti alla manovra offensiva dei texani nella stagione 2014-2015. Il general manager Stan Bowman ha comunque preferito di girare Daley verso Pittsburgh dopo poche partite per via della poca incisività e delle promesse “sportive” non rispettate. Dai Penguins arrivò Scuderi che collezionò più presenze in tribuna che sul ghiaccio per poi esser trasferito a Los Angeles per un altro giocatore, Christian Ehrhoff, che non entrò mai nei piani di coach Quenneville. Con tutti questi punti di domanda nel reparto difensivo, sorretto comunque da un buon goaltending di Corey Crawford, i Blackhawks hanno perso quattro partite nella serie contro i Blues. Keith, Seabrook e Hjalmarsson son stati gli unici protagonisti in positivo in difesa perché Van Riemsdyk, Gustafsson, Rundblad e Rozsival non hanno dimostrato di esser all’altezza o, perlomeno, pronti per un grande salto di qualità con un minutaggio più alto rispetto alla passata stagione.
Toews chiude la Stanley Cup con 0 reti, Kane con soli 6 punti (un goal) e Shaw con la figuraccia di gara 4 in cui insultò con frasi omofobe i direttori di gara. Non un grandissimo finale di stagione per la franchigia campione in carica che durante l’estate dovrà affrontare diverse scelte importanti, ma con 3 coppe in 7 anni, si può ancora chiamare una dinastia?