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Stefano Tilli, commentatore dell’atletica leggera per Rai Sport e nel passato 4 volte olimpionico nonché argento mondiale con la staffetta 4×100, non le manda certo a dire dopo le prestazioni non soddisfacenti dell’atletica azzurra all’Olimpiade di Rio de Janeiro, parlando ai microfoni della Gazzetta dello Sport.
“Bisogna individuare le responsabilità individuali, sennò finisce come sempre all’italiana“, esordisce. “Dopo due settimane di polemiche e delusione torna tutto come prima. Punto il dito verso Alfio Giomi, presidente della Federazione italiana di atletica leggera (Fidal). Si è passati dal decentramento voluto dal predecessore Francesco Arese all’anarchia. Dove sono finiti i centri federali tipo Formia, Schio e Tirrenia che tanto di buono han prodotto? E cosa si fa con le scuole o coi Giochi dell Gioventù di un tempo? Occorre rilanciare i centri di alta qualificazione, da affidare a figure competenti e professionali, di capacità comprovata, e non a tecnici dopolavoristi. I raduni devono essere continui, i confronti e le collaborazioni non devono mancare mai“.
“E non parliamo dell’atteggiamento di alcuni atleti“, aggiunge rispetto all’atteggiamento ed alla preparazione di alcuni degli azzurri volati a Rio. “Ma è mai possibile che ad un’Olimpiade ci si presenti in zona mista dichiarando che l’importante era esserci o divertirsi? Per divertirsi si va a Gardaland! Mi riferisco anche alla Trost, alla quale attenuanti certo non mancano, ma un oro a 1.97m nell’alto con misura inferiore di quella necessaria per vincere nell’eptathlon… Sempre rispetto agli atleti, troppi sono quelli di valore che si fanno seguire dai genitori: abbiamo cominciato con Howe e finiamo con Tamberi, passando dal Del Buono e Tortu. Possono anche essere genitori preparati, ma l’aspetto emotivo entrerà sempre inevitabilmente in gioco“.