[the_ad id=”445341″]
[the_ad id=”1132026″]
“È una situazione non facile e l’imperativo, anzi direi la vera sfida, è uno: combattere la noia, perché ci sono i tempi morti e non ci è concesso fare quasi nulla”. Non usa giri di parole Laing Harrow, ct della Nazionale australiana di softball femminile, la prima squadra ad arrivare a Tokyo per le Olimpiadi che cominceranno tra poco più di un mese. Le “aussie” sono infatti arrivate dieci giorni fa nel Paese nipponico, e risiedono a Ota City, uno dei 23 quartieri “speciali” per gli atleti impegnati nei Giochi.
A loro disposizione, tre piani di un albergo, anche se nei primi tre giorni non hanno potuto uscire dalle proprie stanze. Successivamente, per la squadra australiana sono stati riservati percorsi diversi per entrare ed uscire dalla struttura, oltre ad un ascensore esclusivo e varie sale e una palestra. “Non ho la minima idea se in questo albergo ci siano altri clienti oltre a noi: non abbiamo avuto modo di vedere se ci sia qualcuno”, continua Harrow. Che poi conclude: “Comunque siamo fortunati, perché abbiamo potuto giocare tre test e ogni volta siamo rimasti sul campo cinque ore. L’alternativa era di rimanere in camera a guardare Netflix o a giocare a carte o con il telefonino. Capisco che dobbiamo farlo anche come forma di tutela verso la popolazione locale, ma proprio l’impossibilità di avere contatti con la gente è una vergogna“.
[the_ad id=”668943″]
[the_ad id=”676180″]