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“Guarda Spyros, qui arriverà maratona alle Olimpiadi sarà proprio qui”. Il generale Mavromichalis indica lo stadio di Atene al suo giovane stalliere, Spyros Louis. È il 1895, manca un anno alle prime Olimpiade dell’era moderna. “Voglio correrla, quella maratona” dice Spyros al generale. “Ah, tu e la corsa” gli risponde mentre con un dito gli picchetta le tempie. È una fissazione, quella corsa per Spyros, che conosceremo come Spiridon. Spiridon Louis.
La Grecia aspetta le Olimpiadi come una festa nazionale. È direttamente il principe Costantino a presiedere il comitato organizzatore. Il magnate Georgios Akerof ha finanziato la ricostruzione dello stadio panatenaico da 90 mila persone. Nemmeno la data di inizio non è casuale. I Giochi iniziano il 6 aprile 1896, che vuol dire 25 marzo del calendario ortodosso, 75mo anniversario della liberazione della Grecia dal dominio turco. “Dichiaro aperti i primi Giochi Olimpici Internazionali ad Atene. Lunga vita al Paese, lunga vita al popolo greco” annuncia re Giorgio.
La maratona è in programma venerdì 10 aprile. È una gara simbolo, che salda la storia antica e il futuro delle Olimpiadi. Unisce il mito di Filippide, il soldato che corse da Maratona ad Atene per annunciare la vittoria dei Persiani, anche se le fonti antiche discordano sul nome e le esatte circostanze, e gli eroi sportivi del mondo contemporaneo. L’ha proposta Michel Bréal, linguista francese, in una lettera a Pierre De Coubertin del 15 settembre 1894 scritta nella camera di un albergo di Glion, in Svizzera. “Se andate in Atene, potreste verificare se si può organizzare una corsa sulla lunga distanza, da Maratona ad Atene. Sarei onorato di mettere a disposizione il trofeo per il vincitore”. Sarà accontentato.
Louis vive ad Amarusio, un piccolo villaggio non lontano da Atene. In un’intervista a un giornalista tedesco prima delle Olimpiadi di Berlino del 1936 (da cui deriva questa ricostruzione delle fasi della gara), racconta il viaggio per Maratona, il giovedì precedente la gara. Trainati da un vecchio cavallo, Louis, gli altri concittadini iscritti alla gara e il sindaco del paese impiegano quasi cinque ore per arrivare, sotto la pioggia. La sera mangiano, cantano e bevono. Le fonti dell’epoca raccontano che uno dei bevitori più entusiasti del vino locale fosse il francese Lermusiaux. Anche per questo, commenta George Horton sul Bostonian nel 1896, poco tempo dopo la fine dei Giochi, Lermusiaux avrebbe imposto all’inizio un ritmo troppo alto. E ha finito per pagare caro l’entusiasmo dei primi chilometri.
Al via della corsa, che scatta alle due del pomeriggio, ci sono 17 atleti. Due i grandi favoriti: il vero idolo di casa Kharilaos Vasilakos, che lungo il percorso si ritrova più volte rallentato dalla folla di tifosi accorsi per abbracciarlo e sostenerlo, e Edwin Flack. È un australiano di origine inglese, che ha già vinto gli 800 e i 1500 metri in quella prima edizione dei Giochi. Il pubblico ha imparato ad apprezzarlo in pista, ma nessuno vuole vederlo vincere quel giorno. Quando un messaggero a cavallo entra nello stadio di Atene per annunciare che Flack è in testa alla maratona, tra i tifosi si diffonde una serpeggiante, fatalistica, rassegnazione.
Superata la prima metà del percorso, a Pikermi un parente vede Louis, gli dà da mangiare un uovo e gli fa bere del vino. Louis, che gareggia con il numero 17, accelera e raggiunge Vasilakos. Decide di correre per un po’ al suo fianco. Vasilakos però non tiene il ritmo, è stanco, allora Louis lo stacca. Il pubblico lo acclama. “Vai, vai, continua così” gli dicono. Gli gridano che è diventato il primo dei greci, Louis sente sulle spalle le speranze di un popolo. All’altezza di Levkas, racconta, qualcuno gli offre da bere dell’aranciata. Funziona. Louis prova a trascinare Vasilakos, che sembra essersi ripreso, ma non basta. Ad Agia Paraskevi, poco prima del chilometro 33, Louis supera Lermusiaux, oramai esausto. Davanti, ma non troppo distanti, Louis vede la folla che si accalca e uomini a cavallo che cercano di tenerla lontana. Vuol dire che lì c’è Flack, sempre in testa alla corsa.
La speranza corre lungo la strada, le grida di incitamento si uniscono dentro un unico coro: “Dai, prendilo! Forza, battilo! Grecia, Grecia!”. “Per la prima volta, mi sono sentito pieno di ambizione. Uno straniero non doveva arrivare primo in questa corsa!” racconta Louis. Allunga la falcata. Sforza al massimo le gambe e le scarpe che la comunità di Amarusio ha comprato, e che sono costate 25 dracme, non poco per l’epoca.
Flack è sempre più vicino. Un ufficiale prende la pistola e spara un colpo in aria. “Viva la Grecia!” grida, e non è l’unico. Flack e Louis duellano per diverse centinaia di metri. A quel punto, ricorda ancora Louis, “il general Papadiamantopoulos mi si è avvicinato sul suo cavallo e mi ha chiesto se volessi qualcosa da bere. Gli ho chiesto dell’acqua, mi ha dato del cognac e l’ho sputato. Allora mi ha dato il suo fazzoletto. Mi sono asciugato il sudore dalla faccia e l’ho fatto cadere mentre tentavo di restituirglielo. ‘Non preoccuparti’ mi ha detto, ‘e corri più piano così puoi mantenere le energie fino allo stadio’. Ma non aveva ragioni per preoccuparsi”.
Louis vola, mentre Flach si ritira. Quando entra ad Atene il rumore si fa assordante. Quando lo stadio è ormai in vista, lo stesso generale lo avvisa: “Vado nello stadio per comunicare che stai per arrivare, per vincere la maratona”. Ma sugli spalti la voce si è già iniziata a spargere. Gli spettatori, fino a poco prima interessati a una battaglia fra William Hoyt e Albert Tyler, oro e argento nel salto con l’asta, si sono via via distratti per allungare lo sguardo oltre lo stadio, sulla strada. E i primi che vedono Louis fanno scattare una scintilla d’entusiasmo. I principi, tra cui il futuro re Costantino, scendono per andare ad attendere il vincitore al traguardo e premiarlo.
Louis, intanto, è ormai alle porte dello stadio, su una leggera discesa. Si accoda al cavallo del generale, e viene accolto dal boato dei tifosi in tripudio. Ma c’è un problema, a quel punto. Dove andare? Domanda a uno del pubblico dove sia la linea del traguardo. Poi la vede, vede i principi che lo aspettano e gli si avvicinano. Ma prima, dice, deve completare il giro d’onore.
E alla fine crolla, distrutto. “Era in uno stato pietoso, fradicio di sudore e coperto di polvere, e le scarpe avevano le suole quasi completamente consumate” racconta Horton. Per De Coubertin, invece, è arrivato tutto sommato “fresco e in buone condizioni”. È probabile che la descrizione del giornalista americano sia fedele, ma non è escluso che quelle degli altri fossero peggiori e che dunque, in fondo, Louis fosse comunque il più fresco al traguardo. Vasilakos, staccato di otto minuti, è comunque secondo. Terzo arriva Spiridon Belokas, che però confessa di essersi fatto trasportare su un carretto per una parte del percorso e viene squalificato dopo la protesta dell’ungherese Gyula Kellner che sale così al terzo posto.
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