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La prima settimana di Tokyo 2020 si è appena conclusa. Un’Olimpiade complicata, per gli atleti e per gli addetti ai lavori, con l’ansia continua di un test positivo o di finire bloccati in quarantena come ‘close contact’. A rimetterci, tra gli atleti azzurri, è stato il canottiere Bruno Rosetti, costretto a rinunciare alla finale del quattro senza a poche ora dalla gara (la medaglia, però, la riceverà lo stesso). Giochi Olimpici diversi sotto molti aspetti, con meno abbracci, senza pubblico, ma identici in quanto a pressione, motivazione, adrenalina. “L’Olimpiade è un’altra cosa” – è la frase che stiamo ascoltando maggiormente qui in Giappone; per il 95% delle discipline, i cinque cerchi rappresentano l’apice, l’obiettivo di una vita. Ed è bene ricordarlo sempre, cercando di empatizzare di più con questi ragazzi, soprattutto gli sconfitti, prima di esagerare con le aspre critiche. Soprattutto chi arriva da grande favorito viene spesso mangiato dalla tensione, come chi per la prima volta partecipa a un’Olimpiade. E di grandi campioni battuti o addirittura giù dal podio ne abbiamo già visti tanti. No, non solo italiani. Qualche esempio: Novak Djokovic, dominatore della stagione tennistica, che puntava fortemente all’oro olimpico, non è riuscito a conquistare nemmeno il bronzo. Anna Korakaki, tiratrice greca he in Brasile aveva conquistato un oro e un bronzo, è finita, tra le lacrime, due volte al sesto posto. E ancora il judoka francese Teddy Riner, che arriva in Giappone da bi-campione olimpico con un miliardo di match vinti consecutivamente, la nazionale cinese di pallavolo. O quella Serbia del basket che, strafavorita, a Tokyo non è mai arrivata a causa di Melli e compagni. L’Olimpiade può mangiarti dentro, se non l’hai mai vissuta e anche se l’hai già vinta.
Una grande settimana azzurra. L’Italia ha già conquistato 24 medaglie (2 ori – 8 argenti – 14 bronzi) e vari piazzamenti di prestigio a dimostrazione di una crescita, in molte discipline, evidente ed eloquente. Gli ori sono pochi, non c’è dubbio, e spesso gli azzurri sono andati a un passo dal portare a casa il metallo più pregiato. Ma è realmente un problema? O è più importante essere competitivi in un numero sempre maggiore di sport? Sia a Londra 2012 che a Rio 2016 arrivarono 28 medaglie (8 ori a edizione), un numero già quasi raggiunto a metà Olimpiade. È da Atene 2004 (32 medaglie) che non superiamo quota ‘30’, un traguardo che in Giappone sembra assolutamente alla portata. Sono tante ancora le carte a disposizione di Italia Team, in molti sport diversi. Il punto focale rimane la competitività in tante discipline. Le 28 medaglie di Rio2016 arrivarono da 12 sport diversi; le 24 di Tokyo ne hanno visti sul podio già 11. Parlando di ori, in particolare, non si può non analizzare come nelle ultime edizioni dei Giochi Olimpici siano giunti quasi esclusivamente da scherma e dai tiri (a volo, a segno, arco). Quest’anno, in Giappone, è evidente come l’Italia sia forte quasi ovunque.
Le grandi medaglie e le bellissime non-vittorie. Una medaglia non è grande semplicemente se d’oro. Una medaglia è grande in base a come arriva e chi la vince. L’argento di Greg Paltrinieri, dopo la mononucleosi, potrebbe essere considerato di platino. Come il bronzo di Lucilla Boari che, tornando al suddetto punto cruciale, ha sottolineato quanto l’esperienza complicata di Rio de Janeiro sia stata fondamentale per vincere la medaglia a Tokyo. Nel nuoto non erano mai arrivate così tanti allori in una edizione dei Giochi Olimpici e nell’atletica leggera, che ha appena preso il via, stiamo dimostrando di essere in crescita esponenziale dopo annate in cui facevamo faticare ad arrivare in semifinale/finale in ogni specialità. E poi il sollevamento pesi, la prima medaglia nella boxe femminile, i piazzamenti nel tennis. L’Italia è sempre più viva e a darle linfa sono spesso giovani e giovanissimi. Come Nadia Battocletti, classe 2000, che si qualifica di prepotenza nella finale dei 5000 metri. Normale? No. Ed è solo uno dei tanti esempi di ragazzi giovani, forti, in grande crescita, che non andranno a medaglia ma faranno crescere tutto il movimento azzurro.
Scherma e Tiro a Volo, qualcosa è successo. Sconfitte fisiologiche e qualche errore di gestione. Si può riassumere così il magro bottino di scherma e tiro a volo a Tokyo 2020. Il tiro a segno va tenuto fuori da questa analisi, poiché i grandi successi sono giunti negli ultimi 10 anni grazie a un campione straordinario come Niccolò Campriani, auto creatosi o quasi. Sarebbe come cercare di trovare in Spagna l’erede di Rafa Nadal. Missione impossibile. Il tiro a volo ha trovato una sola medaglia e, complessivamente, solamente due finali. Rossetti, Rossi e De Filippis hanno sfiorato l’accesso all’ultimo atto e il tanto atteso mixed team è naufragato. Ma un’Olimpiade, dopo decenni di successi, si può sbagliare. L’importante è capire cosa si sia sbagliato (se si è sbagliato qualcosa) a livello di programmazione e capire come e dove intervenire. La scherma è la vera grande delusa di Tokyo 2020. Da una parte bisognerà analizzare molto a fondo tutti i dettagli, cercando un ricambio generazionale importante; dall’altra va sottolineato come ormai nel mondo, rispetto a 15/20 anni fa, vi siano molte più nazioni competitive (spesso grazie a tecnici italiani emigrati) e che si può perdere anche nei primi turni (a livello individuale o di squadra) senza che possa essere considerata una sorpresa.
Arriva la seconda settimana olimpica. Con la speranza che i critici dell’Olimpiade possano assistere a nuovi ori, prende il via la seconda parte di Tokyo 2020. Quella degli sport di squadra (Pallavolo, Basket, Pallanuoto, Beach Volley), del ‘nuovo’ Karate (abbiamo chance), dell’Atletica Leggera, appunto, del Pentathlon moderno, del ciclismo su pista, della ginnastica ritmica e di tanto altro ancora. L’Italia c’è, che siano ori, argenti o bronzi. L’oro luccica e abbaglia, ma a volte illude. È con gli argenti, i bronzi, i piazzamenti e i tantissimi record italiani che si dà una base solida allo sport italiano. È facendo conoscere ai giovani tante diverse discipline che si crea appeal verso sport poco (pochissimo?) reclamizzati. Mai come in questa Olimpiade, infatti, ogni giorno, per l’Italia, può accadere qualcosa di indimenticabile. E allora viviamola al meglio questa seconda settimana olimpica, cercando sempre di metterci nei panni di chi è in pedana, in vasca, su un campo, su un tatami; di chi aspetta da cinque anni l’occasione della vita e, il più delle volte, deve riuscire a ottenere la massima prestazione nello spazio di minuti, a volte secondi. Lo ha spiegato bene Marco Fichera, che nella spada maschile a Tokyo ha fatto, oggettivamente, male. “Accettiamo tutte le critiche, ma non accusateci di non essere professionali”. I primi a essere delusi sono questi ragazzi, che spesso dedicano una vita intera alla chance olimpica; che possa tornare un po’ di empatia, nello sport e non solo.
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