Il Primo Agosto andava celebrato degnamente. Colazione abbondante con vaga accozzaglia di stili, mediterranea ma anche continentale, il pain au chocolat ma anche la pancetta e il salmone affumicato, e poi via a seguire il flow. Il quarto posto nella marcia di Massimo Stano e soprattutto la contro-prestazione di Antonella Palmisano, seguite in hotel, sono un primo jab al mento. Ci sono aspettative di grandezza che fanno presto a diventare ansia: dev’essere la giornata dell’oro “inevitabile” del fioretto a squadre, per la cui premiazione s’è prenotato anche Giovanni Malagò, più altre occasioni che il destino ci lascerà seminate lungo la giornata. C’è uno screen crudele prodotto dalla pagina Instagram “Féderation Française de la Lose”, la Federazione della Sconfitta che ogni mattina aggiorna la “classifica dei quasi medagliati”, ovvero il medagliere dei quarti quinti e sesti posti. Comanda l’Italia, con distacchi abissali sui britannici secondi, e il quattro senza di canottaggio ci manda in effetti in doppia cifra. “Bella ‘a boiserie!“, direbbe il maestro.
Siamo consapevoli che bisogna cambiare marcia, ma il papocchio di Angela Carini e Imane Khelif ci coglie impreparati e un po’ spaesati nella pancia della sala stampa del Roland-Garros, dove cerchiamo anche del sano refrigerio. L’Olimpiade sembra volgere al peggio, anzi, sembra volgere in farsa. Ci aggrappiamo al tennis, come da mesi sta facendo lo sport italiano, e il tennis non tradisce: Jasmine Paolini e una Sara Errani che sembra aver imparato a memoria l’enciclopedia del doppio fanno a fettine una coppia inglese inadeguata su queste superfici e a questi climi. Dopo cent’anni il tennis italiano torna in una semifinale olimpica e la circostanza non dev’essere ignota al presidente FITP Angelo Binaghi che assiste alla partita all’ombra di un panama bianco. L’estate parigina incoraggia sensazioni da belle époque. C’è Musetti, venuto dalla Croazia ma soprattutto da un altro tempo, che per due ore smorza e affetta i colpi sempre meno penetranti di Sascha Zverev, che alla fine scopre di essere mortalmente molto più stanco di lui. Musettone è in stato di grazia: non è “solo bello”, come da luogo comune, ma anche pragmatico e cattivo, fino a sfornare il miglior turno di servizio della carriera quando più serve, ovvero al momento di chiudere 7-5 7-5. Ed è qui che la giornata volge allo splendido, in un frenetico ping-pong di tre-quattro ore scandito dall’infantile eccitazione che solo un’Olimpiade può dare. Mi confessa Marco Cattaneo, seduto una fila sopra di me sul Suzanne-Lenglen: vorrei seguire tutto, ogni volta che vado da qualche parte mi dispiace di star trascurando qualcos’altro. Sembra di sentire il flusso di coscienza di Abatantuono in Mediterraneo: “Ogni volta che vedo un tramonto mi girano i coglioni”. Mentre Musetti fa barba e capelli a Zverev, le fiorettiste fanno il loro dovere e staccano il biglietto per la finale. Poi Alice Bellandi prosegue pian piano la scalata verso le medaglie: è in semifinale e il tabellone non pare impossibile. Poi c’è Giovanni De Gennaro che si qualifica alla finale col silenziatore. Una marea che monta, in attesa di tracimare.
Lasciato Musetti ai suoi “jours de gloire”, perennemente immerso in un bagno di sudore riesco finalmente a guadagnare l’uscita giusta nel labirintico impianto di Porte d’Auteuil e zompo su una Uber che mi porta in direzione Sud, verso l’arena del volley dove l’Italia di Velasco sta affrontando l’Olanda. L’aria condizionata è a livelli Bellagio di Las Vegas, ma per guardare in santa pace una semifinale di judo si affronta volentieri a testa alta il rischio di bronchite: è questo, credo, il senso più recondito di un’Olimpiade da spettatore privilegiato. Alice batte la portoghese e aggiunge un’altra medaglia al bottino. Il Settebello si sta complicando la vita con il Montenegro, Cottafava e Nicolai stanno tenendo testa ai due svedesi numero 1 del ranking nel beach volley. Tutti gli italiani in gara performano alla grande, in una specie di miracolosa connection che sembra quasi una reazione all’avvilente mattinata pugilistica. Le ragazze del volley battagliano per un set e poi piegano l’Olanda 29-27: di questo punto a punto non percepisco che gli effetti sonori, impegnato a entrare nella pachidermica South Paris Arena 1 dove all’ingresso una gentile volontaria cerca di regalarmi una spilla – rifiuto con abbondante dose di cafoneria, di cui mi scuso. Ma sono in preda alla febbre: faccio in tempo a posare armi e bagagli sul piano della tribuna stampa che De Gennaro stampa la sua discesa perfetta che mi costringe a sdoppiarmi tra campo e computer.
La finale di canoa slalom mi ricorda le antiche domeniche mattina di bambino a seguire le seconde manche di Tomba: quello piazzava la discesa assassina e poi i suoi avversari scendevano come su piste saponate. La canoa fluviale è una continua recita a soggetto: gli avversari sono valorosi, ma c’è sempre una lingua d’acqua ad aspettarli assassina dietro ogni porta. Finiscono tutti dietro, chi di due decimi chi di due secondi, e a ogni posizione guadagnata De Gennaro esulta con entusiasmo da italiano. Gli occhi più esperti capiscono ben presto che sarà medaglia d’oro: GDG ha piazzato il garone, e non ce n’è più per nessuno. Il volley dilaga e meriterebbe più considerazione, ma la precedenza spetta alla fiaba dorata di Roncadelle (Brescia), che ora nel medagliere sta per avere gli stessi ori della Germania dopo una settimana di Giochi. Alice Bellandi ribalta l’israeliana Inbar, con un waza-ari che forse è anche ippon, e poi impazzisce, non capisce più niente, ride e piange, sanguina felice da un labbro, bacia la fidanzata mentre Al Bano in persona (!), autore dell’inno internazionale della Federazione Judo, intrattiene la folla. Olimpiade delirante. Vinciamo tutto: volley, beach volley, pallanuoto, a un certo punto c’è Musolesi che se la gioca con un coreano nel tiro con l’arco prima di cedere con onore. Alice D’Amato arriva a un decimo da un bronzo che sarebbe fantascienza nel concorso generale di ginnastica, e c’è persino spazio per i rimpianti. A sera, il fioretto femminile prosegue placidamente nel suo declino quasi naturale: non siamo più le migliori al mondo, anzi il fioretto non è più nemmeno l’arma migliore in Italia visto che è stato scavalcato dalla spada. Una nota malinconica, comunque d’argento, che invita sempre e comunque a guardare avanti. Come si faceva nei temini di quinta elementare in cui raccontavamo le gite a Gardaland o i picnic in campagna, andiamo a dormire “stanchi, ma felici”. Anzi, che dormire: alle 22:45 c’è la sesta puntata di Face to Face, mai così bagnata d’oro. Fuori inizia a grandinare.