“Abbiamo già spiegato il nostro punto di vista“. Così inizia Mark Adams, portavoce del Comitato Olimpico Internazionale (Cio), che torna a parlare del caso boxe. Nella giornata di ieri, l’azzurra Angela Carini si è ritirata durante l’incontro con Imane Khelif, pugile algerina con un alto livello di testosterone. Il portavoce del Cio sottolinea come “nessuno nella comunità degli atleti o scientifica sarebbe mai d’accordo con i test di genere, che non si realizzano dal 1999. Ho parlato con alcuni atleti che si sono sottoposti a questi tipi di test, non è stata una cosa piacevole e fortunatamente ce li siamo lasciati alle spalle. Tutti vogliono una soluzione chiara e semplice ma non è tutto bianco o nero, siamo però pronti ad ascoltare eventuali soluzioni che possono proporre le varie parti“. Le regole di ammissibilità “sono in vigore dal 2016 e sono state già applicate ai Giochi di Tokyo” e non sono basate sui test per i livelli di testosterone “che sono percepiti come una panacea ma non è così”. “Non possiamo agire in base a sospetti. L’ammissibilità è decisa sulla base del passaporto, del documento nazionale e lì compare che è una donna, è una pugile algerina nata donna, registrata come donna, che ha vissuto come donna. Non è una transgender“. La squalifica in occasione dei Mondiali di marzo 2023 decisa dall’Iba “è stata basata su una decisione arbitraria. Non sappiamo quali siano stati i test effettuati, se fossero accurati, se abbiano rispettato il protocollo, ma per noi è importante sapere che questa donna pugile ha gareggiato per diversi anni con diversi opponenti e negli ultimi anni ha lottato anche contro tre pugili italiane. Se ci basiamo sui sospetti allora torniamo ai test di genere, se dovessimo seguire tutte le accuse ci ritroveremmo in una caccia alle streghe inutile“.