Testa di serie numero 1 in singolare, testa di serie numero 1 in doppio. In un’Olimpiade. Ci si stropiccia gli occhi, come in un sogno, poi ci si ricorda che sì, abbiamo davvero un italiano in vetta al ranking Atp e ormai da qualche mese, anche se si fa fatica a farci l’abitudine. Poi però ci si risveglia di scatto e con l’amaro in bocca. Basta un tweet per trasformare l’attesa spasmodica in un “noooo” generale. Jannik Sinner rinuncia a Parigi 2024 e questa fa davvero male. Per l’Italia, per il pubblico, per il torneo.
Una tonsillite ha messo ko il campione degli Australian Open, già alle prese con un virus che aveva compromesso il cammino sui prati di Wimbledon. Ieri la notizia della partenza posticipata per febbre e oggi, a due giorni dalla cerimonia inaugurale, quella che nessuno avrebbe voluto leggere. Jannik non ce la fa e ancora una volta bisognerà attendere per vedere l’altoatesino nell’evento a cinque cerchi, alla seconda rinuncia consecutiva dopo Tokyo. Certo, una situazione decisamente diversa rispetto a tre anni fa, quando Sinner fu sommerso di critiche sullo scarso attaccamento alla ‘maglia’ azzurra. Con lavoro e dedizione, in silenzio e a testa bassa, ha rispedito al mittente le accuse, diventando il meraviglioso atleta che al giorno d’oggi monopolizza media nazionali e internazionali. E la questione attaccamento si può dire assolutamente superata dopo una Coppa Davis trionfale, da trascinatore assoluto.
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E infatti, dopo gli Australian Open era stata addirittura paventata l’ipotesi di un Sinner portabandiera. Fu il primo a defilarsi: “Lo merita chi ha vinto un oro e negli altri sport lavorano per 4 anni per arrivare a questo evento, nel tennis abbiamo più occasioni“. Eppure, non lo aveva nascosto, Parigi era sicuramente un obiettivo della sua stagione. Un mini-Roland Garros, magari per cogliere la rivincita su Alcaraz o battagliare ancora con Djokovic, per esserci nell’ultimo torneo di Murray e in uno degli ultimi balli di Nadal. Niente di tutto questo, in uno schiocco di dita l’Italia Team perde una delle sue punte di diamante e per tutti la sensazione è quella di aver perso un’occasione. Non irripetibile – ci vedremo a Los Angeles 2028 nel pieno della maturità – ma comunque importantissima.