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Nel caso Valieva c’è doping intenzionale. È quanto sostiene Travis Tygart, numero uno dell’Usada, l’agenzia antidoping statunitense. Stando a ciò che riporta il New York Times, che cita i documenti depositati al Tas, in occasione della positività del 25 dicembre scorso, nel campione della pattinatrice russa sarebbero state trovate tracce di tre sostanze correlate al trattamento delle malattie cardiache, due delle quali, ipossene ed L-carnitina, non sono vietate sebbene sospette.
Alla CNN, Tygart spiega: “Sembra essere il caso di un tentativo piuttosto deliberato di utilizzare sostanze per migliorare le prestazioni. Anche il livello di concentrazione (2,1 ng/ml), è coerente con un uso intenzionale. Qui c’è una quindicenne e dobbiamo chiederci: ha i mezzi, le conoscenze e le risorse finanziarie per trovare dei farmaci utili ad aumentare la resistenza e ridurre la fatica? Secondo me no ma è chiaro che c’è stato il tentativo di ricorrere a delle sostanze per aumentare le prestazioni. La presenza di queste tre sostanze dimostra l’intento di provare tre percorsi diversi che alla fine producono lo stesso impatto sulle prestazioni, ovvero maggiore resistenza e minore stanchezza”.
La tesi difensiva della Valieva verte invece sulla contaminazione. La pattinatrice avrebbe bevuto dallo stesso bicchiere del nonno, che è solito accompagnarla agli allenamenti, e che fa uso di un farmaco. Da qui la positività alla trimetazidina, per problemi di cuore. Lo staff legale della Valieva ha inoltre sostenuto che la concentrazione di trimetazidina era “trascurabile”.
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