Non si placa la polemica sul caso di Kamila Valieva alle Olimpiadi di Pechino 2022. “Gli atleti hanno il diritto di sapere che stanno gareggiando in condizioni di parità, purtroppo, oggi, quel diritto viene negato. Questo sembra essere un altro capitolo del sistematico e pervasivo disprezzo per lo sport pulito da parte della Russia. Sappiamo che questo caso non è ancora chiuso e invitiamo tutti nel Movimento olimpico a continuare a lottare per uno sport pulito a nome degli atleti di tutto il mondo“. Così Sarah Hirshland, amministratore delegato del Comitato olimpico e paralimpico degli Stati Uniti (Usopc), ha commentato in una nota la decisione su Valieva. La Divisione Ad hoc in sede olimpica del Tribunale Arbitrale dello Sport infatti non ha ripristinato la sospensione provvisoria della pattinatrice russa 15enne.
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Valieva era stata trovata positiva ad un test antidoping il 25 dicembre, ma il caso è emerso solo l’8 febbraio a Giochi olimpici già iniziati. Il Tas non è entrato nel merito della vicenda di positività al doping, ma ha motivato la decisione in tre punti. Innanzitutto si tratta di “persona protetta” ai sensi del codice dell’Agenzia mondiale antidoping (Wada) essendo minore di 16 anni. Al secondo punto, per i “gravi problemi di notifica dei risultati del test antidoping” ed il terzo, per il potenziale “danno irreparabile” se non avesse potuto competere nella gara individuale ai Giochi di Pechino 2022.
“La situazione che si è verificata rispetto al caso di doping dell’atleta russa di pattinaggio artistico è estremamente sfortunata e triste per gli atleti. Il Comitato olimpico canadese è pienamente impegnato nello sport pulito e crede fermamente che nessun coinvolto nel doping o in altre pratiche di corruzione abbia un posto nel Movimento Olimpico. Sebbene confidiamo che la decisione del Tas sia stata il risultato di un processo equo, siamo estremamente delusi da questo risultato” ha detto Tricia Smith, la presidente del Comitato canadese e membro del Comitato olimpico internazionale.