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A volte guardando Federica Pellegrini mi sembra di rivedere Serena Williams. Non solo perché si tratta di due grandissime campionesse, ma per una peculiarità comune: fisicamente hanno le spalle larghe, ma caratterialmente non le hanno affatto e faticano a gestire le sconfitte.
Essere la Pellegrini non deve essere facile, anche considerando la gloria, le vittorie, gli sponsor e i riflettori: gestire la situazione per un personaggio del genere è oggettivamente complicato. La Pellegrini, infatti, spesso e volentieri è vittima di antipatie spropositate: è giovane, bella, ha successo e questo per molte persone è un motivo per provare un odio a pelle spesso generato dall’invidia. Per questo a volte la Pellegrini alla minima polemica si trova contro un esercito di gente che, senza conoscere i fatti, la insulta e le dice di andare a lavorare. E dire che lei lavora, e pure tanto.
Se qualcuno ricorda Londra 2012, ricorderà anche che la Pellegrini, dopo i risultati deludenti, si accodò alla polemica sollevata da Magnini incolpando la preparazione davanti alle telecamere. La scelta di portare tutti i big all’Europeo poco prima era davvero discutibile, ma il problema è nei modi: sparate del genere in televisione contribuiscono a destabilizzare l’ambiente, tant’è che all’epoca vari azzurri parlarono di un clima avvelenato. E oltre a ciò, se nel caso della Pellegrini portarla agli Europei era stato un errore, non lo era stato nel caso del suo ragazzo: Magnini quegli Europei li vinse mentre alle Olimpiadi di Londra, visti i tempi degli anni precedenti, non avrebbe avuto speranze di medaglia neanche con un viaggio a Lourdes.
Tempi sbagliati, modi sbagliati, luoghi sbagliati.
A distanza di quattro anni ci risiamo. Dopo aver mancato il podio nei 200 stile libero la Pellegrini già aveva dato un assaggio del proprio stato d’animo dicendo che avrebbe voluto prendere a cazzotti chi ipotizzava un suo cedimento mentale. Non proprio decoubertiano, ma facciamolo passare: sfogo a caldo, capita, anche se nel suo caso spesso. Il capolavoro, però, è avvenuto via Twitter dopo che è stata annunciata la sua rinuncia ai 100 stile libero. Una rinuncia, si badi bene, sacrosanta: le sue chance nella gara più corta erano poche e ha preferito focalizzarsi sulla staffetta per dare il suo contributo alla squadra.
Alle Olimpiadi, però, fioccano gli esperti improvvisati e un suo follower ha scritto “Dovresti dare il buon esempio e non ritirarti nei 100 stile libero“. Una frase insensata, di quelle che leggendola chiunque penserebbe “Ma cosa sta dicendo?”. Bastava ignorarla e basta. La Pellegrini, invece, gli ha dato del coglione passando dalla parte del torto, visto che l’utente in questione non l’aveva insultata.
Posso capire il suo stato d’animo e la pressione: ti alleni, ti spacchi la schiena, ce la metti tutta per raggiungere un altro risultato quando non hai più niente da dimostrare e come risultato ti trovi gente che ti critica. Lo capisco, ma capisco anche che la stessa realtà la vivono migliaia e migliaia di big dello sport che, inevitabilmente, sui social media si trovano a misurarsi coi fan, mentre una volta certe critiche restavano confinate alle chiacchiere nei bar e non arrivavano alle orecchie dei destinatari.
Proprio non ce la faccio a capire o giustificare certe reazioni. Non ce la faccio perché la Pellegrini sulla comunicazione ha costruito un personaggio monetizzabile al di là dello sport e, se entri in quella logica, dovresti essere consapevole dei pro e dei contro. Avere mezzo milione di fan su Twitter ha un suo ritorno: se fai pubblicità a una nota marca di automobili e la re-twitti sul tuo canale, il tuo sponsor sa che avrà un’esposizione enorme e diretta e quella esposizione si traduce in soldi. Questo è il lato positivo. Il lato negativo è che ti troverai di fronte a tante critiche, spesso a sproposito, per ogni piccola cosa, così come avrai un esercito di fan pronti a difenderti a prescindere.
Gli atleti di alto livello questa cosa la sanno e magari lasciano che a vedersela con i detrattori sia un addetto stampa. La Pellegrini, invece, quando è incazzata si siede al computer e pigia i tasti, oppure vomita bile nel primo microfono che incontra, come se le vittorie e i record fossero un passepartout per dire e fare quello che ti pare.
La sensazione è che la brava Federica voglia da un lato prendere tutti i pro dell’essere “la Divina”, una campionessa acclamata, celebrata, coccolata e mediaticamente sovraesposta, ma che dall’altro rifiuti qualunque aspetto negativo. Specie quando perde, un po’ come la Williams che minaccia i giudici di linea o manda a quel paese i giornalisti in conferenza stampa.
In inglese le persone così le chiamano “sore losers”. Cattivi perdenti.
Quanta distanza e quanta differenza dal vero stile, quello dell’atleta che anche nei peggiori momenti ci mette la faccia e mantiene il controllo. Qualcuno dirà che sono ipocriti. Io li chiamo professionisti.
Perché se la classe non è acqua, la classe può fare acqua.