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Ci sta pensando. Anzi ripensando. Un mese di tempo per decidere i prossimi uno, due, tre, quattro anni. Perché l’obiettivo, se ci potrà essere un obiettivo, sarà probabilmente Tokyo 2020. Se a Rio de Janeiro tutto fosse andato come in tanti pensavano e speravano, lei per prima, la strada sarebbe stata tracciata. Federica Pellegrini avrebbe smesso, avrebbe chiuso in bellezza 12 anni di finali e podi olimpici nella stessa gara. Le piaceva immaginarselo così il proprio futuro: tutte le tesserine del mosaico al loro posto e finalmente lo spirito e il momento giusto per dire basta. Chi le sta vicino e la conosce bene aveva intercettato questa convinzione. Tutti sapevano. Invece è successo l’imprevedibile e le tesserine si sono mescolate tra loro e nella testa di Federica.
La rabbia e soprattutto l’amarezza sono state talmente forti da averle offuscato la vista. Ma è bastato un pizzico di lucidità per farle prendere una prima, importantissima decisione: non decidere. Non subito, almeno. Un mese è il termine minimo per far posare la polvere e chissà, magari rivedere le stelle. Per metà settembre è già fissato un faccia a faccia con il suo tecnico, Matteo Giunta, con il quale iniziare a tirare le somme. Sono diverse le direzioni che la Pellegrini potrebbe prendere. C’è l’ipotesi originaria del ritiro, forse la più emotiva e meno calcolata, quella successiva alla delusione e alla stanchezza. Per certi versi la più clamorosa, perché la Divina è una combattente nata e mollare tutto ora non sarebbe da lei. Ma l’altra ipotesi, continuare altri quattro anni, ha diverse sfumature.
Il primo fattore che va considerato è l’età. Con 28 anni appena compiuti arrivare fino in fondo, ai Giochi di Tokyo, a 32 diventa dura e la concorrenza ancora più spietata che a Rio. Come minimo, quindi, andrebbero ridimensionati gli obiettivi: non più la ricerca della medaglia ma almeno l’ingresso in finale, che resta oggettivamente un’impresa nella stessa gara per lo stesso atleta.
Secondo fattore, la resistenza e i carichi di lavoro, e la possibilità di abbassare entrambe le asticelle. Come? Puntando sulla velocità, ovvero sulla gara dei 100 stile, il che si tramuta in allenamenti meno pesanti, maggiore facilità di recupero e l’entrata in gioco di una chiave romantica. Pochi ricordano infatti che Federica nasce come velocista e che solo in un secondo momento si è concentrata sulle gare che tanto l’hanno fatta vincere, i 200 e i 400. Ecco, chiudere il cerchio (e la carriera) nello stesso modo in cui è nata potrebbe forse convincerla a rimettersi in discussione. Senza contare che proprio negli ultimi mesi i tempi nuotati nella distanza più breve sono stati ottimi.
Infine il terzo fattore, quello delle staffette. Ma qui il discorso si complica perché molto difficilmente Federica accetterebbe di rimandare il meritato riposo per affidarsi a una vera incognita: non può nuotare da sola una staffetta ad alti livelli, servono minimo altre tre compagne (per gara) che possano ambire a posizioni importanti. In acqua, però, c’è praticamente il vuoto.
Cosa resta allora? Di sicuro la Pellegrini non ha fretta. Si sta prendendo i suoi spazi cercando di ricostruire la serenità persa nella notte di Rio. Tra uno spritz e una serata tra amici al mare, la Divina non smette di riflettere e valutare. Le sue cartoline social ci mostrano anche la campionessa pensierosa che fissa l’orizzonte, in attesa che il vaso si colmi di nuovo per esplodere. In un modo o nell’altro.