“Anche nel mio caso, come per il 99% dei ragazzi che approcciano al nuoto, il merito è dei genitori. Responsabilmente credono che sia fondamentale per un bambino imparare a nuotare, per evitare poi in futuro di aver paura: ecco perché sia io che mio fratello abbiamo iniziato da bambini”. Comincia così il racconto di Matteo Restivo, dorsista classe 1994 che ha strappato il pass per i Mondiali di Budapest grazie ad una splendida gara nei 200 dorso ai Campionati Assoluti di Riccione. In vista della cinquantaquattresima edizione del Trofeo Settecolli, in programma a Roma dal 23 al 25 giugno, il nuotatore azzurro ha svelato in esclusiva a Sportface.it le sue esperienze del passato e i suoi obiettivi futuri: “Fin da piccolo quando vedevo il mare volevo tuffarmi. Ho alcuni filmini dei miei primi mesi di vita: i miei avevano la casa al mare, io avevo 7/8 mesi e avevo appena iniziato a gattonare ma già puntavo l’acqua. Se non mi avessero fermato sarei affogato. Quando mi mettevano il salvagente, mi addormentavo con l’acqua che mi cullava. Col senno di poi i miei dicono che era destino”.
La carica giusta prima di una gara?
“Sono una persona e un atleta estremamente adrenalinico. Non ho bisogno di caffè o musica a palla nel pre-gara. L’adrenalina la costruisco contando i giorni prima di un evento importante. Dico: ‘Oh, mancano 20 giorni'”.
Qualche passione al di fuori della vasca?
“Ora come ora, dato che frequento l’università, i miei hobby sono le attività con gli amici. Andare a cena fuori, le cose classiche. Quando ero alle superiori avevo la passione per le moto vintage e la pesca”.
Frequentare la facoltà di medicina è impegnativo. Come fai a combinare tutto?
“Il mio segreto per conciliare studio e sport è studiare tanto. È capitato che qualcuno mi dicesse ‘sei un secchione, sei un genio’, quando io dico sempre a tutti che ho avuto 6 in condotta dal primo al quinto superiore. Sono stato rimandato tre volte. Sono uscito dal liceo scientifico con 64/100. Con le premesse delle superiori, non ero di certo uno studente modello che avrebbe potuto frequentare la facoltà di medicina. Però, come mi piace dire, non ho mai avuto la passione per le cose facili e, ora che ho trovato la mia strada, studiare 8-10 ore al giorno è più semplice”.
Un momento della tua vita in cui hai avuto paura?
“Come sensazione e sconforto, ricordo i Campionati Assoluti del 2016, dove la mattina mi ero qualificato con il primo tempo per la finale A ed era l’anno delle selezioni olimpiche. Gareggiavo nella corsia centrale con tutti gli occhi puntati, avevo migliorato di un secondo il mio personale, scendendo per la prima volta sotto i due minuti. Ovviamente non avevo aspettative per le Olimpiadi. La tensione è stata causata dal fatto che, da perfetto sconosciuto, nuotare in corsia centrale con il primo tempo e partire da ‘favorito’ mi ha ucciso emotivamente. Ho avuto male alle gambe da quando sono uscito dalla vasca, ero irriconoscibile. Ripensando a quella gara, ora sono cresciuto dal punto di vista atletico e so che devo fare esattamente il contrario e stare tranquillo”.
Due mesi fa però, hai dimostrato quanto vali e hai fatto il record italiano.
“Quest’anno sono arrivato a Riccione con la consapevolezza di potermi giocare il titolo. Allenamenti condotti in modo maniacale, al limite. Meglio di così non mi sarei potuto allenare. Il mio pensiero è stato: ‘Se va male quest’anno, più di questo non posso fare e la mia carriera è finita. Oppure se va come mi sono allenato, ammazzo tutti’. Perciò il martedì sono sceso in vasca nei 100 metri e ho migliorato di un secondo su una gara che non è la mia. È una gara veloce e i miei allenamenti non sono puntati sulle due vasche. Ho detto in privato al mio allenatore: ‘Se giovedì non me la faccio sotto, faccio un casino’. Oggettivamente mi sentivo baciato da Dio”.
A luglio ci saranno i Mondiali. Che obiettivi ti sei posto?
“A Budapest mi voglio godere l’esperienza prima di tutto. Sarà la mia prima volta in maglia azzurra con la nazionale e la mia prima avventura internazionale. Ovviamente il mio sogno sarebbe riuscire a fare nuovamente un tempo molto vicino al record italiano o addirittura migliorarlo. Punto ad arrivare in forma. Sui piazzamenti non me ne intendo. So vita, morte e miracoli degli italiani, ma in campo internazionale non mi sono mai interessato degli avversari per il semplice fatto che li guardavo come un bambino guarda una Ferrari”.
Ogni persona ha un modello di riferimento.
“Dal punto di vista tecnico il modello di riferimento è il giapponese Ryosuke Irie. Ha doti fisiche molto simili alle mie. È brevilineo, magro. Non è un dorsista imponente. Per quanto riguarda l’over all, senza scomodare la divinità Michael Phelps, direi Mitchell Larkin: campione del mondo e studia ingegneria, direi che è tanta roba”.