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Un po’ piranha, un po’ family man. Sbuffa in acqua mentre pensa a mettere su casa, magari portandosi dietro l’acquario con quel pesce dai denti affilati, e preparare la pappa al futuro erede. Tutto o niente, nel giro di un anno o poco più. “Senza la qualificazione a Rio avrei smesso”, racconta. E ora invece di lasciare, raddoppia: “Sto cercando casa, dopo l’Olimpiade in Brasile sarà il momento giusto. E poi voglio continuare a nuotare, sì, ma con una famiglia accanto”.
Federico Vanelli è per sua stessa ammissione una “testa calda”, uno “esuberante e prepotente” che quando non gli va bene qualcosa “sbrocca e manda tutti a quel paese. E questo in gara spesso non mi aiuta”. E pensare che il 25enne di Lodi, qualificato per la 10 km alla prossima Olimpiade, era abituato a prendere colpi e a farsi letteralmente mettere i piedi in testa. “Poi ho detto basta. Ho imparato a farmi rispettare”. Berlino 2014, Europeo: “Mi hanno riempito di colpi, e alla fine ho pagato. Lì mi sono stancato e ho cambiato atteggiamento – ricorda nell’intervista concessa a Sportface.it – soprattutto con i soliti che usano i falli come tattica: quelli li conosciamo bene ormai, tipo i tedeschi. Con altri no, la botta ci sta e fa parte della gara”.
Una questione di testa. Ma anche di decimi, secondi, piazzamenti. Una sliding door acquatica: cosa sarebbe successo se… “Se non mi fossi qualificato per Rio, avrei smesso l’anno scorso – confida – Invece adesso gli allenamenti stanno andando bene, vorrei pensare a Rio e dopo fare un anno a ritmi più tranquilli per ricaricare le batterie e poi riprendere a martellare. L’obiettivo e arrivare con calma ai Mondiali del 2017, l’ho detto pure a Sacchi”, l’allenatore che all’Aniene segue anche Ruffini, Bruni e Ponselè.
Un’Olimpiade che cambia la vita. “Non ho più intenzione di smettere e spero di arrivare il più lontano possibile, anche se è difficile: alzarsi tutte le mattine all’alba per nuotare, 360 giorni l’anno, dopo un po’ snerva. Alla fine della settimana pensi solo a buttarti sul letto e non vedere più nessuno. Sapendo che il lunedì si ricomincia da capo”. Insomma, o il cervello gira oppure si molla. Se però alla testa unisci anche il risultato, i pensieri si allontanano. “La certezza di Rio un anno prima? Via il dente via il dolore, la qualificazione è stata una grande liberazione: non me l’aspettavo, anche se ci speravo e ci ho sperato fino all’ultimo perché era un sogno che avevo fin da piccolo. Ma questo non toglie la concentrazione, anzi sono più motivato a fare bene e vivermela da protagonista”.
Una questione di testa, sì. Altrimenti non si potrebbe affrontare una gara di fondo. “La 10 km è fatta di situazioni, con molti favoriti e nessun vincitore in partenza. Non sai mai quello che può succedere, e infatti una delle piccole cose belle delle acque libere è proprio che il campione olimpico può arrivare 22esimo, come successo a Mellouli qualche tempo fa. Bisogna tenere le antenne dritte su tutti”.
Una questione di testa o… testosterone? “Il fondo ti tempra (e lo dice mentre si tortura il naso per colpa dell’allergia al cloro…), non puoi essere sano di mente se fai una gara di fondo! Non so se sia meglio fare gli asini avanti e indietro in vasca o gareggiare in mare… il fondo è più fico e più virile”. Viva la sincerità, non si offendano quelli della piscina… E già che ci siamo, togliamoci un altro sasso dalla scarpa. “Mi dispiace che il fondo viene ancora visto come il ritrovo della gente che in vasca non va, non è così, non più almeno – spiega Vanelli – Forse 20 anni fa poteva essere così. E’ un peccato perché se è vero che questo pregiudizio ci allontana un po’ di pressione, dall’altra parte ci toglie anche stima e visibilità. Noi nuotatori di fondo siamo cresciuti nell’indifferenza”.
All’Aniene da cinque anni, Federico confessa di aver preso la decisione di trasferirsi perché se fosse rimasto nella sua vecchia società, la Nuotatori Milanesi, “non avrei combinato nulla. Sentivo che mi mancava qualcosa, per questo ho deciso di venire a Roma dove sapevo di trovare una situazione ottimale per logistica e allenamenti”. Una scelta difficile ma da prendere senza temporeggiare. All in. “E’ stata dura, ma lì mi sentivo il delinquente di turno che non si era integrato. Lo ammetto, sono troppo esuberante e prepotente, una testa calda che sbrocca se non gli va bene qualcosa”. Per fortuna quando va “fuori di testa”, come in un brutto periodo dell’anno scorso, il calmante si chiama Emanuele Sacchi. “E’ il mio allenatore e il mio mental coach. Fa tutto lui: psicologo, allenatore, secondo papà, amico… Quando parla lo fa nel modo giusto, invece di stare lì per ore lancia una freccia che va dritta al punto e ti colpisce”.
Vanelli ha iniziato a nuotare da solo, tuffandosi in mare senza braccioli e senza paure. Non gli parlate di calcio perché a metterlo su un campetto ci hanno già provato i genitori e lui ha risposto semplicemente “il pallone mi fa schifo”. Le arti marziali, quelle sì, come tutte le discipline orientali. E chissà, un giorno il costume potrebbe lasciare il posto al kimono. Ma se parliamo di futuro, le idee sono chiare: “Sto cercando casa, da solo, ma se Ruf e Mario (Simone Ruffini e Sanzullo, ndr) vogliono venire con me, tanto meglio. Qui le condizioni sono ottimali però… insomma, sono cresciuto. E’ venuto il momento ed è giusto mettere il naso fuori per conoscere il mondo, altrimenti non si matura mai. Dopo Rio vedremo”.
Sì, ma diciamolo com’è la vita all’Aniene… “Non sembra ma nei 20 metri quadri di una stanza ognuno ha i suoi spazi”. Tu e chi? “Io e il mio piranha. Stanno dentro un acquario. Devo dire che anch’io mi sento un po’ piranha, infatti ne ho pure due tatuati. A casa a Lodi, invece, ho due rettili che però tengono i miei genitori: un drago barbuto, una sottospecie di iguana, e un geco”. Cani e gatti no? “Eh, mi piacerebbe… un cane soprattutto, però con i miei orari come faccio?”.
Però un figlio, sì. L’avreste mai detto? “Vorrei avere una famiglia prima di smettere. Sarebbe anche un modo per scollegare dalla piscina: certo una pressione in più ma non voglio arrivare a 40 anni senza un figlio”. E poi? “Come atleta delle Fiamme Oro vorrei rimanere in Polizia”. Magari anche ad allenare? “Sì, ma guarda: se mi dovesse capitare un tipo come me… io non lo allenerei!”.