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Di tutte le figure impegnate nell’organizzazione di un torneo internazionale di tennis ce n’è una di cui i giocatori non possono assolutamente fare a meno: i fisioterapisti. Punto di riferimento degli atleti prima, dopo e a volte durante i match, gli specialisti che si occupano della cura del corpo dei tennisti hanno il delicato compito di permettere ai protagonisti della manifestazione di scendere in campo nelle migliori condizioni possibili per dare spettacolo e competere per il successo.
Tommaso Dell’Amico a queste mansioni è oramai abituato, lui che da diverse stagioni lavora ai tornei in Italia del circuito ATP Challenger Tour: “Sono un massofisioterapista diplomato nel 2012. Ho iniziato con trattamenti riabilitativi post operatori e legati a problematiche muscolari e articolari, poi nel 2016 è nata l’opportunità di lavorare per la prima volta ad un Challenger. Gli organizzatori di MEF Tennis Events mi hanno dato la chance di esordire sul campo con gli atleti, è iniziato tutto così”.
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Le differenze con le classiche attività da studio sono tante: “All’interno di un torneo hai la possibilità di vedere ogni genere di attività e ogni tipologia di riabilitazione che svolge un singolo tennista professionista seguendo le indicazioni del proprio terapista. Cerco di crescere stagione dopo stagione da tutti i punti di vista: nella qualità del servizio, nell’attenzione rivolta agli atleti, nella capacità di lavorare in team con gli altri terapisti del Kleos Medical Center. Oggi siamo una squadra multilingue composta da fisioterapisti, massaggiatori e osteopati a disposizione per assistenza in campo e fuori in tornei nazionali ed internazionali”.
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Il legame con MEF Tennis Events fa la differenza: “Grazie alla società presieduta da Marcello Marchesini ci siamo confrontati in questi anni con professionisti di tutto il mondo, raggiungendo il picco nell’ATP 250 di Parma del 2021. Dai professionisti di fama mondiale dell’ATP abbiamo imparato tanto, dalle diverse tipologie di trattamento a come riuscire a risolvere un problema in 15 minuti anziché nei 40 a cui siamo abituati. Questo ci permette di applicare le stesse tecniche anche all’interno del mio studio”. E non solo: “Ho imparato l’importanza di educare lo sportivo nel conoscere se stesso e nell’ascoltare il proprio corpo, con l’obiettivo di riconoscere i problemi prima ancora che si manifestino e di ridurre la possibilità di recidive. Questa è la filosofia secondo la quale lavoro oggi. La prevenzione e la conoscenza del proprio corpo fanno la differenza, anche perché parlando di professionisti siamo certi che ognuno di loro sia portato a spingersi oltre i propri limiti per crescere e poter sviluppare nuove abilità in campo e fuori. Ciò, però, può portare ad un grande risultato ma anche a lunghi periodi di stop. Cercare di educare i giovani in questo senso è fondamentale”.
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“Ogni professionista richiede un trattamento in rapporto a quelli che ha ricevuto precedentemente dal suo team – prosegue Tommaso Dell’Amico –. Di conseguenza bisogna imparare ad essere flessibili, aperti. Bisogna imparare ad ascoltare. Non solo le esigenze dell’atleta, ma anche quelle del suo coach. Perché a volte il coach è l’estensione dell’atleta. Le prime volte, soprattutto noi italiani, ci sentiamo un po’ bloccati: non ci piace sentirci dire cosa dobbiamo fare e come dobbiamo farlo. Eppure non possiamo pretendere di andare contro le richieste di un allenatore che conosce il ragazzo a 360° da anni e anni”.
L’ambizione e la lungimiranza non devono mai mancare, per un giocatore come per un fisioterapista: “L’obiettivo è lavorare almeno una volta in un Masters 1000. Non tanto per la possibilità di approcciarsi ai più forti tennisti del mondo. Nei tornei MEF Tennis Events abbiamo trattato Matteo Berrettini, Stefanos Tsitsipas, Lorenzo Musetti, Richard Gasquet, Lorenzo Sonego, Albert Ramos e tanti altri, per un totale di circa 40 giocatori che sono o che sono stati tra i primi 100 della classifica ATP. Quello che conta è l’ambiente, è potersi confrontare con un team di professionisti che lavora all’unisono con lo stesso focus, gli stessi obiettivi e una sinergia che gli permette di cooperare in un’unica direzione. In Italia ogni equipe lavora per se stessa. Nei tornei puoi imparare a lavorare bene non per dimostrare qualcosa ma per raggiungere un obiettivo: il miglior risultato possibile per l’atleta”.
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