Simone Vagnozzi è uno dei coach più in vista del panorama tennistico italiano e ha contribuito in maniera decisiva alla crescita totale del movimento tennistico del Bel Paese. Le sue collaborazioni, fin qui, hanno messo in luce un tecnico di altissima caratura e hanno portato alcuni giocatori a superare se stessi sui più importanti campi del mondo. Dal 2016 al 2019, è stato alla guida di Marco Cecchinato, che, proprio in quegli anni, ha raggiunto la semifinale del Roland Garros (per altro sconfiggendo Novak Djokovic) e la sedicesima posizione della classifica mondiale, mentre, negli ultimi tre anni, ha allenato con successo Stefano Travaglia, giunto in finale in un ATP 250 sul cemento e tra i primi 60 giocatori del mondo. Abbiamo avuto la grande opportunità di porgli alcune domande sul suo passato, presente e futuro e il coach ascolano si è rivelato impaziente di iniziare una nuova avventura.
Il discorso è partito dall’analisi di quanto sta accadendo alla sua nuova accademia, fondata per donare alle Marche un centro in grado di creare tennisti professionisti. “L’accademia sta andando molto bene e sono particolarmente contento di come si stia sviluppando. Adesso non sto seguendo nessun professionista, dunque posso dedicarci più tempo. Sono felice dello staff che ho a disposizione, poiché si tratta di gente che ha voglia di imparare e crescere. Abbiamo tanti giovani che vogliono fare un certo tipo di percorso. Mi piace l’idea di costruire, partendo dalle basi e organizzando un lavoro che darà frutti nel futuro. È molto soddisfacente riuscire ad aiutare un ragazzo nella sua crescita. A 16 anni sono dovuto andar via da casa per andare da Sartori a Caldaro: nelle Marche, infatti, era difficile trovare una situazione che mi permettesse di arrivare al professionismo. Da sempre, nella nostra regione, abbiamo avuto dei talenti che sono stati costretti ad andar via per puntare più in alto. Adesso arrivano anche ragazzi da fuori in accademia e questo significa che stiamo lavorando bene. Cercare di creare qualcosa in zona è sempre stato un mio desiderio”.
L’accademia, tuttavia, non ha fatto perdere al marchigiano la voglia di tornare a vivere il Tour quotidianamente. “Sono pronto per ripartire dopo la fine della collaborazione con Stefano. Mi sono preso qualche mese per ricaricarmi, vista anche la situazione legata al covid. Non è mai bello terminare un rapporto lavorativo durante la stagione, ma adesso ho voglia di tornare ad essere coinvolto in un progetto importante. Con un ragazzo giovane devi costruire in ottica di lungo periodo e il risultato nell’immediato conta relativamente, poiché ci si focalizza maggiormente sugli step migliorativi per il futuro. Quello che mi manca, invece, è la tensione del dover portare il mio allievo al risultato, quell’adrenalina quotidiana che si vive nel Tour durante i tornei importanti e i match di prestigio. Quando alleni un professionista, il risultato è la parte più importante. Anche lì bisogna pensare alla crescita tecnica, tattica e fisica, ma è un discorso completamente diverso. Detto questo, non ho fretta, e voglio aspettare il progetto giusto, dal momento che vorrei allenare un ragazzo con ambizioni alte. Circuito femminile? Non mi precludo nulla, anche se mi ispira di più quello maschile: ho molta più esperienza e mi sento più pronto”.
Per i risultati raggiunti nelle sue precedenti collaborazioni con Marco Cecchinato e Stefano Travaglia, Simone Vagnozzi potrebbe essere definito il Re Mida dei coach: tutto quel che tocca, diventa oro. “Sono state due esperienze diverse in momenti differenti della mia vita. Con Marco era la mia prima esperienza, abbiamo fatto un grandissimo lavoro e sono orgoglioso di ciò che abbiamo raggiunto insieme. Anche io ho imparato tanto. Con Stefano, invece, è stata più la conferma di ciò che di buono avevo costruito con Marco e partivo da un trascorso differente con maggiori sicurezze dentro di me. Errori? Sono con la coscienza pulita: ne ho commessi, ma sono sempre stati dettati dalla voglia di farli migliorare e in buona fede. Non rimpiango nulla: tutto ciò che ho cercato di fare è sempre stato orientato al loro miglioramento. Il mio obiettivo è sempre stato quello di diventare ogni giorno un allenatore migliore e questo passa dai risultati dei ragazzi. In ogni caso, quando ho iniziato a lavorare con Stefano, ho fatto un lavoro diametralmente opposto rispetto a quello svolto con Marco, anche perché, a livello caratteriale e tecnico, sono due giocatori diversi. È stato un banco di prova importante che mi dà la sicurezza di poter far bene col prossimo giocatore che verrà. La bravura di un allenatore è saper gestire svariati tipi di giocatori e non solo quelli di una determinata categoria. I miei due punti di riferimento sono Riccardo Piatti e José Perlas. Non li giudico dalla parte tecnica perché non me lo posso permettere, ma, sotto la loro guida, il 90% di coloro con cui hanno lavorato ha raggiunto il best ranking. Vorrei in un futuro avvicinarmi a loro come risultati ed esperienze. La sfida da allenatore, secondo la mia visione, è proprio questa: allenare un tennista, portandolo in alto e facendogli ottenere risultati ancora più importanti”.
Per quanto concerne la prossima collaborazione, Vagnozzi ha tracciato l’identikit del perfetto nuovo assistito: “Mi piacerebbe avere tra le mani un ragazzo con un potenziale ancora non del tutto espresso, magari attorno ai 21-22 anni, con il quale costruire tramite le mie idee per raggiungere buoni risultati. Giocatore straniero per alzare l’asticella? Non sarebbe importante. Con un giocatore italiano sarebbe più facile per una questione di comunicazione. Parlo bene l’inglese, ma, esprimendomi in italiano, credo di poter trasferire molto di più le mie sensazioni del momento. Sarebbe comunque una sfida, uno stimolo in più per impreziosire il curriculum: attualmente, ce ne sono tanti che stanno salendo e sono molto interessanti. Alcaraz, fra tutti, è quello che mi fa impazzire di più. Ogni volta che lo vedo migliora tantissimo e ogni torneo che fa mette qualcosa di nuovo nel suo bagaglio. Ad esempio, a inizio anno serviva quasi ed esclusivamente in kick, mentre ora varia molto di più. Ha una guida esperta e sicura, che fa la differenza e incide tanto. Per l’età che ha, è molto maturo in campo, dunque il suo futuro sarà molto interessante”.
Infine, il tecnico ascolano ha rilasciato speso bellissime parole per Paolo Lorenzi, ritiratosi dal tennis giocato al termine della sua avventura agli US Open: “Lorenzi? Gli ho scritto un messaggio in privato perché preferivo così. È stato un personaggio importante per tanti italiani. Con caparbietà, voglia, intensità ha raggiunto obiettivi che quasi nessuno si aspettava da lui. Ha dato tanta carica agli altri e voglia di provarci. Paolo ha contribuito alla crescita del movimento in maniera importante e ha sempre dato un’immagine positiva, di un ragazzo serio e di un gran professionista. Ha fatto capire a tanti che col lavoro duro si può arrivare in alto. Coach? Sì, lo vedrei bene. Sa come bisogna allenarsi per arrivare in alto. Ho visto che è molto bravo anche nella parte giornalistica, dunque credo abbia più strade. Dopo tanti anni nel Tour non è mai facile rimettersi subito in pista. Sono convinto che, qualsiasi mansione farà, riuscirà ad avere successo”.