“La corsa è il mio riscatto personale. È la dimostrazione che se ne può venire fuori. È il mio modo di dimostrare che, sconfitto il cancro al pancreas, ho recuperato tutte le funzionalità, anzi sono più forte di prima”. Fabrizio Stevanato, 44enne di Noale (Venezia), tecnico informatico, parla con un noto di voce pacato ma risoluto, che lascia trasparire la sua grande determinazione. Una vita normale la sua, forse un po’ troppo sedentaria (“Avevo fatto un po’ di nuoto in gioventù, poi poco altro. Ero arrivato a pesare 118kg: d’accordo che sono circa 1 metro e 90, ma forse stavo esagerando”), fino al maggio del 2016.
Fabrizio, ritorniamo al maggio di due anni fa. Che cosa è successo?
“Ho fatto un intervento in dermatologia per l’asportazione di un neo, sembrava una cosa di routine. Gli esami però hanno consigliato ulteriori controlli ecografici. Ripeto, non sembrava nulla di preoccupante per cui ho richiesto un’ecografia a cui mi sono sottoposto ad ottobre, sempre nel 2016. È stato diagnosticato qualcosa di anomalo nella zona renale, per cui mi è stata consigliata una TAC”.
Un esame i cui esiti non sono stati confortanti, vero?
“Direi proprio di no, purtroppo. La TAC ha evidenziato un problema sulla coda del pancreas, un punto molto delicato. Mi è stata di conseguenza consigliata una biopsia, da svolgere a Verona, in un centro ospedaliero specializzato nel la cura dei tumori al pancreas”.
La biopsia come è andata?
“In realtà non l’ho fatta. Il dottor Giuseppe Malleo, che mi ha preso in cura, mi ha detto che i rischi della biopsia erano identici a quelli dell’asportazione, per cui avrei corso il rischio di raddoppiarli. Per questa ragione abbiamo optato per asportare immediatamente il tessuto: l’operazione è stata il 27 aprile del 2017. E’ andata bene. E pensare che quando ho visto per la prima volta il dottor Malleo, un giovane di 37 anni, qualche perplessità l’ho avuta. Invece è stato fantastico e tra noi si è instaurato un rapporto di sincera amicizia”.
Fabrizio hai avuto paura di non farcela?
“Sì, in tutta onestà devo dire di sì. Il tumore al pancreas si sconfigge nel 7% dei casi, è uno dei peggiori. Il mio fortunatamente era circoscritto. Adesso sono guarito, le probabilità di una recidiva sono superiori rispetto alle altre persone, ma, lo ripeto, adesso sono guarito”.
Come si gestisce la paura in questi casi?
“Bella domanda (ride, ndr). Credo che non esista una ricetta preconfezionata. Io ho avuto, diciamo così, la fortuna di aver già affrontato nella vita delle situazioni miste di adrenalina e paura. In gioventù ho fatto diverse esercitazioni per prendere il brevetto di volo: al primo volo in solitaria, nella fase di atterraggio avevo una paura tremenda. Come allora, anche in questo caso, ho cercato di stare calmo, gestendo la situazione passo dopo passo, senza mai perdere la fiducia e la speranza di farcela”.
E dopo la grande paura, sei diventato runner?
“Runner è una parola un po’ grossa (ride, ndr), diciamo che corro”.
Come è nata questa passione in una persona appena operata e prevalentemente sedentaria?
“Diciamo un po’ per necessità ed un po’ per sfida”.
Spiegaci meglio.
“Dopo l’intervento, a seguito di un piccolo problema di drenaggio alla cicatrice, ho avuto un’infezione addominale. Risultato: ricovero, dieta totale per 4 settimane e 3 mesi impiegati per tornare a posto, con una gran dose di farmaci da prendere e 30kg in meno di peso. Ad ottobre 2017 ho fatto degli accertamenti per il diabete: forse le conseguenze dell’operazione con qualche limitazione di funzionalità dell’organo, forse la mole di farmaci, forse entrambe le cause, insomma mi sono trovato a dover affrontare una dieta ferrea con l’indicazione di una moderata attività fisica, riconducibile a 30-40 minuti di camminata”.
Come è andata?
“All’inizio è stato un mezzo disastro, non avevo forze. Poi si è accesa la lampadina”.
Vale a dire?
“Parlando con il dottor Malleo, gli ho manifestato i miei dubbi sul fatto di riuscire a camminare tanto con così poche calorie in corpo. La sua risposta è stata illuminante “Durante l’intervento hai sottoposto il tuo corpo ad uno sforzo più grande rispetto al dover correre una maratona”. In quel momento ho capito quale doveva essere il mio riscatto: provare a correre questa benedetta maratona (ride, ndr)”.
E così hai cominciato a prepararti, dal nulla.
“Sì dal nulla, ma facendo le cose con molta attenzione, anche grazie a tutto lo staff medico che mi segue, tramite cui ho potuto effettuare tutti gli accertamenti necessari, ivi compreso essere seguito da un team di esperti, tra cui una preparatrice atletica, un nutrizionista ed una psicologa, perché, quando si lavora per un obiettivo così importante, è fondamentale anche la preparazione mentale”.
Gli allenamenti hanno dato buoni frutti?
“Direi di sì. Ho cominciato dalla base, correndo 400 metri il 19 novembre dello scorso anno, per arrivare a correre 5km a gennaio di quest’anno, fino ai 10-15km di febbraio. Ovviamente ad una media superiore a 6’/km, ma questo non importa molto”.
Dai primi km, fino ai 21km della mezza maratona.
“Sì, mi sono iscritto ad una mezza a Donnalucata, in provincia di Ragusa. Adoro la Sicilia. L’ho corsa a fine marzo e l’ho portata a casa con un tempo di poco superiore alle 2 ore. E’ stata una grandissima soddisfazione. A questa ho poi fatto seguire la mezza maratona di Jesolo, arrivando a correre per 130-150 km al mese in allenamento”.
Insomma, non ti sei più fermato?
“Non proprio. A giugno ho avuto un momento di difficoltà, più psicologico che fisico, non riuscivo più a correre, iniziavo e mi fermavo. Devo dire grazie alla psicologa che mi segue e soprattutto al mio amico di sempre, Giorgio Corradori, che mi ha quasi obbligato con la forza a non mollare (ride, ndr) e soprattutto alla mia compagna Jessica e a mio figlio Tiberio che hanno cominciato a seguirmi con gli allenamenti in bici. Così pian piano sono ripartito: a luglio ho corso 240km in allenamento e l’11 agosto alla mezza maratona di Scorzè ho chiuso in 1h57’13’’ alla media di 5.35/km”.
Complimenti. Ora tocca alla maratona.
“Sì, il 28 ottobre. Dopo la maratona di Donnalucata, gli organizzatori della Venicemarathon mi hanno invitato. Sarò al via nella gara di casa, se così si può dire”.
Obiettivo?
“Tagliare il traguardo, poi se proprio dovessi esprimere un sogno più che un desiderio, potrei dire 3h59’59’’, ma mi sembra qualcosa di fin troppo grosso (ride, ndr)”.
Fabrizio perché corri la maratona?
“È il mio riscatto. Voglio dimostrare di essere quello di prima, anzi più forte di prima perché due anni fa nemmeno avrei immaginato di correre 42km. Inoltre voglio anche dare un segnale a tutti quelli che adesso si trovano nella situazione in cui mi sono trovato io. Ce la si può fare, bisogna crederci”.
Oltre a dare un esempio con la tua determinazione, ti sei attivato anche per qualcosa di concreto, vero?
“Sì, promuoviamo il progetto “Corri in muso al cancro”, che ha un proprio sito web: www.corriinmusoalcancro.
“Corri in muso al cancro”. Bel nome, di sicuro impatto.
“In realtà, originariamente al posto del “muso”, c’era un’altra parte del corpo umano, ma ragioni di opportunità ci hanno spinto a cambiare (ride, ndr)”.
Fabrizio un’ultima domanda: che cosa farai appena tagliato il traguardo sulla Riva dei Sette Martiri a Venezia?
“Ancora non ci ho pensato, prima devo arrivarci al traguardo e, pensando da dove sono partito, mi sembra già un obiettivo sufficiente (ride, ndr)”.