“Ho realizzato tempo dopo. Voltarti dopo aver rotto i due piattelli decisivi e vedere gli spalti pieni che esultano…non dimenticherò mai quell’immagine”. Questo il ricordo di Gabriele Rossetti, che nell’intervista esclusiva concessa a Sportface.it rivive i momenti indimenticabili vissuti a Rio de Janeiro. L’azzurro delle Fiamme Oro, alle Olimpiadi del 2016, è infatti diventato il più giovane italiano a vincere una medaglia olimpica nel tiro a volo, nella specialità dello skeet, a soli 21 anni 5 mesi e 6 giorni. Quasi 5 primavere dopo proverà a concedere il bis in quel di Tokyo, inseguendo il suo sogno che è quello di “mettermi al collo più medaglie possibile”. Tanta voglia di vincere e consapevolezza dei propri mezzi, ma nessuna ossessione: “L’obiettivo è portare a casa il risultato, ma prenderò quello che verrà”.
Come nasce la passione per il tiro a volo? A che età hai sparato il primo colpo?
“Sono figlio d’arte, perciò ho approcciato questo sport praticamente da sempre. Mio padre (il grande Bruno Rossetti) ha vinto tre campionati del mondo, cinque Europei e fece il bronzo a Barcellona nel ‘92. Abbiamo un poligono di tiro a volo di famiglia ed io ci sono nato, era inevitabile. Il primo colpo l’ho sparato a 7 anni, ma da bambino praticavo altri sport come calcio o tennis e anche dopo ho continuato a praticarli. Ho iniziato con il tiro a volo un po’ più tardi. Ho provato cos’era a 7 anni, poi ho cominciato a 12”.
Cosa si prova a vincere una medaglia d’oro alle Olimpiadi? Cos’hai pensato in quel momento?
“Sinceramente l’avevo preparata talmente tanto bene che per me era diventata una gara come le altre. Personalmente, come dico sempre, non partecipo a una gara se non voglio vincerla, a prescindere dal nome. L’ho quindi affrontata con quella sicurezza e quella tranquillità in me, come fosse una qualunque gara, senza lasciarmi schiacciare dalla tensione che porta un’Olimpiade. Ero talmente concentrato che, una volta certo di aver conquistato almeno la medaglia d’argento, ero strafelice. Tuttavia volevo vincere quella gara, sono andato fino in fondo e ho portato a casa l’oro. Quando sono andato a letto la sera al villaggio olimpico non mi rendevo conto di ciò che avevo fatto. Ero talmente concentrato che ho realizzato solo tempo dopo, visto che sul momento provi un’emozione fortissima. Vedi un quadro che non vedi in nessun’altra gara. Girarti dopo aver rotto i due piattelli decisivi da ultimo e vedere gli spalti pieni che esultano…vedere mio padre, il commissario tecnico, il presidente del Coni Malagò…E’ stata un’emozione fortissima condivisa con tutti”.
Com’è cambiata la tua vita dopo quella medaglia?
“Mi ha fatto bene a livello di consapevolezza del lavoro che ho sempre fatto, dei miei mezzi e di chi sono. La strada era davvero quella giusta. Io ho sempre detto che ciò che fa un campione non è vincere una gara, ma il palmarès che si porta dietro, la carriera e le medaglie. L’anno dopo ho vinto il Mondiale e voglio vincere qualunque gara alla quale prenderò parte in futuro. Non mi sento arrivato, anzi è importante rimettersi in gioco per migliorare a prescindere dalle vittorie. Bisogna andare avanti e mettere medaglie nel palmarès. Accontentarmi non fa per me”.
Ti va di raccontarci la tua preparazione per Tokyo?
“Ho fatto la quarantena come tutti e son stato fermo tanto tempo, soprattutto senza gare internazionali. Due settimane fa ho disputato una prova di Coppa del Mondo dopo quasi due anni dall’ultima volta. E’ stato sicuramente molto piacevole. Questo periodo senza gare internazionali si è fatto sentire, mi è mancato tanto. Ho fatto una bellissima gara (123/125). Purtroppo non è arrivata la medaglia, ma è un lavoro in salita che sto facendo. E’ la seconda gara dell’anno e la forma sta crescendo. Gli obiettivi si stanno presentando adesso. Tokyo? Il pensiero c’è, ma sarà una gara come le altre. Ne avrò alcune prima e alcune dopo ma, come ho sempre fatto, le preparerò una alla volta, cercando di dare il massimo e portare a casa il risultato”.
Come stai vivendo l’attesa rispetto a Rio, quando arrivavi con meno pressioni? Può fare la differenza essere il campione in carica?
“Ciò che farà la differenza sarà affrontare la gara consapevole dei propri mezzi e con serenità. Sono campione olimpico in carica, è vero, ma proprio per questo sono consapevole di poterla rivincere. Tuttavia devo semplicemente stare tranquillo, fare la mia gara e quello che so fare. Io ho già vinto l’Olimpiade, perciò a dir la verità è un peso in meno che ho. Sono consapevole di poter fare qualunque cosa. Nello sport non puoi sempre vincere, ma devi prepararti per questo”.
Nell’arco della tua carriera hai vinto tanto e ti sei tolto tante soddisfazioni, qual è il tuo sogno?
” Il mio sogno l’ho già raggiunto. Prima era partecipare alle gare più importanti, poi vincerle e adesso voglio ripetermi. Oltre all’oro olimpico ho vinto tanto altro, tra cui il Mondiale, dunque il mio sogno è quello di avere un palmarès pieno di medaglie. Mio padre fece bronzo alle Olimpiadi mentre io ho vinto. Lui però alle spalle ha 3 campionati del mondo e 5 Europei. Ho da lavorare molto per questo e non so neppure se ci arriverò. Si tratta di due carriere e due atleti differenti. Il mio sogno è quello di mettermi al collo più medaglie possibile. E’ così che voglio vedermi tra qualche anno: con una bella fotografia piena di medaglie”.
L’Italia primeggia da sempre nel tiro a volo: cosa abbiamo in più rispetto agli stranieri?
“L’Italia è sempre stata una delle nazioni più forti nel tiro a volo, è una questione di tradizione. Abbiamo le migliori armi, le migliori munizioni e la migliore attrezzatura sportiva per questo sport, da sempre. Abbiamo anche tanti campi da tiro e tanti atleti. Fa parte della tradizione italiana. Questo porta ad avere anche tecnici molto validi, e più atleti hai più è alta la possibilità di avere un talento che emerga e che faccia risultato. Sicuramente è dovuto ad un fatto di tradizione, è così da sempre”.
Che emozione è stata ricevere il Collare d’oro del Coni per due volte? Cosa significa per te rappresentare i colori italiani?
“E’ motivo di grande orgoglio. E’ anche la dimostrazione che tutto ciò che ho sempre fatto, a partire dai sacrifici, è stato ripagato ed è la cosa giusta. Sono molto felice e onorato di questo. Quando partecipo ad una gara e voglio portare il risultato a casa, prendo la medaglia per me, ma anche per la mia famiglia e tutte le persone che mi stanno accanto. Quando raggiungi certi obiettivi e dietro hai un team importante come il Coni, che ti sostiene sempre, è bello. Quando metti al collo una medaglia o un Collare d’oro lo condividi con tutti, con il paese e con chi ti sta vicino tutto l’anno nella tua preparazione. Ripaga molto me e anche chi mi sta vicino”.
Oltre al tiro a volo segui altri sport? Hai qualche idolo sportivo?
“Seguo molto il calcio e il tennis. Sia Federer che Nadal sono sempre stati i miei idoli sportivi. Rafa per quanto riguarda il grande talento, quel talento che quando entra in campo esplode fisicamente. Mi dà l’impressione di una persona che lavora tantissimo. Federer invece è sempre stato un esempio a partire dall’atteggiamento. Mi ha insegnato molto perché il suo modo di comportarsi in campo lo puoi ricollegare ad altri sport. A prescindere dal fatto che faccia o meno punto, è ammirevole la sua forza di rimanere sempre impassibile, molto professionale, e di andare avanti un punto alla volta. Secondo me è sempre stato un esempio da prendere in considerazione per qualunque sport, proprio per l’atleta e la persona che è”.
Parlando di calcio, invece, di che squadra sei tifoso?
“Sono tifoso del Milan. Mi viene in mente un ricordo bellissimo. Quando vinsi il campionato del mondo nel 2017, feci un’intervista per ‘La Gazzetta dello Sport’, che mi fece questa stessa domanda. Adriano Galliani all’epoca lesse la notizia e mi invitò il giorno successivo a Milanello per seguire la squadra per gli allenamenti. Sono andato quindi a Casa Milan a visitarla ed ho passato una bellissima giornata con la squadra per cui tifavo. Per me questo è un ricordo bellissimo, che mi porterò sempre dietro. Spero che si possa ripetere in futuro, è veramente una bella emozione. Io pratico uno sport dove sono riuscito a guadagnarmi un nome. Se sei un uomo di sport e ne segui anche altri, rimarranno comunque i tuoi idoli e le tue squadre. E’ un bellissimo momento da vivere che ti porterai sempre dietro. Sono molto felice di aver avuto questa possibilità, che non è da tutti, grazie ai miei risultati”.
C’è molto da visitare a Casa Milan visti i tanti trofei vinti…
“Assolutamente sì, infatti ho scattato una foto con tutte le Champions League e l’ho postata sul mio profilo Instagram. E’ un bel momento che mi porterò sempre dietro”.
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Hai qualche passione extra-sport?
“La mia vita si basa un po’ sullo sport. Quando ho un attimo per me, sinceramente me lo tengo per riposarmi e per ricaricare le energie. Mi piace molto viaggiare, rilassarmi, amo molto la cucina. Tuttavia la cosa che preferisco è staccare. Lo sport ti prende molto a livello fisico ma soprattutto mentale, perciò quando ho un momento per me mi piace rilassarmi”.
Che consiglio daresti a qualcuno che desidera intraprendere questa carriera, magari seguendo le tue orme?
“A prescindere dal tipo di sport, il mio consiglio, anche se può sembrare un po’ sciocco e banale, è prima di tutto divertirsi. Lo sport è divertimento e, quando si inizia a gareggiare ad alti livelli, purtroppo si perde un po’ di vista questo concetto. Alla fine lo sport è anche un gioco. Quando diventa troppo un lavoro si tende a soffrire eccessivamente. Divertirsi rimane sempre una cosa fondamentale. Il piacere di fare ciò che si ama è una cosa importante da tenere a mente. Specialmente poi nei momenti dove c’è la poca forma o le cose non vanno bene, è sempre molto d’aiuto tornare all’origine, quando da ragazzini ci si andava a divertire. Perciò è una cosa da non dimenticare. Mai”.