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Paralimpiadi 2024, Juri Stara: “Sorpreso dal record di qualificati, a Parigi voglio vedere il sorriso dei ragazzi”

Juri Stara

A quattro giorni dal via un successo c’è già: la spedizione azzurra alle Paralimpiadi di Parigi 2024 – in programma dal 28 agosto all’8 settembre – sarà la più numerosa di sempre con 141 atleti, ventisei in più del Team Italia di Tokyo 2020. Un successo “che testimonia quanto le federazioni in primis, ma anche le società sportive, i gruppi sportivi militari, i corpi civili e i tecnici, abbiano lavorato in maniera egregia in questi anni: è stato fatto un lavoro eccezionale”, le parole di Juri Stara, Capo Missione a Parigi 2024 e Segretario Generale del Comitato Italiano Paralimpico, intervenuto ai microfoni di Sportface.it.

Segretario, la spedizione record da 141 atleti a Parigi è una sorpresa per il movimento paralimpico italiano?

Siamo ottimisti per natura, ma non nascondo che avevamo fatto una previsione leggermente inferiore. Non perché non avessimo fiducia, ma perché di solito si parte dal dato preesistente, Tokyo, lo si compara con le edizioni precedenti e si valuta la stima di potenziali qualificati. Sono stato piacevolmente sorpreso almeno per una decina di atleti.

L’altro numero sorprendente sono i 52 esordienti azzurri a Parigi. Come si legge questo dato?

C’è stato un lavoro eccezionale degli organismi sportivi, le federazioni, le società, i corpi civili dello Stato e i gruppi sportivi militari. Sicuramente il Cip ha fatto la sua parte e non ci sottraiamo alla distribuzione dei meriti. Ma il nostro è un merito che va individuato nella possibilità che hanno avuto le federazioni di poter attuare una programmazione ottimale, quindi nell’aver creato le condizioni ideali affinché tutti potessero lavorare nel migliore dei modi.

Superare le 69 medaglie di Tokyo è possibile?

A Tokyo abbiamo conseguito un risultato storico e un traguardo eccezionale: in assoluto, senza voler essere scaramantici, è un risultato difficile da riottenere. Mi accontenterei di vedere tanti ragazzi salire sul podio e molti giovani arrivare in finale o in prossimità della zona medaglie. La temperatura e lo stato di salute di una delegazione non si misura solo dal numero e dal colore delle medaglie, ma da una serie di indicatori che sono molteplici. Non considererei mai un insuccesso né una posizione diversa nel medagliere né un numero di medaglie inferiore rispetto a Tokyo.

Anche il ritorno del pubblico è un fattore che può incidere sulle prestazioni dei nostri atleti? Sono già stati venduti quasi 2 milioni di biglietti.

Ricordo che a Rio c’era un entusiasmo incredibile, la gente ha partecipato a prescindere da chi gareggiasse, ma solo per il gusto di fare il tifo. Auspico che si vada in questa direzione: Tokyo e Pechino non le abbiamo potute misurare per i noti motivi, spero che Parigi crei l’entusiasmo di cui gli atleti hanno bisogno e che meritano. La Paralimpiade ha bisogno di entusiasmo e questi ragazzi devono affrontare la giornata sorridendo: si vince, si perde, non devono dimostrare niente a nessuno, né a noi, né ai tecnici, né al pubblico. Tutto quel che dovevano dimostrare lo hanno dimostrato a loro stessi, ma se ci fosse una grande partecipazione sugli spalti sarebbe importante per il movimento.

Andrea Abodi, Martina Caironi Luca Pancalli e Juri Stara
Andrea Abodi, Martina Caironi, Luca Pancalli e Juri Stara – Foto Sportface

Da un pubblico in presenza al pubblico televisivo: per la prima volta con Rai 2 ci sarà una rete paralimpica che trasmetterà integralmente i Giochi.

Questa è una tappa fondamentale e bisogna ringraziare Rai che ci segue da anni facendo ogni volta uno step in più. Quello di dedicare una rete interamente alle Paralimpiadi è uno step molto importante che permetterà non solo di raccontare le gesta degli atleti, ma contribuirà a far conoscere il movimento paralimpico a coloro che lo conoscono meno o per niente, stimolando tutti quei ragazzi e ragazze, e purtroppo sono ancora tanti, che ancora non si dedicano allo sport. E questo racconto può accendere una lampadina anche nei genitori.

Dopo l’emergenza sanitaria torna anche Casa Italia, impreziosita dal contributo artistico del Maestro Michelangelo Pistoletto e con una bella iniziativa insieme all’Ambasciata d’Italia a Parigi e al Consolato Generale d’Italia. Quanto è importante avere un luogo di riferimento del genere per atleti e non?

Per due edizioni non abbiamo potuto realizzarla perché il Covid alle Paralimpiadi ha avuto un impatto ancora più importante e complesso. La nostra Casa Italia è un po’ sui generis, vuole essere esclusivamente un luogo familiare, dove la famiglia paralimpica si vede la sera, mangia insieme, dove si condividono i momenti della giornata e ci si rilassa. Non abbiamo pretese particolari, se non quella di creare un ambiente confortevole. Abbiamo scelto di andare in continuità rispetto a ciò che abbiamo fatto negli ultimi anni, declinando insieme i due concetti di sport e cultura, perché queste due parole magiche devono e possono andare assolutamente d’accordo e camminare insieme. E questo è un percorso iniziato da lontano con il Festival della Cultura Paralimpica.

A proposito di Festival della Cultura Paralimpica, a Taranto lo scorso novembre c’era il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che prenderà parte anche alla cerimonia d’apertura dei Giochi a Parigi. Quanto sentite vicino il Capo dello Stato?

Ogni qualvolta riterrà di nobilitare i nostri eventi con la sua presenza, noi saremo sempre estremamente felici. Avere in rappresentanza del proprio paese la massima istituzione è sinonimo di emozione, di entusiasmo, e ci rende onorati. Siamo strafelici e lo saranno sicuramente anche gli atleti. Speriamo di ripagarlo con qualche bella emozione sul campo. Siamo convinti che questo ulteriore suo sforzo possa andare a contribuire ai nostri obiettivi, sensibilizzando e spronando chi non è stato ancora sufficientemente sensibilizzato e spronato. E impropriamente, inserendo il Presidente della Repubblica nella nostra squadra come capitano assoluto, riceviamo un aiuto enorme.

Cosa spera di vedere a Parigi?

I sorrisi sui volti dei ragazzi. Se c’è una cosa che ricordo con meno piacere a Tokyo e Pechino sono i volti rabbuiati dalle circostanze, dai timori, dal clima non proprio sereno. La tensione per la gara c’è sempre, Tokyo e Pechino però avevano anche altro. Non è giusto che un ragazzo vada a rovinarsi un momento bello, a prescindere dal risultato. E mi piacerebbe tanto vedere qualche giovane portare a casa un risultato importante, perché dal giorno dopo potremmo andare nelle scuole a raccontare la sua storia convincendo chi ancora non pratica sport.

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