Quattro luglio 2015: una data indimenticabile per Tommaso Vaccina, la sua giornata perfetta. Quel giorno infatti l’atleta pavese, classe 1980, ha conquistato il titolo mondiale di corsa in montagna-lunghe distanze a Zermatt, nel cuore delle Alpi svizzere, percorrendo i 42 km del tracciato di gara (con 1400 metri circa di dislivello, ndr) in 3h03’51’’.
Tommaso apriamo subito l’album dei ricordi. Ripercorri per noi la gara di Zermatt.
“E’ stato qualcosa di indescrivibile, sapevo che il percorso era adatto alle mie caratteristiche soprattutto nel tratto finale, con la durissima ascesa ai 2585 metri di Riffelberg. Ho corso in maniera regolare, usando la testa e cercando di rimanere calmo. Ho lasciato sfogare i 2 battistrada (il keniano Francis Maina e l’americano Andy Wacker, ndr), poi in corrispondenza dell’ultima salita li ho progressivamente avvicinati e superati. Gli ultimi km sono stati i più emozionanti ma, dal punto di vista psicologico, anche i più difficili: sapevo di avere la vittoria a portata di mano, ma dovevo rimanere concentrato al 100%, anche perché quando si corre in montagna, basta un attimo di distrazione per inciampare e buttare via una gara”.
A questo punto, sorge naturale una domanda: tu sei nato, cresciuto e tuttora residente a Pavia, una città in cui le uniche “montagne” sono costituite dai cavalcavia sulla tangenziale. Come fa un uomo di pianura ad appassionarsi alla corsa in montagna?
“(Ride, ndr) Effettivamente a Pavia è difficile trovare percorsi in salita dove allenarsi. Io, però, sono sempre stato un appassionato dei paesaggi di montagna. Ci andavo in vacanza tutte le estati da piccolo e ho imparato ad apprezzarne i percorsi. Io nasco certamente come atleta da corsa su strada, intesa come corsa i pianura, ma dopo le prime gare collinari, ho capito di essere particolarmente adatto ai percorsi con salite lunghe e dure. La corsa in montagna è stata quindi la mia naturale evoluzione di atleta. Diciamo che era nel mio destino”.
Quando hai cominciato con l’atletica?
“Relativamente tardi, intorno ai 19 anni. Da ragazzo ho praticato diversi sport: andavo discretamente bene nelle corse campestri scolastiche, ma per diverso tempo mi sono dedicato anche al ciclismo e persino al canottaggio, uno sport molto praticato a Pavia, città attraversata dal fiume Ticino. Poi, diventato maggiorenne, mi sono dedicato esclusivamente al running, sotto la guida fidata del mio primo allenatore Felice Costante, che mi ha costruito come atleta e preparato alle corse su strada, in particolare alla maratona, dove ho un personale 2h19’48’’ stabilito a Reggio Emilia nel 2010”.
Ci racconti la tua giornata-tipo?
“Lavoro come fisioterapista in ambito neurologico al centro ospedaliero Mondino di Pavia; dalle 8 alle 16 svolgo la mia attività in ospedale. Dopo il lavoro, mi preparo e mi alleno sotto la guida dei miei attuali allenatori (Flavia Gaviglio e Gigi Tettamanzi, ndr). Da quando ho iniziato l’attività di fisioterapista, ho preferito eliminare le doppie sedute quotidiane di allenamento e concentrare tutte le energie in una sola sessione di lavoro. Di solito mi alleno al parco della Vernavola, sulla pista CONI oppure sull’alzaia (la pista ciclabile che congiunge Pavia con la periferia di Milano, ndr). Nel week-end invece prendo la macchina e vado ad allenarmi sulle colline dell’Oltrepò, tra Broni, Stradella e Varzi”.
Nonostante pratichi l’atletica ad alti livelli, preferisci comunque avere un secondo lavoro?
“L’atletica mi ha dato e mi dà tanto, ma bisogna comunque pensare al futuro perché è uno sport in cui pochi riescono veramente ad arricchirsi. Personalmente il lavoro al Mondino è di grande aiuto, primo perché mi piace molto e poi perché comunque avere un’entrata sicura mi consente anche di allenarmi senza l’assillo di dover gareggiare a tutti i costi”.
Il 2015 ti ha portato in dote il titolo mondiale, poi lo scorso anno che cosa è successo?
“Il 2016 era cominciato sotto i migliori auspici, ma purtroppo è stata una stagione agonisticamente breve. In primavera ho ottenuto un ottimo 11° posto assoluto e primo degli italiani alla Milano Marathon e poi a Giugno sono arrivato 3° in una corsa in montagna molto dura sul monte Washington negli Stati Uniti. Ero veramente galvanizzato per cui in estate mi sono dedicato ad allenamenti molto intensi in montagna, in previsione della seconda parte di stagione; purtroppo però a settembre ho cominciato ad avvertire dolori al ginocchio, a causa di un sovraccarico meniscale. Ho provato a conviverci per qualche tempo, ma alla fine mi sono dovuto fermare”.
Come ci si sente da infortunati?
“E’ durissima. Durante il periodo di stop forzato dalla corsa, mi sono diviso tra piscina e bicicletta, ma non è la stessa cosa. Inoltre quando i tempi di recupero si allungano, subentra anche una componente psicologica di paura, timore di non poter tornare più quello di prima”.
Adesso come va?
“Molto meglio! Abbiamo scongiurato la necessità di un intervento chirurgico e finalmente ho ripreso ad allenarmi aumentando progressivamente i carichi di lavoro. Il 16 febbraio sono tornato alle competizioni ad Asti in Piemonte, vincendo la Panoramica di San Valentino, una gara di 10km circa che avevo già corso nel 2012. A parte la vittoria, che fa sempre piacere, mi sento molto rinfrancato perché ho corso regolare, con buone sensazioni e senza fastidi”.
Pronto per un grande 2017?
“Certamente si. Nelle prossime settimane intensificherò ulteriormente la preparazione mi dedicherò a diverse gare in pista insieme alla mia società di appartenenza, la Cambiaso Risso. Poi, ad inizio estate, voglio preparare adeguatamente una gara in montagna e in autunno tornerò certamente a competere in una maratona, magari New York , dove ho un conto aperto, visto che nel 2012 ero andato per correre, ma poi la gara era stata annullata causa maltempo. Deciderò comunque nei prossimi mesi”.
Se ti chiedo quale sia il tuo ricordo più bello, la mente torna subito a Zermatt?
“Ho vestito la maglia azzurra per la prima volta nel 2010 e già in quell’occasione pensavo di aver raggiunto il top. Ci sono certamente tante gare da ricordare, ma vincere il titolo iridato indossando la maglia azzurra è qualcosa di indimenticabile, non riesco nemmeno a trovare le parole adatte e a distanza di 2 anni mi viene ancora e pelle d’oca. In ogni caso, anche se magari non riuscirò più a bissare il successo del 2015, credo di poter dare ancora tanto e ho tutta l’intenzione di dimostrarlo”.