Non si può certo dire che la vita di Luisa Betti sia monotona. Nata a Pistoia nel 1987, una laurea in lettere moderne a indirizzo storico già conseguita e una in filosofia in arrivo, membro attivo del WWF, dopo la partecipazione alla fase finale di Miss Italia e varie apparizioni in programmi televisivi, pur continuando come modella, ha intrapreso la professione hostess di terra per conferenze, eventi e musei, soprattutto nella città di Firenze. Come se non bastasse, a un certo punto della sua vita ha sentito l’esigenza di cominciare a correre, correre tanto, tantissimo. Attualmente in forza alla Società Bergamo Stars Atletica, presieduta da Gregorio Zucchinali, Luisa ha accettato volentieri di raccontare in esclusiva a Sportface.it la sua storia.
Allora Luisa, dal 5 al 14 Agosto hai partecipato alla “10 MARATONE IN 10 GIORNI LAGO D’ORTA 2017”, una manifestazione organizzata dal Club Supermarathon Italia, che fa tremare le gambe solo al pensiero. La prima domanda è d’obbligo: come stai?
“Sto benissimo (ride, ndr). E’ stata un’esperienza fantastica. Correre ormai fa parte della mia vita: pensa che, per scaricare dopo le fatiche sul lago d’Orta, sabato scorso sono andata con gli amici alla BomboloRun a Rimini, una gara di 6 ore che si corre da mezzanotte alle 6 del mattino, tra agonismo e divertimento”.
Prima di parlare nel dettaglio di queste imprese, ti chiedo come sia nata una passione così grande.
“Ho iniziato circa 8 anni fa, in un certo senso è stata la mia salvezza”.
Ti va di spiegare meglio questo punto?
“Certamente, sono contenta di condividere quello che è successo a me, sperando che sia da stimolo anche per altri. Ero in un periodo molto particolare della mia vita, soffrivo di depressione e disturbi alimentari, mi sentivo quasi in un vicolo cieco. Ho iniziato ad unirmi ad un gruppo di persone che faceva qualche uscita di corsa partendo dalla palestra con cui collaboravo in quel periodo. Mi sono innamorata subito di questo sport, ho apprezzato il valore della fatica, ho iniziato a sentirmi più forte. Io oggi posso dire che il mio spirito è migliore e più forte proprio grazie a questa passione”.
La corsa come terapia contro la depressione?
“Nel mio caso direi proprio di si. La depressione è un demone di cui soffrono molte persone, più di quanto si pensi. Per sconfiggerla c’è chi prova a rifugiarsi nell’alcool o chi è costretto a ricorrere ai farmaci. Io posso dire di essere stata fortunata nell’aver trovato uno sbocco diverso, che ha aperto davanti a me un mondo meraviglioso”.
Dalle corsette con gli amici della palestra alle ultramaratone…
“E’ vero (ride, ndr). Dopo le prime uscite in allenamento, ho iniziato a farmi coinvolgere dalle garette di paese, le cosiddette “serali”, su distanze di 5-10km. Nel frattempo mi sono tesserata per la mia prima società, il CAI Pistoia, ho cominciato a sentir parlare anche delle gare più lunghe e sono rimasta sedotta dal fascino delle maratone e delle ‘ultra’”.
La prima esperienza sulla distanza dei 42,195 Km e il tuo personal best?
“La prima maratona a Firenze nel 2009, corsa in 3h29’ circa. Per quanto riguarda il personal best, ti racconto una situazione curiosa: maratona di Firenze edizione 2013, parto per fare il personale e ci riesco, ottenendo un tempo di 3h11’27’’. La settimana successiva, quasi per gioco, vado alla maratona di Reggio Emilia e finisco in 3h11’07’’. Quello resta ad oggi il mio miglior tempo”.
La tua prima ultramaratona?
“Nel 2010 e non poteva che essere la 100km del Passatore da Firenze a Faenza. L’ho finita con un tempo inferiore alle 12 ore che, per essere alla prima esperienza su una lunghezza del genere su quel percorso, non è affatto male. Oltretutto quell’anno fui anche premiata come partecipante più giovane della manifestazione”.
Quante gare hai corso tra maratone ed ultra fino ad oggi?
“Circa 220”.
Duecentoventi? Ho capito bene?
“Hai capito bene, circa 220 (ride, ndr). Dal 2013 mi sono dedicata esclusivamente alle lunghe distanze. Sono fortunata perché fino a oggi non ho mai avuto infortuni significativi, per cui corro con continuità. A meno di impegni o gare particolari, faccio una maratona ogni domenica”.
Come ti alleni?
“Di fatto non mi alleno, non ho mai avuto e non ho mai voluto un allenatore vero e proprio, io sono uno spirito libero. Negli anni passati uscivo un paio di volte a settimana a correre, adesso con gli impegni di lavoro non sempre ci riesco. Pertanto uso la maratona domenicale come allenamento, correndo magari in progressione o con qualche cambio di ritmo. Tieni presente che, facendo le ultra, l’importante è arrivare entro il tempo limite, non ricerchiamo quasi mai, almeno al mio livello, la prestazione cronometrica in sé”.
La gara più lunga che hai fatto?
“La 9 Colli di Cesenatico: 202,4 Km. E’ previsto un tempo massimo di 30 ore, io ho superato l’ultimo “cancello” ma sono arrivata in 34 ore perciò fuori classifica. Tra i miei obiettivi futuri ovviamente c’è quello di riprovarci ed arrivare entro il tempo consentito”.
Questa tua capacità di portare a termine imprese così difficili, unita al tuo aspetto fisico, ti ha portato ad avere molti ammiratori ma anche qualche detrattore, vero?
“Più di qualche detrattore, purtroppo. Però qui bisogna fare una premessa”.
Prego.
“Io sono dell’idea che ciascuno, nel rispetto degli altri, è libero di fare ciò che vuole. Proprio per questo io non intendo rinunciare alla mia femminilità quando corro: non vedo che cosa ci sia di male a mettersi un velo di rossetto prima di una gara o magari una divisa più appariscente. Io sono fatta così, non snaturo la mia persona solo perché vado a correre”.
E’ vero che ti hanno accusata di “tagliare” i percorsi?
“Verissimo! E anche che mi faccio accompagnare in macchina nelle ultramaratone (ride, ndr). L’invidia è una brutta bestia, ma io ho sempre lasciato parlare i risultati al mio posto. La strada è incontestabile. Anche per questo, per dare un ulteriore conferma che io sono una persona onesta, mi sono presentata sul lago d’Orta ad inizio agosto”.
Che cosa intendi?
“Intendo che non si corrono 420km in 10 giorni in un percorso a circuito con un dislivello di 600 metri se non si è preparati. Lì non ci sono possibilità di “tagliare”, non ci sono macchine a fare il servizio navetta. O ne hai per correre, o ti fermi e vai a casa”.
Allora torniamo al punto di partenza, 10 maratone in 10 giorni.
“Eravamo a Gozzano, in provincia di Novara, nei pressi del Lago d’Orta. Il percorso era invariante: un tratto di 10km circa, da ripetere per 4 volte per 10 giorni consecutivi. Le difficoltà più grandi sono state proprio a livello mentale, vista la monotonia del percorso. Io ci sono arrivata non in perfette condizioni fisiche, portandomi dietro qualche acciacco dalla 50km del Gran Sasso, infatti la prima maratona l’ho corsa in 5 ore circa”.
Il momento più difficile?
“Il secondo giorno. Avevo una infiammazione al ginocchio che mi fa fatto zoppicare a lungo e ho finito al maratona in 6h10’: lì per un attimo ho anche pensato di dovermi ritirare e devo ringraziare tutte le persone che mi hanno supportato psicologicamente incoraggiandomi a ripartire”.
Guardando i tempi, hai finito in crescendo!
“Vero, gli ultimi 2 giorni ho corso in 4h20’ circa e nel complesso sono stata sotto le 4h30’ per 5 maratone su 10. Anche dal punto di vista della classifica assoluta non posso certo lamentarmi: 6° donna e 3° italiana; se non fosse stato per quella crisi al 2° giorno, sarebbe andata anche meglio, ma l’importante è avercela fatta. E’ stata un’esperienza unica, ogni corsa è un’esperienza di vita e superare i momenti di crisi in una gara ci fortifica anche nelle crisi più serie, quelle che ci capitano nell’esistenza di tutti i giorni”.
Considerazione cattiva: qualche detrattore dirà che non si completa una gara del genere senza qualche “aiutino” farmacologico…
“Vuoi che ti dica quale è il mio doping? Scrivilo a caratteri cubitali perché non ho paura di essere smentita: estathè, gallette di riso e qualche gelato! Con il doping si ingannano gli altri, ma prima di tutto si inganna se stessi. Meglio ultimi che dopati!”.
Ha detto la stessa cosa di recente Giorgio Calcaterra, nell’ambito di una polemica, anche verbalmente molto aspra, con l’ex maratoneta Alberico Di Cecco.
“Ho avuto l’onore di conoscere Calcaterra e lo considero il mio mentore. Sposo quello che dice al 100%. Per me lui rappresenta il perfetto esempio di campione pulito, che ci mette la faccia per difendere i principi di lealtà sportiva in cui crede, anche a costo di inimicarsi molte persone. Va indubbiamente sostenuto, perché la battaglia contro il doping deve essere vinta”.
Oltre alla determinazione, che cosa serve per essere (ultra)maratoneti?
“Semplicità. Il copro umano è molto più semplice di ciò che si pensa. Fare una vita sana è la base di tutte le cose. Io sono vegana, ai ristori bevo solo acqua, thè e se ho fame prendo i biscotti, eppure riesco a correre lunghissime distanze. Non esistono le pozioni magiche: esistiamo noi e la nostra forza di volontà. Se ci credi, ci riesci”.
Programmi agonistici per il futuro?
“Nel breve termine sarò domenica a Cagliglion Fiorentino per il Lupa Urban Trail; il 23 e 24 settembre correrò la Lupatotissima, un’ultramaratona di 12 ore a San Giovanni Lupatoto in provincia di Verona, poi vedrò se correre la 100km delle Alpi ad Ottobre. Per il 2018, mi piacerebbe partecipare ad una gara in Puglia di 258km. D’altronde bisogna sempre puntare ad alzare l’asticella della difficoltà (ride, ndr)”.