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Danilo Goffi può parlare di maratona con cognizione di causa: vanta infatti un personale sulla distanza di 2h08’33’’ (Rotterdam, 1998, ndr), tempo che lo colloca tra i migliori specialisti italiani di tutti i tempi. Lasciata l’attività agonistica a livello professionale, Goffi continua ad occuparsi comunque di corsa ed allenamenti. Proprio un allenamento collettivo di 32km da Pavia a Milano, lungo la direttrice del naviglio pavese, diventa l’occasione per una chiacchierata sui temi di più stretta attualità. Goffi sta infatti seguendo in biciletta un gruppo di runner, tra cui l’ultramaratoneta Giorgio Rovei, protagonista all’ultima 100km del Passatore, il lombardo Matteo Fusetti e Simone Parisi, ragazzo di Pantelleria che si sta preparando per correre la maratona di New York. Lungo il percorso, tra un consiglio e l’altro sulla tecnica di corsa e sulla gestione della fatica, l’ex campione risponde alle domande di Sportface.it
Danilo mancano ormai pochi giorni al tentativo di Kipchoge di abbattere il muro delle 2h in maratona. Può farcela?
Questa volta direi proprio di si. Se trova le condizioni giuste, è un’impresa alla sua portata. Ha una settimana di tempo per scegliere la giornata migliore. E’ un grande campione e, come se non bastasse, lo aiuteranno dei grandi specialisti. Sono davvero curioso di vedere come andrà a finire.
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Si dice che in ogni caso non sarebbe comunque una vera maratona.
Sono d’accordo. E’ il tentativo di scoprire il limite umano in condizioni controllate, capire se si possono correre 42,195Km in meno di 120 minuti. La maratona però è un’altra cosa. La maratona ad esempio è quello che ha fatto Bekele a Berlino.
Una grande impresa, a soli 2’’ dal primato di Kipchoge, stabilito proprio nella città tedesca lo scorso anno.
Una grande gara davvero. Anche perché Bekele non veniva da un periodo fortunato. I grandi campioni però sono così, riescono a fare l’impresa quando meno te lo aspetti.
A proposito di maratona, sono state tante le polemiche suscitate dalle gare dei Mondiali di Doha. La maratona femminile è stata una mezza ecatombe. Che cosa ne pensi?
Credo che la decisione sbagliata sia stata quella che ha preso a monte la IAAF e cioè la scelta di una location poco adatta per le gare di un Mondiale di atletica, soprattutto se parliamo di gare di resistenza. Detto questo, la sede delle gare era nota da tempo e le condizioni erano uguali per tutti.
Le maratonete azzurre Dossena ed Epis si sono ritirate. Sotto accusa è finita che la loro preparazione. Qualcuno dice che non si doveva stare per troppo tempo a Livigno.
Tutti hanno il diritto di esprimere un’opinione ci mancherebbe, il problema è che, soprattutto nell’era dei social network, tutto si ingigantisce, anche quello che viene detto da chi parla senza cognizione di causa.
L’Italia è un Paese di commissari tecnici.
Io vorrei fare solo una semplice domanda. Tutti quelli che puntano il dito sulla preparazione, definendosi talvolta anche professori di educazione fisica, hanno mai allenato un atleta di élite? Lo sanno che far allenare un atleta di questo livello per 3 mesi al caldo significa affossarlo muscolarmente?
Quindi chi dice che dovevano allenarsi in pianura padana sbaglia?
Siamo seri, sono chiacchiere da bar. Non possiamo ridurre tutto a questo. Andare a Doha molte settimane prima per ambientarsi non sarebbe servito a nulla. Io stesso quando gareggiavo, preferivo nelle setti8mane precedenti la competizione, rimanere vicino a casa, per avere i miei riferimenti, le mie abitudini. Bisogna inoltre considerare che nel giorno della gara femminile c’erano condizioni di umidità e caldo veramente estreme e questo non si può prevedere. Vi faccio un altro esempio.
Prego.
Quest’anno la maratona di Padova, corsa a fine aprile è stata caratterizzata da un autentico nubifragio. E’ ovvio che i riscontri cronometrici ne hanno risentito, ma che cosa dovevano fare i runners, allenarsi solo nei giorni di pioggia per prepararsi alle eventuali condizioni avverse? La maratona è anche questo, ogni aspetto negativo viene ingigantito dalla durata. Per tale motivo, tornando al discorso di Kipchoge, la ricerca di condizioni ideali rende il suo tentativo qualcosa che non può essere definito come maratona
Qualcuno ha addirittura detto che i ritiri, soprattutto quello della Dossena dopo meno di 15km, potrebbero essere stati dettati dalla volontà di correre al massimo una grande maratona in autunno.
Lo ribadisco, esprimiamo delle opinioni, ma cerchiamo di essere seri. Che la Dossena avesse problemi fisici nei giorni precedenti la gara è un dato di fatto. In gara è svenuta: si può pensare che uno svenga per convenienza? Semplicemente ha patito troppo le condizioni della gara. Non siamo tutti uguali e in ogni caso, faccio notare che la maratona femminile non è stata vinta da una sprovveduta, ma probabilmente dall’atleta più forte
A proposito di maratona, ti ricordi la tua prima 42km?
Certo, era il 1995. Facevo mezzofondo. Ad un certo punto, dal gruppo sportivo Carabinieri, per cui ero tesserato, mi dissero che dovevo correre una maratona. Feci un programma di 6 settimane e corsi la maratona di Venezia, vincendola in 2h09’26’’. Mi resi conto che forse ero portato per questa gara (ride, ndr).
Il più grande maratoneta che hai conosciuto?
Oltre a me intendi (ride, ndr)?
Si, presenti esclusi.
Sarebbe facile dire Kipchoge adesso. Io però dico Haile Gebrselassie. Un grande atleta, ma anche una bellissima persona
Tuo figlio ha 15 anni ed ha iniziato a correre.
Si, ha iniziato però è ancora tentato dal calcio, come tanti suoi coetanei. Ha delle buone qualità, però è ancora presto per dire che cosa potrà fare. L’unica cosa che gli ripeto sempre è che il nostro sport è fatica e sacrificio. Senza queste componenti non si va da nessuna parte
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