Ottobre 2016, il mese perfetto di Corrado Pronzati: dapprima il personal best, con tanto di vittoria, alla mezza maratona di Novi Ligure (1h08’32’’), quindi il personale in maratona, ottenuto a Francoforte (2h23’47’’), che gli è valso tra l’altro il 18° tempo italiano assoluto dell’anno. Nato a Genova il 20 maggio 1981 e residente a Cogoleto, comune a pochi chilometri dal capoluogo ligure, Corrado Pronzati è tesserato per i Maratoneti Genovesi, società presieduta da Claudio Vassallo, che si segnala tra le più attive nel panorama podistico del nord Italia. Attualmente nel pieno della preparazione per gli appuntamenti autunnali, Pronzati ha accettato volentieri di rispondere in esclusiva alle domande di Sportface.it.
Allora Corrado, partiamo dagli inizi. I primi passi di corsa.
“Ho iniziato prestissimo, a 7 anni. Mi ricordo che a Cogoleto dovevano inaugurare il campo di atletica: ho corso i 50 metri (ride, ndr). Mi sono trovato a mio agio con le scarpette da corsa ai piedi e mi sono immediatamente iscritto ai corsi giovanili. Ho fatto tutta la trafila, fino alla categoria Juniores“.
Poi cosa è successo?
“E’ successo che ho cominciato a lavorare e per un certo periodo della mia vita è stato difficile conciliare gli impegni lavorativi e personali con la corsa. Ho ripreso a 26 anni, senza alcuna pretesa, più per scrollarmi di dosso lo stress della vita quotidiana, che reali ambizioni agonistiche. Quando ho capito di essere ancora competitivo e di avere ulteriori margini di miglioramento, ho ricominciato a fare sul serio“.
La tua distanza ottimale?
“Io sono un maratoneta, la mia distanza è la 42km. Tutta la mia preparazione viene svolta con l’unico obiettivo della maratona. Anche le mezze maratone, su cui ho ottenuto comunque buoni tempi come dimostra ad esempio il personal best di Novi Ligure, non sono gare che rifinisco in modo specifico, ma sono sempre propedeutiche alla preparazione della 42km. L’unico “svago” che mi concedo (ride, ndr) sono le gare in salita, per le quali ho da sempre una passione“.
Ad esempio?
“Nel 2016 ho vinto la 13° edizione dell’Ascension du Col de Braus in Francia, una gara di 9km con 650mt di dislivello positivo, con il tempo di 37’24’’, record della manifestazione. Sempre lo scorso anno, ho vinto l’Arrampicata della Bocchetta, a Campomorone (Genova), con il secondo tempo all time“.
Ritorniamo alla maratona. La prima esperienza.
“Roma nel 2012. Ricordo che mi ero iscritto senza allenamenti troppo mirati, con il semplice obiettivo di correre in equilibrio a 4’/km di media. L’ho chiusa in 2h48’, come da programma. Quando ho tagliato il traguardo è scoccata la scintilla, è stata una sensazione che faccio fatica ed esprimere con le parole. Ho capito che quella era la mia distanza, la gara in cui andare a cercare il mio limite ed ho cominciato ad allenarmi a testa bassa“.
Il 2016 è stato l’anno in cui hai fatto un ulteriore salto di qualità.
“Si e devo darne grande merito alla mia allenatrice Beatrice Brossa, che mi segue dalla fine del 2015. Bea ha un’esperienza straordinaria e, oltre alle indicazioni tecnico-agonistiche nelle sedute di allenamento, mi ha fatto crescere tantissimo anche dal punto di vista tattico e mentale, nella gestione della gara“.
Beatrice Brossa segue anche Valeria Straneo. Vi siete mai allenati insieme?
“Sì, più volte. Valeria è una campionessa, potermi allenare con lei e seguirne i suggerimenti è un privilegio ed un’ulteriore possibilità di crescita“.
Quanto spesso ti alleni?
“Tutti i giorni, con un’unica seduta giornaliera. Non facendo doppi allenamenti, devo dare continuità al chilometraggio, per cui non faccio quasi mai giornate di riposo assoluto. In media percorro 140km a settimana“.
Sacrifici con l’alimentazione?
“Diciamo che sono fortunato perché adoro la pasta. I carboidrati sono funzionali ai miei allenamenti, per cui abbino l’utile al dilettevole (ride, ndr). Non mi faccio mancare neanche qualche dolce. Non bevo alcolici ma principalmente perché non mi piacciono“.
Parlaci del tuo 2017 agonistico. Finora tante luci e qualche piccola ombra.
“Sì, è vero. A gennaio ho vinto la Maratonina dei Turchi a Cariale (Savona), bissando tra l’altro il successo del 2016. Poi a marzo ho vinto la mezza di Brescia con il tempo di 1h09’05’’ e mi sentivo pronto per dare l’assalto al mio personal best in maratona a Milano, il 2 Aprile“.
Cosa è successo a Milano?
“Ho avuto un problema gastro-intestinale, che mi ha costretto al ritiro intorno al 30°km. Cose che succedono; la maratona è una gara lunga: per quanto uno possa essere allenato, ci sono delle variabili che non si riescono a controllare o a prevedere“.
Ci hai riprovato a Padova…
“Sì, dopo il problema di Milano, non volendo buttare via la preparazione invernale, ho deciso di iscrivermi alla maratona di Padova, il 23 aprile. A mente fredda posso dire che probabilmente è stata una decisione azzardata, perché ci sono arrivato abbastanza scarico. Fino al passaggio alla mezza ero in linea con il mio personal best, poi intorno al 25°km ho capito che la gamba non era quella dei giorni migliori ed ho pensato semplicemente a tagliare il traguardo, perché un secondo ritiro in pochi giorni mi avrebbe psicologicamente segnato troppo. Alla fine ho chiuso 7° assoluto in 2h27’31’“’.
Adesso arriva l’autunno, periodo dell’anno in cui abitualmente dai il meglio.
“E’ vero, io riesco ad ottenere i migliori risultati nella seconda parte di stagione, forse perché in estate, nonostante le temperature elevate, riesco ad allenarmi bene. Il programma è di correre qualche mezza maratona già a Settembre, iniziando probabilmente con quella di Arenzano (Genova) , venerdì 8. Quasi certamente sarò al via anche alla mezza di Vinovo (Torino), domenica 24 settembre, visto il percorso particolarmente piatto e veloce“.
Obiettivo maratona?
“Ad Ottobre voglio cercare il personale: correrò Francoforte o Amsterdam, devo decidere in questi giorni“.
Come mai all’estero?
“Si respira un’aria particolare, da grande evento. Inoltre, nelle grandi maratone estere è più facile trovare il “treno” giusto per fare la gara: non ho certo la pretesa di correre con i top runners africani, ma in quelle manifestazioni si trovano donne che corrono con tempi intorno a 2h20’ per cui riesco a fare gara con loro. Molto spesso in Italia mi sono trovato a correre praticamente in solitaria per 42km e non è sempre facile“.
Affrontiamo il tema del doping. Ha fatto molto rumore nell’ambiente podistico quanto successo domenica scorsa alla Porretta-Corno alle Scale, una gara di 30km in cui ha vinto Marco Ercoli. Il primo atleta a tagliare il traguardo, applaudito dalla folla, è stato però Roberto Barbi che, squalificato per doping fino al 2024, ha corso come “non competitivo”.
“L’ho letto. Non conosco a fondo la situazione e non posso dire se Barbi fosse autorizzato a correre e ad indossare un pettorale, sebbene fosse quello della gara non competitiva. E’ in ogni caso una situazione avvilente, per chi ha vinto la gara in modo onesto, ma più in generale per tutti quelli che corrono in maniera pulita. Il doping è una piaga, sia tra i professionisti che tra i cosiddetti amatori: basta guardare le classifiche, infarcite di gente che corre al top per mesi, senza mai avere una battuta d’arresto. Il nostro organismo, non può naturalmente essere sempre al massimo, esistono tempi fisiologici di recupero: dopo una maratona ad esempio, ci vuole almeno un mese per rimettersi a posto. Purtroppo però la gente cerca spesso scorciatoie, senza capire che perdere è importante, tanto quanto vincere“.
Perdere è importante come vincere? Ho capito bene?
“Sì e vorrei che lo scrivessi a caratteri cubitali. Perdere, sbagliare una gara ogni tanto o avere una crisi è fondamentale perché tempra lo spirito dell’atleta, aiuta a riflettere ed a rimettere le cose nella giusta prospettiva. Ti dirò di più, nel mio piccolo, tutti i successi migliori che ho ottenuto sono arrivati dopo una battuta d’arresto. Sono convinto che le gare di Milano e Padova mi aiuteranno moltissimo a raggiungere i miei prossimi traguardi“.
Ancora un paio di curiosità prima di chiudere. Hai sentito parlare della “maratona” corsa all’autodromo di Monza, in condizioni particolari, qualche mese fa con l’obiettivo di scendere sotto le 2 ore?
“Non solo ne ho sentito parlare, ma mi sono alzato anche alle 5 del mattino per seguire la diretta streaming. Lo ritengo un esperimento scientifico e non una competizione omologabile in quanto molte delle condizioni abituali che si trovano in una gara su strada sono state azzerate. E’ stato comunque un evento importante perché ha dato in qualche modo risalto alla maratona e, non me ne vogliano i protagonisti, il fatto che il muro delle 2 ore non sia stato abbattuto è positivo, perché se ne continuerà a parlare fino al prossimo tentativo“.
Da maratoneta esperto, che consiglio ti senti di dare a chi comincia a correre con l’obiettivo di una 42km?
“Di non avere fretta. Il fisico ha bisogno di abituarsi. Sento troppo spesso gente che corre da 2 mesi parlare di obiettivo maratona. La maratona è un esperienza bellissima, una ricerca del limite personale che dà un’adrenalina unica, ma bisogna arrivarci gradualmente. Ritengo fondamentale che un aspirante maratoneta si stabilizzi prima sulla mezza distanza , correndone almeno 3-4 con tempi regolati e comparabili. Per un runner che parte da zero, arrivare alla maratona significa allenarsi almeno 12-18 mesi“.
Hai mai pensato di correre una 100km?
“Per carità. Ho massima ammirazione per gli ultramaratoneti, ma per me è già abbastanza un “casino” essere competitivo sulla 42km (ride, ndr)”.