“Al check point della mezza maratona ero ancora in linea con l’obiettivo di poter ottenere il personale, ma mi sentivo già stanca. Al 23° km ho iniziato a rallentare. Potevo ritirarmi, sarebbe stato più facile. Al 24° km sono persino passata davanti all’hotel dove soggiornavo, potevo fermarmi. Ma la voglia di arrivare in fondo è stata più forte di tutto, anche della delusione di veder sfumare un personale, dopo quattro mesi di preparazione”. E’ questo uno dei passaggi più interessanti dell’intervista che Claudia Gelsomino, appena rientrata dalla Spagna, ha rilasciato in esclusiva a Sportface.it.
Lombarda di Boffalora Sopra Ticino, in provincia di Milano, 48 anni (“Sono un’atleta diversamente giovane”, come si definisce lei sorridendo) e tesserata per l’Atletica Palzola, Claudia Gelsomino ha vinto a Milano nel 2014 il titolo di campionessa italiana di maratona e vanta un personale sulla distanza di 2h45’42’’, stabilito nel 2013 a Treviso. Domenica scorsa si è presentata alla partenza della maratona di Valencia con l’obiettivo di migliorare il primato personale, al termine di un ciclo di allenamenti intensi, durato oltre 4 mesi.
Claudia, maratona di Valencia conclusa in 2h49’11’’, prima donna della tua categoria. Nonostante ciò, non sei completamente soddisfatta perché il personal best non è arrivato.
“L’obiettivo era di correrla in un tempo di 2 ore e 45’ basso, in modo da migliorare l’attuale personale. Ho scelto Valencia proprio per la velocità del percorso. L’alternativa poteva essere Berlino, ma avrei dovuto allenarmi con maggiore intensità nei mesi più caldi dell’anno, per cui ho optato per la Spagna. Peccato perché, fino a 3 settimane prima della gara, stavo benissimo”.
Che cosa è successo?
“Il giovedì ho fatto un lavoro di qualità intenso, seguito da un massaggio defaticante il giorno successivo. Al sabato mi sono alzata e non riuscivo praticamente a camminare. Ho fatto un controllo: contrattura al muscolo piriforme, un contrattempo che proprio non ci voleva, visto anche il tempo limitato per poter recuperare. Sono stata praticamente ferma per una settimana: alla contrattura mi si è aggiunta la febbre, credo anche come conseguenza allo stress psicologico derivante dall’infortunio”.
Hai comunque provato a rimetterti in sesto per gareggiare.
“Sì, non volevo buttare via un ciclo di allenamenti, in cui ero andata veramente bene. Pensa che nella mezza maratona di Cremona, corsa ad ottobre nel pieno della preparazione, ho chiuso in 1h18’59’’, migliorando dopo oltre 4 anni il personale sui 21km”.
Come sono stati i giorni di avvicinamento alla maratona?
“Nella corsa non si inventa niente. Ero consapevole che gli allenamenti saltati e l’indebolimento fisico seguito all’influenza si sarebbero fatti sentire. Per alcuni giorni ho fatto veramente fatica ad allenarmi. La settimana prima di Valencia, però, sono andata in Liguria ad Imperia per una gara di 10km. L’ho vinta girando ad una media di 3.41/km, è stata una bella iniezione di fiducia”.
Raccontaci la maratona.
“Atmosfera bellissima, oltre 19.000 partenti. Sembra impossibile, ma in una gara del genere ho corso praticamente da sola per gran parte del tempo”.
Veramente?
“Sì. Nei primi 10km mi sono trovata a correre con un gruppo di uomini, però ho quasi sempre fatto il ritmo io, stando davanti. Quando loro hanno accelerato, mi sono trovata sola, per cui è stato tutto ancora più difficile”.
Dopo il passaggio alla mezza, la crisi.
“Ho iniziato a sentire le gambe stanche. Ho realizzato subito che il personal best mi stava sfuggendo. Potevo fermarmi, ma la voglia di tagliare il traguardo è stata più forte. L’arrivo della maratona di Valencia, in passerella, è veramente suggestivo, non volevo mancarlo. Ho stretto i denti: alla fine è arrivato un 2h49’11’’ che, viste le premesse non è da buttare via. Una volta tagliato il traguardo ho anche saputo di essere arrivata prima di categoria: in una manifestazione internazionale di questo rilievo non è cosa da poco”.
Il tuo allenatore, Lamberto Pessina, ti ha fatto i complimenti a fine gara, vero?
“Sì, per due motivi. Il primo perché non mi sono ritirata, dimostrando grande forza mentale ed il secondo perché non si aspettava che chiudessi sotto le 2h50’, visti tutti i problemi delle ultime settimane”.
Valencia ti ha lasciato un pizzico di rammarico, ma il tuo 2017 è certamente positivo. I ricordi più belli?
“Sicuramente la mezza di Cremona di metà ottobre, dove, come ti ho già detto, ho migliorato il personale dopo 4 anni. Inoltre a marzo ho migliorato il personale anche sui 10km, correndo ad Arona in 35’58’’. Migliorare il tempo su una distanza più breve alla mia età non è facile, per cui lo ritengo un ottimo risultato”.
Programmi per il 2018?
“Certamente nessuna maratona, anche se quelli a cui lo dico non ci credono (ride, ndr): se dovessi decidere di prepararne una, lo farò comunque nella seconda parte dell’anno. Prima voglio dedicarmi alle gare più brevi e, soprattutto, divertirmi facendo qualche competizione in più. Quest’anno, per preparare bene i vari obiettivi, ho privilegiato gli allenamenti, soprattutto nella prima parte della stagione, dove ho curato molto la velocità di base, rinunciando spesso a gareggiare”.
Ecco, gli allenamenti. Come riesci a gestirli nell’arco della giornata?
“Mi alleno sei volte a settimana, riposando solo il sabato. Di solito corro in pausa pranzo. Al mattino mi alzo alle 6.30 per andare in ufficio a Milano, dove lavoro come responsabile contabilità in un’azienda multinazionale. In pausa pranzo ho circa un’ora di tempo, ma spesso riesco a ritagliarmi mezz’ora in più per allenarmi, recuperando poi il lavoro a fine giornata”.
Il running sta diventando una moda. Che consigli ti senti di dare alle persone che si avvicinano a questa disciplina?
“Innanzitutto, voglio dire che non è mai troppo tardi per iniziare. Io ho iniziato a correre a 37 anni e ho vinto un titolo italiano di maratona”.
A 37 anni? Che cosa ha fatto scattare la cosiddetta “molla”?
“Ho sempre fatto sport, per molto tempo ho gestito dei corsi di fitness in palestra. Mio marito correva. Il sabato avevo la giornata libera dalla palestra per cui ho iniziato ad accompagnarlo, così per gioco. Nelle prime uscite era costretto ad aspettarmi, ma già dopo un mese accadeva il contrario: ero io costretta a rallentare per aspettarlo (ride, ndr). Il tutto senza allenamento. Lì ho pensato che forse la corsa sarebbe potuto diventare il mio sport. Poi, se la passione per il running ti prende, una volta che inizi, non riesci più a smettere”.
Non è mai troppo tardi per cominciare, quindi. Chi comincia, però, che errori non deve commettere?
“Non sono un allenatore, per cui per me è difficile dare consigli tecnici. Vedo però molta gente che oggi inizia a correre e dopo nemmeno un mese vuol preparare la maratona, magari per andare a New York. Io ho fatto il percorso inverso”.
Spiegati meglio.
“Quando ho iniziato a correre, prima ho costruito la mia condizione preparando e affrontando gare brevi, su 5km e 10km. Dopo oltre un anno ho corso la prima mezza e ci ho messo circa 3 anni per correre la prima maratona. L’organismo deve potersi adattare con gradualità allo sforzo, ai cambiamenti, altrimenti il rischio di infortunarsi diventa quasi una certezza. E’ bello vedere molta gente avvicinarsi al nostro sport, ma bisogna avere il coraggio di non voler gareggiare subito su distanze troppo elevate, ma arrivarci progressivamente e con i tempi giusti”.
E sull’alimentazione cosa mi dici?
“Cerco di evitare il cibo spazzatura, ma per il resto mangio di tutto, nelle giuste quantità. Mi piacciono i dolci, soprattutto il cioccolato fondente. Sento dire che fa bene, per cui non me lo faccio mai mancare (ride, ndr)”.