
Federica Fornasiero
Sedici ori, sei argenti, quindici bronzi: le trentasette medaglie di Parigi 2024 raccontano bene il cammino della Federazione Nuoto Paralimpico Italiano. Un percorso che inizia nel 2010, anno di fondazione della FINP, ma che nel caso di Federica Fornasiero, responsabile tecnico nazionale e candidata alla presidenza federale, parte da più lontano. Nel 1995 entrò a far parte dell’A.S.P.E.A. Padova, mentre nel 2009 fece il suo ingresso nello staff della nazionale inizialmente con l’incarico di referente degli atleti con disabilità visiva. Sedici anni dopo a Lignano Sabbiadoro, il prossimo 14 marzo, correrà per la presidenza contro l’ex segretario generale Franco Riccobello. Il Presidente uscente, Roberto Valori, in carica da 14 anni, ha deciso di non ricandidarsi, ma ha speso il proprio endorsement per Fornasiero.
Cosa l’ha spinta a candidarsi alla presidenza?
La spinta arriva da lontano, la mia presenza in federazione sia a livello tecnico sia a livello propositivo e organizzativo è sempre stata molto intensa. Per approccio ho sempre avuto l’ambizione di portare innovazione e di alzare l’asticella per adeguarsi al mondo che cambia perché in questi anni è cambiato il modo di comunicare e anche il modo in cui la gente vede il nuoto paralimpico. Ma c’è ancora tanto da fare soprattutto in certi contesti. La mia idea quindi è quella di valorizzare tutto quello che negli anni ha fatto l’attuale presidente Valori, cercando però di portare un contributo per stare al passo con la modernità in un momento nel quale a livello internazionale si sta ragionando sull’avvicinamento di alcuni sport paralimpici ai corrispettivi sport olimpici. Vogliamo collaborare con la Fin, la Fisdir, gli enti di promozione sportiva, e tutti coloro che hanno a che fare col nuoto in tutte le sue sfaccettature: l’obiettivo è integrarsi e unire le forze per trovare le soluzioni più gratificanti possibili per atleti e società.
Trentasette medaglie a Parigi. Meno di Tokyo, ma con più ori rispetto al 2021. Come si leggono questi numeri?
Siamo partiti da lontano, è un progetto nato tra fine 2008 e inizio 2009 quando, terminato il quadriennio, fu rivista l’organizzazione federale e si decise di organizzare uno staff tecnico che lavorasse su più fronti contemporaneamente, in contatto stretto con le società sportive che esprimevano atleti potenzialmente forti. Ci fu un innalzamento della qualità dell’organizzazione degli eventi e una forte spinta alla formazione dei tecnici. Da lì siamo cresciuti molto ed è il risultato di un lavoro molto importante su tanti fronti.

Senza dimenticare i tredici quarti posti
Essere in una finale paralimpica è di per sé un grandissimo risultato e il fatto che il Presidente della Repubblica abbia voluto sottolineare il valore del quarto posto è stato un messaggio sportivo importante. Le potenzialità sono alte e gli avversari non sono rimasti a guardare negli anni, anzi sono tutti cresciuti.
Quanto conta l’aspetto organizzativo nel rendimento in acqua?
Per necessità abbiamo una grandissima spinta all’organizzazione, quando risolviamo gli aspetti logistici tutti gli attori dell’evento si muovono nel miglior modo possibile. Tutto il gruppo di Parigi giornalmente sapeva chi riposava, chi era in vasca, chi faceva le assistenze. Non dimentichiamo che nel nuoto paralimpico c’è chi ha esigenze particolari, ad esempio ci sono necessità pratiche per le donne che usano la carrozzina visto che hanno costumi difficili da indossare. Quando gli atleti sanno che ognuno ha il proprio ruolo, sono più tranquilli.
Come dovrebbe essere il rapporto tra federazione e atleta?
Abbiamo un grande rispetto per la loro vita personale, puntiamo a lasciarli il più possibile nel loro team e nel loro contesto geografico. Se hanno piacere di rimanere vicini alla famiglia o all’università, vogliamo agevolarli. È importante lasciare aperta anche la strada dello studio. Questo modello gratifica di più e stressa meno gli atleti. Un atleta paralimpico non necessariamente ha tutte le porte aperte per uno sbocco lavorativo, anche se devo dire che i nostri atleti sono anche grandissimi studenti visto che sono tutti laureati. Non possiamo dir loro niente, sono bravissimi su quel punto di vista.
Lo scorso settembre c’è stato un boom nelle iscrizioni al corso di formazione per tecnici FINP
È stato un grandissimo risultato dal punto di vista numerico, ma anche dal punto di vista qualitativo. L’atmosfera è stata esaltante e gratificante e i colleghi sono stati eccezionali. Nel nostro mondo si cerca sempre di non vedere quello che manca, ma si cercano idee ed ispirazioni per fare i sarti e cucire addosso all’atleta una nuotata più interessante ed efficace.
Lei è stata la voce tecnica della Rai. Parigi è stata trasmessa su Rai 2. C’è un altro sogno sulla copertura televisiva?
Rai 2 è stato il sogno. La Rai ci ha sempre dato tantissimo spazio, come a Tokyo, con molta presenza anche nei telegiornali. Ma nel 2024 il riscontro di pubblico di Parigi è stato davvero interessante. Molte persone avevano il piacere di accendere la televisione e sentirsi orgogliose nel vedere atleti italiani vincenti con bellissime storie da raccontare. C’è stato un salto di qualità: prima il telespettatore li guardava e diceva ‘Poverini’. Ora dice ‘Che bravi’. L’idea che passa è che le porte ci sono e si possono aprire, anche se in alcuni contesti non è ancora facile.
Qual è il ricordo più bello della sua esperienza da tecnico con il nuoto paralimpico?
Non riesco a sceglierne uno, preferisco fare un collage. Quando lavoravo all’A.S.P.E.A. Padova, un atleta che aveva perso la gamba a seguito di un incidente accettò di togliere l’accappatoio e arrivare alla vasca mostrando le proprie cicatrici, dopo che per molte settimane aveva preferito nasconderle arrivando vestito fino al bordo. Questo dimostra quanto il nuoto riesca a muovere emozioni personali. Ma ripenso anche a momenti di grande gioia come la medaglia a Parigi di Giulia Terzi, madre da poche settimane, e quella di Efrem Morelli, che sembra non andare avanti con l’età. Ma anche la vittoria della staffetta in finale all’ultimo centimetro con gli australiani in rimonta. Ci sarebbero tante cose da dire sull’alto livello, ma anche sul nuoto di tutti i giorni. E al collage aggiungo le lacrime di Luca Pancalli quando gli è stata donata la cuffia con il suo nome davanti alle telecamere Rai.