“Si è in due quindi è uno sport di squadra, però ha tanto di sport individuale. Non ci sono cambi: sei tu il protagonista in campo, in tutto e per tutto, nella gioia e nel dolore, e l’unica persona a cui puoi affidarti è la tua compagna perché l’allenatore è sugli spalti quindi non può intervenire”. Questo è una delle caratteristiche principali del beach volley, come ci racconta Marta Menegatti, intervistata in esclusiva da Sportface.it. “Io credo che sia uno degli aspetti più affascinanti del nostro sport – sottolinea l’azzurra -. Sei tu, con te stessa, con la tua compagna, a cercare di trovare soluzioni, prendersi dei rischi perché le variabili nel nostro sport sono tante: giochiamo all’aperto, spesso c’è vento, può capitare che ci sia pioggia, ci sono tantissime variabili da tenere in considerazione e la capacità di adattamento penso sia fondamentale, è un aspetto proprio essenziale. Però è questo che lo rende uno sport spettacolare”.
Lo spettacolo sulla sabbia non manca mai, anche perché negli anni il livello è cresciuto molto. Quando Marta ha deciso di intraprendere la strada della beacher, nel 2009, è stata una grande scommessa: “Non c’era la struttura organizzativa che c’è oggi anche a livello di Federazione, erano altri tempi”. Marta, infatti, ha iniziato giocando a pallavolo e il beach volley l’ha conosciuto intorno ai 15 anni, mentre era a Ravenna. Poi ha iniziato a giocare sulle spiagge di Marina di Ravenna, dividendosi tra pallavolo e beach volley fino alla maturità. Dopo la ragioneria, la decisione di dedicarsi totalmente al beach volley e a posteriori si può dire che “è stata la giusta scelta e oggi sono qui, a cercare di qualificarmi alla mia quarta Olimpiade”.
Ora Marta Menegatti è la beacher italiana più vincente di sempre, nonché l’unica ad aver disputato tre Olimpiadi. Tre edizioni dei Giochi vissute in modo molto diverso. La prima, Londra 2012, in coppia con Greta Cicolari, è stata “inaspettata, ho un ricordo di me veramente non preparata ad affrontare una competizione di quella portata. Mi sentivo veramente piccola, senza esperienza, non me la sono goduta perché vedevo tutto molto più grande di me – racconta l’atleta dell’Aeronautica Militare –. Nonostante quello abbiamo fatto un ottimo quinto posto, partendo dalle americane che poi hanno vinto il torneo quindi non è stata un fallimento, anzi, però se ripenso alle mie sensazioni, non ho delle buonissime sensazioni”. La seconda, quella di Rio 2016, è stata molto complessa per Marta: la sua compagna Viktoria Orsi Toth è stata costretta a rientrare in Italia, sostituita poi da Laura Giombini a poche ore dall’inizio del torneo. “Ho cercato comunque di godermela al massimo. Quando ti capita una cosa del genere, non sai dove sbattere la testa, è stata un’Olimpiade molto strana”. Particolare è stata anche Tokyo 2020, durante la pandemia: “Senza pubblico, è stata un po’ snaturata, non sembrava quasi un’Olimpiade per tutte le regole che c’erano. Però sono comunque soddisfatta perché con Viktoria siamo riuscite a riprenderci quello che ci avevano tolto. Lei ha avuto molti problemi fisici quindi siamo riuscite a qualificarci un po’ per il rotto della cuffia, però ce l’abbiamo fatta e quello era il nostro sogno e sono molto contenta di essere riuscita a giocare un’Olimpiade con lei”.
“La prossima è tutta da scoprire” prosegue l’atleta classe 1990, riferendosi a Parigi 2024. La qualificazione non è ancora certa, ma “siamo sulla buona strada”. L’anno, infatti, si è aperto con l’ottimo quinto posto nell’Elite16 di Doha e “le sensazioni sono positive. Abbiamo fatto un’ottima preparazione prestagione con due raduni a Tenerife e abbiamo avuto l’opportunità di confrontarci con molte coppie, quindi di fare molto gioco e credo che a Doha si sia avvisto. Nel primo torneo della stagione arrivare ad un passo dalla semifinale è sempre una grande soddisfazione. Il prossimo torneo sarà a Tepic, in Messico, e partiremo anche lì dal tabellone principale, cosa non scontata. Era l’obiettivo della passata stagione: arrivare a fine stagione e giocarci un posto negli Elite16 partendo dal tabellone principale. Già questo è molto graficante per noi, però fino all’Olimpiade la strada è ancora lunga quindi ci sarà da battagliare parecchio”.
Battaglie che Marta è pronta ad affrontare con Valentina Gottardi, sua attuale compagna. “Vale è stata una sorpresa perché dopo Tokyo la mia idea era quella di smettere. Valentina mi è stata proposta dalla Federazione: era una ragazza molto talentuosa all’epoca, alle prime armi, quindi era un progetto un po’ più a lungo termine, non sapevamo dove effettivamente ci avrebbe portato. Poi però abbiamo bruciato letteralmente le tappe, partita dopo partita. In fin dei conti abbiamo giocato due stagioni che è veramente poco tempo per riuscire a scalare il ranking mondiale come abbiamo fatto noi. Però il merito è tanto suo perché lei veramente ha fatto dei passi da gigante da quando abbiamo cominciato a giocare insieme nell’ottobre 2021. È stato un progredire man mano, però allo stesso tempo in maniera comunque veloce, senza rendercene troppo conto. Forse è stata anche quella la nostra forza: abbiamo sempre vissuto, i tornei ma anche il quotidiano, con pazienza e spensieratezza, forse questo è il nostro punto di forza”.
La rodigina ha accumulato molta esperienza e cerca di trasmetterla alla compagna, tanto in allenamento quanto nelle partite, perché “sono situazioni che io ho già vissuto tantissime volte rispetto a lei quindi mi viene anche più facile riconoscerle quando siamo in campo e magari riesco a trovare una soluzione in maniera più veloce rispetto a lei. Mi sento responsabile in questo senso, ma allo stesso tempo sono molto contenta di aver trovato una ragazza giovane, umile, che si è messa a testa bassa a lavorare e ad ascoltare i consigli da parte mia. Non è semplice, non è scontato, però sono convinta che questo sia stata la nostra forza soprattutto all’inizio, ma lo è tutt’ora perché siamo un ottimo mix”.
Marta e Valentina in poco tempo hanno costruito un’ottima fiducia, che le aiuta anche a gestire l’emozione prima delle partite. “Lavoriamo tanto l’aspetto psicologico e sulla gestione emotiva mettiamo molta attenzione insieme al nostro psicologo dello sport, che ci segue dall’inizio. Siamo due atlete molto esigenti, pretendiamo molto da noi stesse, però non credo che ci sia ansia prima di entrare in campo, forse più adrenalina. Credo che la stiamo gestendo bene”. Prima della partita si discute la strategia da adottare con l’allenatrice, poi riscaldamento e si scende in campo, con la speranza che non ci sia il caldo umido, tipico di Brasile e Cina, che “proprio ti prosciugano qualsiasi tipo di energia”.
Il beach volley consente di viaggiare molto, ma una città che Marta porta nel cuore è Rio de Janeiro (“è la patria del beach volley, manca da un po’ anche come tappa del circuito mondiale”), oltre al Foro Italico di Roma, che “è uno dei tornei più suggestivi in assoluto”. In valigia non mancano mai “la matita per gli occhi e il burrocacao”, ma nessun amuleto particolare (“non sono scaramantica”). Quando torna in Italia invece Marta trascorre il tempo libero con i suoi affetti, il nipotino che sta in Puglia, il fidanzato (anche lui atleta). Sui social però raramente condivide momenti della vita privata: “Io di mio non è che sia molto social, mi limito a postare il minimo indispensabile, solo inerente al beach volley. Tendo a non leggere i commenti più sgradevoli, ormai ho imparato che è un qualcosa che non si può controllare”.
La vita da atleta è “una vita di incastri”, tra allenamenti, privato e tornei in giro per il mondo, ma non è eterna. Al termine della stagione, “sicuramente vorrò prendermi una pausa perché sono diversi anni che sto nell’alto livello e non mi sono mai fermata, quindi il mio corpo e la mia mente ne hanno sicuramente bisogno. Non so dire se sarà una pausa prolungata e definitiva oppure no, lo vedrò strada facendo”. Pochi giorni fa è arrivata anche la Laurea in lingue e mediazione linguistico-culturale, ma per ora non ci sono ancora piani sul futuro: “Vorrei godermi questo anno, che potrebbe essere l’ultimo quindi vorrei veramente mettere tutte le mie energie, fisiche e mentali, su questo ultimo anno speciale e poi valutare. Poi si vedrà”.
Prima però c’è Parigi 2024 da raggiungere, consapevoli che l’Olimpiade è un “universo a parte rispetto a quello a cui siamo abituate” perché il torneo si svolge su due settimane e non in pochi giorni. “Solo l’anno scorso a Parigi ci siamo ritrovate a giocare tre partite in un giorno, che secondo me è una cosa veramente assurda. Alle Olimpiadi si gioca circa ogni giorno e mezzo e, secondo me, c’è tutto da guadagnarci perché chiaramente i tempi recupero sono notevolmente maggiori rispetto ad un torneo classico. È anche più spettacolare perché non si avverte la stanchezza che si può provare alla quinta o sesta partita in tre giorni”. Se poi avesse qualche ora libera, Marta vorrebbe andare a vedere qualche gara di canottaggio “perché vorrebbe dire che il mio ragazzo si è qualificato per le Olimpiadi, incrociamo le dita!”.
Lo spettacolo del beach volley è dato anche dalla sua imprevedibilità e sono proprio le vittorie inaspettate a rimanere impresse nella mente: “Quello che ricordo con più affetto è il torneo dell’anno scorso di Saquarema, dove abbiamo vinto il nostro primo oro nel Pro Tour Challenge di aprile. Stavamo perdendo la finale contro il Brasile, quindi avendo tutto il pubblico contro, e io ancora non mi capacito di come siamo riuscite a ribaltare quella partita. È successo qualcosa di veramente magico. È una delle vittorie più toste ma anche più speciali”. Una magia che speri possa ripetersi nei grandi eventi, specie se all’orizzonte ci sono le Olimpiadi e il tuo compleanno arriva pochi giorni dopo, il 16 agosto: “Arrivare sul podio alle Olimpiadi sarebbe il regalo più grande che io stessa potrei farmi”. Sarebbe un bel regalo anche per l’Italia del beach volley, che tra le donne non è mai salita sul podio. Sognare non costa nulla, anche perché nel beach volley “le sorprese non finiscono mai”, parola di Marta Menegatti.