“Come stai?”. “Ho sciolto il telefono”. Matteo Arnaldi è appena uscito dalla doccia della camera dell’hotel in cui alloggia a Parigi. Si prepara per andare a cena con la sua fidanzata australiana, Mia Savio, che un anno fa di questi tempi non sembrava voler cedere alle prime manovre del suo corteggiamento. Poi, invece, il sanremese classe 2001 ce l’ha fatta, ha conquistato il suo cuore e adesso è pronto per andarci addirittura a convivere. E di tennis non sembra aver troppa voglia di parlare.
“Troppi messaggi, ho sciolto (che in gergo tennistico significa ‘ho mollato’, ndr). Non riesco a leggerli tutti. Anche perché quando lo schermo è bloccato le notifiche di Instagram mi rimangono, mentre quelle di WhatsApp di volta in volta spariscono”.
‘Arnaldino’ a inizio maggio è entrato per la prima volta in carriera nella top 100 della classifica mondiale grazie al terzo turno raggiunto al Masters 1000 di Madrid (in cui ha battuto, tra gli altri, il numero 4 del mondo Casper Ruud). Poi agli Internazionali BNL d’Italia ha sconfitto Diego Schwartzman (ex top 10) e dopodiché ha perso il derby azzurro con Lorenzo Musetti. Al Roland Garros è pronto a giocare il primo tabellone principale Slam della sua vita: affronterà al debutto il colombiano Daniel Galan, numero 90 del ranking ATP.
“Io non mi sento cambiato. La novità è che la gente mi conosce. L’anno scorso camminavo serenamente per il Foro Italico, quest’anno non potevo farlo. Ogni tanto mi dimentico, esco, la gente mi ferma e mi dico ‘Sei un cogl***e’. Mi sa che sono negato a gestire queste situazioni. Sto iniziando a capire un po’ di cose adesso. Mi aiuta tanto Alessandro Petrone, il mio allenatore. È arrivato un po’ tutto così, all’improvviso: sto cercando di capire come funziona”.
In questi termini la svolta è stata la vittoria contro Ruud a Madrid: “Dopo quella partita ho guadagnato 7.000 nuovi follower su Instagram. Tutti insieme per un match. Prima sentivo parlare più di altri giovani italiani. Ora mi dicono ‘Sei il primo di quel gruppo ad essere entrato in top 100, sei arrivato prima degli altri’, ma io penso ‘Sono arrivato dove?’. Ho aperto una porta”. L’attenzione mediatica, racconta, non gli ha tolto energie: “No, perché non me ne è fregato niente di nessuno. Vado avanti per la mia strada. Io sono sempre io, sono sempre la stessa persona. Ho solo vinto un match”.
“E mi ha pure girato male – prosegue –, perché mentre giocavo con Musetti al Foro Italico hanno sorteggiato il tabellone del Challenger di Torino e sono stati costretti ad escludermi. Non si può stare in due tabelloni contemporaneamente. Se avessero aspettato la fine della partita, sarei corso a Torino, sarei partito un turno avanti e avrei potuto conquistare i punti necessari per essere sicuro di entrare nel tabellone principale di Wimbledon. Invece mi tocca sperare di entrare all’ultimo, come qui al Roland Garros”.
Dal punto di vista tecnico-tattico, la coerenza è da sempre il suo forte: “Continuiamo a lavorare sulle stesse cose. Sul servizio, sul cercare di essere più aggressivo. Per farti capire, in quel match Ruud non ha giocato bene, ma io ho giocato da Dio. Io in quel modo vorrei giocare sempre: muovendomi bene, spingendo, difendendomi come so fare, che sembra che per farmi il punto mi debbano sparare tre volte. Mi piacerebbe riuscirci sempre. Lui non ha trovato soluzioni e piano piano è calato ulteriormente”. Un po’ quello che dovrebbe accadere, nella migliore delle ipotesi, contro Galan a Parigi: “Sentirò un po’ di pressione. Sarà la mia prima sfida 3 set su 5. Non mi sento teso, ma anche inconsciamente mi aspetto tensione. Ma in fondo anche a Roma ero teso ma ho giocato molto bene”.
A proposito di Roma: “È stato bello vivere l’atmosfera del Campo Pietrangeli, anche se in un derby con ‘Muso’. Qui al Roland Garros hanno messo tutti i match di qualificazioni dei giocatori francesi sul Campo 14, che è come il Pietrangeli da noi. Pieno di gente, tutti a tifare. È un peccato quando, invece, al Foro Italico ci mettono sul Centrale che rimane vuoto. Pensa a Fognini-Kecmanovic sul Pietrangeli: dopo ogni punto la gente urlava contro il serbo, non è semplice da gestire”.
Di sicuro Arnaldi si sta avvicinando ai più forti: “Dall’anno scorso dico che posso battere chiunque. Onestamente non sento tanta differenza con i migliori. La differenza sta nella continuità: quello che io faccio in un torneo loro lo fanno per 4 o 5 di fila. Se io fossi già ad un livello più alto, dopo la vittoria con Ruud non avrei perso con Munar, pur essendo stanco fisicamente. L’inesperienza ha pesato. Mi manca continuità a livello ATP, perché nei Challenger sono andato a Tenerife per vincere e l’ho vinto, poi sono andato a Murcia per vincere e l’ho vinto. Non è facile”.
In chiusura, l’obiettivo: “Voglio abbandonare definitivamente il circuito Challenger e giocare tornei ATP. Ogni settimana. Quanto dovrei essere, 70 del mondo? Questo è il mio obiettivo”.