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Ci sono giorni che non possono essere uguale agli altri. E lo sai già da tempo. Sofia Goggia lo sapeva benissimo che questa notte avrebbe avuto un appuntamento con la storia, uno di quegli appuntamenti in cui non puoi esimerti perché hai lavorato tanto per esserci, hai fatto ogni cosa per arrivarci preparata, hai vissuto in funzione di questo giorno. E quando arriva devi solo fare quello che hai fatto in questi anni: essere te stessa. E Sofia Goggia lo ha fatto, perché quando ha tagliato il traguardo ha capito che aveva disputato la discesa che tanto aveva sognato quando era ancora bambina, quando sognava di vincere le Olimpiadi. Però voleva il riscontro cronometrico delle altre, voleva aspettare la sua più grande rivale e amica, un’altra che a questi appuntamenti sa come arrivarci: ma Lindsey Vonn è finita dietro e quell’idea di poter indossare il tricolore si è fatta più viva, limpida come il sorriso di Sofia.
In Italia sono passate le 3:30 del mattino, ma per molti è l’alba di un giorno storico. Incollati al televisore ad emozionarsi perché imprese del genere non possono che rimanere nella memoria di chi le compie, ma anche di chi ne è partecipe direttamente o indirettamente che sia, dal vivo o davanti al monitor di una tv o di un pc. Perché le emozioni a cinque cerchi sono uniche, indelebili ed indimenticabili. Il brivido che ha percosso tutta l’Italia si è fatto ancora più nitido quando la norvegese Ragnhild Mowinckel ha cercato di strappare l’oro all’azzurra: nove centesimi, di tanto è finita dietro. L’ultimo sussulto prima del trionfo, l’ultima luce della notte prima dell’alba italiana: ” Grazie a chi ha creduto ad una bambina che a sei anni sognava di vincere le Olimpiadi sulla neve di Foppolo. Sono una pasticciona, ma oggi ho cercato di essere una samurai. La vittoria la dedico a me stessa, al mio bel paese ed alle persone che vogliono bene a Sofia indipendentemente dal fatto che vinca le Olimpiadi”. Una pasticciona ed una samurai. Nella prima parte di gara è stata molto più accorta del solito, sapeva che non poteva sbagliare: ha sciato linee pulite, senza scossoni. E poi si è scatenata nella parte centrale dove è stata la numero uno. Lo aveva detto dopo il super-G in cui un errore le era costato fatale: “Mi sono sentita un tutt’uno con i miei sci, ho avuto grandi sensazioni”. E nella gara più importante della sua vita non ha sbagliato niente, come fanno i grandi campioni. Sofia oggi si è consacrata. Venticinque anni, un oro olimpico al collo: Sofia, siamo noi a doverti ringraziare.