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Milano 2018, ossia i mondiali della consapevolezza. L’Italia esce con la certezza di poter giocare un ruolo da protagonista a livello internazionale nel pattinaggio di figura, a condizione, però, di volerlo fare. Volerlo fare significa investire nelle strutture e moltiplicarle da nord a sud, significa reclutare giovani allieve/i e gettare le basi sin dalla più tenera età, significa mettere in campo politiche serie per andare incontro alle famiglie che non possono permettersi le spese ingenti che uno sport di nicchia comporta e assecondare le esigenze degli allenatori e dei loro staff.
Ai campionati del mondo che si sono svolti al Mediolanum Forum di Assago dal 21 al 25 marzo, il nostro Paese ha ottenuto un buon riscontro a livello di immagine, ma zero medaglie. Perché? Andiamo ad esaminare le classifiche, a cominciare da quella degli uomini. L’Italia piazza il suo unico atleta, Matteo Rizzo, in 17ma posizione. Potrebbe sembrare una sconfitta, in realtà è un successo, perché finalmente il movimento ha un atleta nelle cui mani poter mettere il futuro azzurro di questa disciplina. Ai mondiali junior di Sofia, Rizzo si è messo al collo un bronzo storico e a quelli senior ha atterrato il suo primo quadruplo. Dobbiamo tornare indietro di 10 anni per trovare un pattinatore degno di reggere il paragone; era il 2008 quando il francese Samuel Contesti, che però aveva già 25 anni, iniziò a gareggiare per l’Italia, conquistando un argento agli Europei, la top five ai Mondiali, e un 18mo posto ai Giochi olimpici di Vancouver. Prima di lui solo l’indimenticabile Carlo Fassi aveva scritto le pagine della storia del pattinaggio di figura nostrano, il resto è stata una lunga attesa carica di speranza. L’attesa dell’uomo giusto. E le speranze adesso sono tutte riposte nel 19enne romano, allievo di Franca Bianconi e di papà Valter Rizzo, con un occhio, però, anche a quanto sta succedendo nella junior, dove Daniel Grassl ha già atterrato un perfetto quadruplo Lutz nell’ambito di una competizione internazionale. Chi si è preso il podio degli Uomini a Milano 2018? E’ presto detto: Stati Uniti, Giappone e Russia. Tre nazioni che possiedono una pista di pattinaggio ad ogni angolo di strada e nelle quali “le Federazioni”, per citare una recente dichiarazione dell’allenatrice Paola Mezzadri, “hanno un peso e un potere”.
Stesso discorso per le coppie di artistico e per la danza. Lasciando da parte i tedeschi Savchenko – Massot e i francesi Papadakis – Cizeron, dotati di un talento alieno, le medaglie sono andate a Russia, Francia, USA e Canada. Italia a bocca asciutta, quindi ha fallito? Si, ha fallito. Ma non sul ghiaccio e non dal 21 al 25 marzo. I pattinatori sono stati straordinari, ma manca la cultura a monte, mancano gli investimenti, le strutture e il coraggio di fare di più. Nicole Della Monica e Matteo Guarise con il loro quinto posto da record hanno fatto la storia, Valentina Marchei e Ondrej Hotarek, gli “eroi di Pyeongchang”, hanno centrato la top ten. Penalizzati dai punteggi dei giudici, Charlene Guignard – Marco Fabbri e Anna Cappellini – Luca Lanotte. I primi sono stati autori di due programmi eccellenti e carichi di emozioni, ma la giuria ha deciso di usare il braccino corto e nello short ha fatto mancare almeno tre punti che, dopo il libero, hanno pesato parecchio sulla classifica finale. E che dire dei campioni del mondo di Saitama, che sognavano di chiudere in bellezza a Milano la loro incredibile carriera? 27 centesimi e addio medaglia. Anche in questo caso nulla da rimproverarsi: hanno pattinato i programmi della vita. Il loro infinito abbraccio quando l’ovazione del pubblico ha preso il posto delle ultime note, il “grazie” di Anna a Luca per la straordinaria vita danzata insieme sulle piste di tutto il mondo e le lacrime di chi ha dato tutto, non li dimenticheremo più. “Mai provato nulla di simile in carriera, il risultato passa in secondo piano” hanno commentato, ma l’amarezza per la beffa del quarto posto c’è, inutile negarlo. I 10.000 del Forum volevano i loro campioni sul podio, e non per spirito patriottico ma per merito. Invece hanno applaudito, corretti e composti, i danzatori di altre nazioni. Le nazioni che non hanno fallito, perché da anni si spendono e non si risparmiano per divulgare la cultura del ghiaccio, per fornire ai propri atleti strutture all’avanguardia, per permettere loro di preparare al meglio le stagioni agonistiche, per riempire i vivai.
Beffa per Anna e Luca, delusione per Carolina Kostner. Se i primi non hanno nulla da rimproverarsi, la pattinatrice altoatesina dopo lo short della vita (“a Milano ho finalmente pattinato come ho sempre sognato” ha dichiarato) ha sporcato il libero sperperando tutto il vantaggio acquisito nel primo segmento di gara, non approfittando nemmeno dei clamorosi errori della diretta rivale: la russa, oro a Pyeongchang, Alina Zagitova. 21ma la 16enne Elisabetta Leccardi, che, insieme alla junior Lucrezia Beccari, a Micol Cristini e a Giada Russo sta per ricevere la corona e lo scettro che, quasi certamente, Carolina cederà nel volgere di qualche tempo. Oro al Canada della Osmond, capace di rimontare dalla quarta posizione, a seguire la doppietta giapponese Higuchi – Miyahara alla sue spalle. Anche in questo caso, due paesi nei quali i pattini sono come da noi un pallone.
Il ricambio generazionale c’è, è in atto ed è di qualità, ma manca la quantità. Se includiamo in questo discorso anche le coppie di danza Tessari – Fioretti e Calderone – Papetti, quella di artistico Ghilardi – Ambrosini, e il vincitore del titolo italiano junior Nik Folini, la lista dei nomi del futuro, escludendo l’exploit improvviso di qualche atleta, è praticamente finita. Troppo breve. Ecco allora cosa ci lascia questo mondiale, ossia una domanda: cosa vuole fare, da grande, l’Italia del pattinaggio di figura? Vuole decidersi a credere in questo sport una volta per tutte ( il pattinaggio artistico, secondo una ricerca Sponsor Value/Global @dvisor in 27 paesi, è al 1° posto nella classifica dell’interesse tra gli adulti che hanno seguito i Giochi Olimpici di PyeongChang 2018), sdoganandolo e portandolo anche dove finora è stato considerato off limits o vuole continuare su questa scia e continuare a mettere le medaglie al collo di atleti di altre nazioni?
Italians do it better, recita un famoso detto. Ed è vero. Gli italiani, se vogliono, riescono a fare molte cose meglio di chiunque altro. Dal punto di vista artistico, grazie al tocco magico di Corrado Giordani, questo mondiale è stato uno spettacolo fantasmagorico, travolgente dall’inizio alla fine, ricco di sorprese. Adesso che le luci si sono spente e un nuovo quadriennio sta per avere inizio, dobbiamo rassegnarci all’idea che cali il silenzio o possiamo iniziare a credere (e, in tal senso, la candidatura per le Olimpiadi Invernali del 2026 va interpretata come un segnale di risveglio) che si voglia accelerare nella “creazione” dei campioni di domani?