Cala il sipario al polo fierstico di Rho, va in porto la prima edizione delle Next Gen Finals di Milano 2017, l’innovativo torneo del circuito Atp che ha rivoluzionato per l’occasione il regolamento tennistico in cinque giornate intense con i migliori under 21 del panorama internazionale. La curiosità era tanta, inutile negarlo, scatenando un eterno dibattito tra conservatori e rivoluzionari addirittura più tediante delle discussioni sul G.O.A.T. In una malsana voglia italica di etichettare come estremamente sbagliato e fantasticamente meraviglioso tutto ciò che viene organizzato sul suolo italico, la verità si configura banalmente “nel mezzo”: l’evento ha colto nel segno, facendo parlare di sé nel bene e nel male.
La risposta del pubblico, infatti, è stata ottima: in un mix di sensazioni tra un complesso futuristico e la nostalgia dettata dal campo senza corridoi che riporta alla mente i grandi Masters degli anni ’90, anche la qualità dei match non ha tradito le aspettative. Parlando di un evento di fine stagione e senza punti in palio (seppur con un prize money da capogiro), si è avuta davvero la sensazione di assistere a delle Finals “in miniatura”.
LE REGOLE – Forse troppe tutte insieme, probabilmente non tutte introducibili in un futuro più o meno recente. Nel complesso l’idea dell’Atp e di Kermode era quella di rendere più “televisivo” questo sport accorciando la durata dei match. In alcuni casi fin troppo, a causa del set ridotto a 4 game, visto che tre partite non hanno neppure superato i 70 minuti di gioco. Causa, anzi merito, dello shot clock con i 25 impietosi secondi tra un punto e l’altro: non c’è tempo per recuperare e per spezzare il ritmo, il warning per time-violation non è più così facoltativo per i giudici di sedia. Tra le innovazioni, al momento la più utile per esordire anche “tra i grandi”. Inutile, al contrario, a parere di chi scrive il no-let (tra l’altro già sperimentato con scarso successo negli Itf), così ‘contraria’ al Gioco da cogliere in castagna sia tennisti che giudici di sedia d’esperienza come Bernardes. Approvata con riserva il “deciding point”: in tante occasioni i tennisti hanno espresso il loro miglior tennis, non così scontato dovendo raccogliere in pochi secondi tutte le energie nervose in un quindici così carico di pressione. La più attesa, oltre che assolutamente inedita, era l’introduzione l’Hawk-Eye Live: niente giudici di linea in carne ed ossa, una sorta di VAR per il fallo di piede e chiamate elettroniche al momento del rimbalzo. Nessuna discussione tra atleti e giudice di sedia, poche energie nervose sciupate per le proteste: seppur non fattibile su ogni campo a causa degli elevati costi, l’idea non è poi così utopica in un ambiente sempre più vicino alla tecnologia e alla perfezione per non falsare risultati. Sacrificando magari un po’ di pepe in campo, con buona pace di John McEnroe e tanti altri…
IL TORNEO – Come già detto, la qualità non è mancata: alla fine trionfa l’insospettabile Hyeon Chung in finale sul numero 1 del torneo Andrey Rublev. Due modi diversi di interpretare il tennis, l’asiatico ruba meno l’occhio tuttavia chiude da imbattuto intascandosi la bellezza di 390.000 dollari. Ma l’evento è servito anche e soprattutto per riscoprire Gianluigi Quinzi. Vincitore della wild card nelle qualificazioni allo Sporting Milano 3, torneo in principio “colpevole” di aver tolto la chance a Matteo Berrettini che avrebbe meritato di diritto un invito al termine di una fantastica stagione, il marchigiano ha dimostrato ben più dell’attuale 306 nel ranking. L’azzurro non ha raccolto vittorie nel round robin ma ha portato al quinto i due finalisti e impensierito Shapovalov, uno che qualche mese fa si è tolto anche lo sfizio di battere Nadal. Un torneo che potrebbe servire da ennesimo trampolino di lancio per Gianluigi, finalmente conscio di non avere un distacco siderale (al contrario di quanto recitato dalle classifiche) da chi a livello juniores fronteggiava e batteva regolarmente.
IL BILANCIO FINALE – Assolutamente positivo il quadro conclusivo. Come raccolto nelle tantissime interviste di Sportface ad addetti ai lavori ed ex tennisti oltre che semplici tifosi grazie all’inviato Claudio Maglieri, tanti sono i pareri pro alle innovazioni e al giusto tentativo di sperimentare in una competizione non importante ai fini del ranking. Di certo peseranno e non poco le dichiarazioni di due leggende viventi come Federer e Nadal, poco convinti dell’insieme di cambiamenti, ma il prodotto confezionato da Milano è nel complesso riuscito. Nonostante un avvio tra le polemiche con la cerimonia del sorteggio eccessiva e finita nell’occhio del ciclone per la presenza di modelle (in cui la Fit è del tutto incolpevole, come confermato dal comunicato di scuse da parte di Atp e Red Bull), i cinque giorni di tennis giocato lasceranno un buon ricordo agli spettatori. Il pubblico di Milano, che meritava di tornare capitale del tennis dopo aver avuto nello stesso albo d’oro campioni di tutte le epoche, da Edberg e Federer, ha potuto anche godere della presenza di Zverev (il “Next Gen” già grande tra i grandi) e la prima riserva Tsitsipas affrontarsi in una divertente esibizione. Al polo fieristico di Rho non è dunque mancato proprio nulla, compreso un possibile numero 1 al mondo del futuro.