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Leonardo Cenci è sempre stato un amante dello sport, fin dall’età di quattro anni, quando faceva le capriole seguendo il fratello maggiore che praticava ginnastica artistica. Poi gli sport di squadra come minibasket e il calcio, giocato dai 12 ai 19 anni e abbandonato perché certi compagni non ci mettevano il giusto impegno “Pensavano un po’ troppo al gin tonic e alle ragazze”. Quindi gli sport individuali: “Se vado male voglio che sia per colpa mia, non a causa di qualcun altro”, prima il tennis e poi, nel 1998, l’avvicinamento casuale al podismo. Un amore sbocciato subito e mai più abbandonato: “Ho corso la mia prima maratona a Venezia nel 2001, in 3h24’. Da allora ne ho portate a termine nove in tutto: sette da uomo sano, le ultime due accompagnato dal cancro”.
Già, il cancro. O meglio “l’ospite indesiderato” come lo chiama lui. Leonardo in questi giorni si trova a Ravenna, dove il comitato organizzatore della maratona lo ha invitato come testimonial. E’ impegnato in una delle piazze cittadine, dove l’associazione Avanti Tutta Onlus, da lui fondata e presieduta, ha allestito un “sigarettone” di circa 20 metri, all’interno del quale vengono spiegati i danni oggettivi provocati dal fumo. Tra un impegno e l’altro, Leonardo ha accettato, con la consueta cortesia, di rispondere in esclusiva alle domande di Sportface.it.
Leonardo, cosa ti è rimasto di questa esperienza a New York?
“Sono felicissimo. E’ stata la trasferta più bella della mia vita in assoluto a livello emotivo, sensoriale e di responsabilità. Quest’anno infatti sono andato a New York , oltre che come podista, anche nelle vesti di ambasciatore della Regione Umbria, allo scopo di far conoscere il nostro splendido territorio e contribuire a rimettere in moto la macchina del turismo, dopo il sisma dello scorso anno. Ho avuto l’occasione di raccontare la mia storia in diverse occasioni, ivi compresa una riunione presso la sede del Consolato. L’aver portato a termine la maratona è stata la ciliegina sulla torta al termine di una settimana incredibile. Mi sento una persona privilegiata per aver potuto vivere queste emozioni”.
Convivi con il cancro dal 2012. Hai voglia di spiegarci come ne sei venuto a conoscenza?
“Certamente. Nella primavera-estate del 2012 mi stavo allenando proprio per correre la maratona di New York. Durante gli allenamenti ho iniziato a sentirmi stanco. Dapprima non ci ho fatto troppo caso, sia perché la preparazione di una maratona è comunque pesante, sia perché pensavo si trattasse di un semplice affaticamento, dovuto anche allo stress di alcuni cambiamenti che stavano avvenendo nella mia vita privata. Ad un certo punto però, non riuscendo nemmeno a salire le scale di casa, ho deciso di fare degli accertamenti clinici. Le radiografie al torace hanno evidenziato la presenza di una “pallina da tennis” nel polmone destro. La diagnosi scaturita dalle successive indagini strumentali ha lasciato poco spazio all’immaginazione: adenocarcinoma polmonare al 4° stadio, con metastasi alle ossa ed al cervello. Inoperabile e incurabile. I medici mi diedero 4-6 mesi di vita, non di più”.
Come hai reagito? Hai avuto paura?
“No, mai. Non ho mai avuto paura di morire. Ho deciso di affrontare la situazione con la mentalità di uno sportivo. Era una sfida che la vita mi aveva messo davanti e ho deciso da subito che volevo provare a vincerla. Io non ho paura del tumore che mi porto dentro. Lo considero un ospite, un ospite indesiderato che sta in casa mia temporaneamente, contro la mia volontà e che io, prima o poi, voglio sconfiggere”.
Forza di volontà, determinazione. Qual è il segreto per affrontare una situazione simile?
“Non ci sono ricette magiche. Bisogna essere in grado di mantenere il controllo di se stessi. Avere fiducia nei propri mezzi e crederci. Riuscire a non avere paura e cercare di non piangersi addosso, invocando la malasorte. Non serve a niente”.
Come sono stati i primi mesi dopo la diagnosi?
“Difficili. Ho fatto 8 cicli di chemioterapia, ho perso temporaneamente l’uso delle gambe. Eppure anche in quei momenti terribili, sono sempre riuscito a vedere il domani. Ancora non avevo la sensibilità alle gambe che già pensavo a quando sarei potuto tornare a correre”.
La passione per la corsa ti ha aiutato?
“Mi ha aiutato, eccome. E’ stata fondamentale. Nei momenti in cui non avevo l’uso delle gambe, mi sentivo come un uomo con il cervello di un 40enne ed il corpo di un bambino di 15 mesi. Pensavo solo a quando poter tornare a camminare. Quando finalmente ho ripreso a reggermi in piedi, muovendo i primi passi a braccetto con mio papà, già pensavo a quando avrei rimesso le scarpette da corsa. Passo dopo passo, sono tornato a fare quello che facevo prima”.
Nel 2016 sei stato testimonial alla Maratona di Roma.
“Si, ho corso i primi 15km della gara a fianco del presidente del Coni, Giovanni Malagò. Ormai siamo diventati amici e lui mi ha definito addirittura un ‘gigante della vita’. Lo ringrazio per quello che ha fatto e sta facendo per me”.
E poi a novembre dello scorso anno hai corso la maratona di New York in 4h27’57’’, superando di oltre un’ora Fred Lebow, l’unica altra persona che corse, nel 1992 con un tumore in atto, la stessa maratona in 5h32’34’’. Perché proprio New York, hai voluto portare a termine il lavoro iniziato nel 2012?
“Verso la fine di ottobre del 2012, mentre ero già in terapia, mi sono ammalato di polmonite. Dato che il mio ospite si trova proprio nei polmoni, mi hanno dovuto ricoverare. Nei giorni in cui era prevista la maratona mi trovavo in ospedale, per cui avevo programmato di guardarla in TV. Purtroppo quell’edizione alla fine non si disputò a causa dell’uragano Sandy. Per me è stata come una rivelazione: la maratona di New York mi stava aspettando. E’ stato come se Dio avesse voluto chiedermi scusa per avermi mandato il cancro”.
Quest’anno ti sei addirittura migliorato: 4h06’16’’.
“L’obiettivo era di correre in 4h15’, ma le gambe giravano bene per cui ho accelerato (ride, ndr)”.
Sei consapevole di essere l’unico uomo ad aver mai portato a termine due maratone con il cancro in atto?
“Quando mi pongo un obiettivo, cerco sempre di ottenere il massimo (ride, ndr). Il mio è un messaggio di speranza, voglio dirlo con forza a tutte le persone malate: non dobbiamo avere paura. Il male si può sconfiggere”.
Correre la maratona in poco più di 4 ore è un’impresa non di poco conto. Quanto e come ti alleni?
“Il Coni mi ha messo a disposizione un preparatore atletico, Umberto Risi, che ha messo a punto un programma di allenamento specifico. Più che una tabella direi che si tratta di un abito sartoriale (ride, ndr). Il piano di lavoro tiene conto dell’età, del metabolismo e della mia patologia: devo infatti calibrare bene il numero di km per non contribuire ai fenomeni di ossidazione delle cellule messi in atto dal mio ospite. Faccio quattro uscite settimanali outdoor e due sedute addizionali in palestra. In generale, mi sento un privilegiato a potermi allenare in questo modo. Tra l’altro, frequentando le strutture federali, ho avuto modo di conoscere personalmente diversi campioni, da Massimiliano Rosolino a Federica Pellegrini. E’ stato un onore per me”.
Altre gare in programma a breve?
“La prossima settimana sarò a Caserta per la mezza maratona. Oltre ad essere testimonial, correrò anche i 21 km previsti. L’impegno agonistico più importante sarà però il 3 giugno 2018 a New York. Il Console Generale d’Italia Francesco Genuardi mi ha infatti invitato ad una corsa di 5 miglia che si terrà nella città americana e che sarà riservata esclusivamente agli italiani residenti oltreoceano. Un specie di “Little Italy” podistica a cui non vedo l’ora di partecipare”.
Lavori molto anche nell’ambito della tua associazione Avanti Tutta Onlus.
“Sì. E’ molto importante. Vogliamo parlare a dare supporto e speranza ai malati. Tra l’altro il 24 novembre prossimo ci sarà la nostra festa, che avrà lo scopo di raccogliere fondi a sostegno. Con l’occasione festeggeremo anche il “capodanno matto”, una specie di San Silvestro fuori stagione, che mi sono inventato qualche tempo fa. Invito chi ne avesse piacere a cercare maggiori info sul sito avanti www.avantitutta.org.”
Cosa vuol fare Leonardo Cenci da grande?
“Anche su questo ho le idee chiare: il Ministro dello Sport. Credo di avere esperienza, competenza e meriti per farlo. Lo sport, oltre che competizione, è anche e soprattutto uno strumento fondamentale per aiutare se stessi e gli altri”.