È stato il tormentone dello sport mondiale, prima ancora dell’Olimpiade di Rio de Janeiro. Oggi, arriva una notizia che potrebbe riscrivere l’intera vicenda: la Wada, l’agenzia mondiale antidoping, ha dichiarato che il dossier dell’avvocato canadese Richard McLaren non conterrebbe prove sufficienti per certificare la violazione delle norme anti-doping da parte degli atleti russi.
Il dato è emerso in una lettera scritta dal direttore generale del CIO Christophe De Kepper, che è apparsa sul sito ufficiale del Comitato Olimpico internazionale. De Kepper ha rivelato come, nel corso di una riunione della Wada dello scorso 21 febbraio, sono emersi dubbi da parte dell’agenzia sull’effettiva colpevolezza di molti atleti di Mosca. Sotto la lente d’ingrandimento, in modo particolare, le traduzioni utilizzate dal rapporto McLaren di alcuni testi indicati come prove determinanti per l’accusa.
Richard McLaren, dopo il polverone sollevato alla vigilia dei Giochi Olimpici estivi, ha pubblicato anche una seconda parte del rapporto, riguardante questa volta gli sport invernali: in questo secondo dossier, si evidenziava la manomissione, durante le Olimpiadi di Sochi del 2014, delle provette prelevate dagli atleti russi.