La Russia rischia seriamente di rimanere fuori dall’Olimpiade di Rio 2016. La Wada, l’organizzazione mondiale per la lotta al doping, ha messo nel mirino il sistema russo che, secondo l’accusa, veniva spalleggiato anche dal presidente Vladimir Putin. Accuse pesanti che il diretto interessato rispedisce al mittente: “Il movimento olimpico, che ha un colossale ruolo unificatore per l’umanità, potrebbe di nuovo trovarsi sull’orlo di una scissione. Questa situazione rievoca involontariamente un’analogia con l’inizio degli anni ’80 quando molti Paesi dell’Occidente per l’intervento delle truppe sovietiche in Afghanistan boicottarono le Olimpiadi di Mosca, e quattro anni
dopo l’Urss per ritorsione rispose con il boicottaggio dei Giochi di Los Angeles” ha dichiarato il leader sovietico.
Dal Cremlino arriva la massima disponibilità a cooperare con la Wada, tanto che i funzionari russi accusati nel
rapporto reso pubblico oggi sul “doping di Stato” in Russia sono stati sospesi per l’intera durata dell’inchiesta. “Non c’è posto per il doping nello sport, è una minaccia per la vita e la salute degli atleti”, dice il presidente russo, Vladimir Putin, assicurando che “la Russia è pronta a cooperare”. Al contempo, però il leader russo ha chiesto maggiori informazioni alla Wada e ha ricordato che le accuse di doping contro gli atleti del suo Paese sono basate sulla testimonianza di un solo uomo, ovvero Grigori Rodtchenkov, ex numero 1 del laboratorio antidoping russo, oggi negli Stati Uniti. Secondo Putin, infine, è “pericolosa l’ingerenza della politica nello sport. La forma di questa ingerenza è cambiata, ma l’obiettivo è lo stesso: fare dello sport uno strumento di pressione geopolitica“.