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TUTTO QUEL CHE C’E’ DA SAPERE SUL MONDIALE DI HOCHFILZEN
Mancano ormai pochissimi giorni a una nuova edizione dei campionati del Mondo di biathlon. A Hochfilzen, in Austria, gli azzurri forse come non mai si presentano con concrete speranze di podio praticamente in tutte le gare. A suffragare tali aspettative sono soprattutto le nostre punte di diamante, Dorothea Wierer e Dominik Windisch, che sembrano proprio in questa stagione aver raggiunto la maturità agonistica per eccellere nei rispettivi settori.
Originari di Anterselva, la patria del biathlon italiano, entrambi promettevano già tanto agli albori della carriera. Se Dominik si era “limitato” a un bronzo in staffetta ai Mondiali Giovanili di Ruhpolding del 2008, Dorothea sembrava invece già una predestinata, cogliendo complessivamente 8 medaglie tra Mondiali Giovanili e Juniores tra 2008 e 2011.
Separati da appena 5 mesi (Wierer 27 anni li deve ancora compiere), gli altoatesini hanno fatto comunque i primi passi nella Coppa del Mondo assoluta in tempi diversi, con la promettentissima Doro che vi fece capolino già nel gennaio del 2009 in una sprint ad Oberhof, quando ancora non aveva compiuto 19 anni. Al contrario invece Windisch ha dovuto attendere il 2011, con un’altra sprint questa volta a Holmenkollen. Non hanno comunque dovuto attendere molto per dimostrare tra i grandi il loro valore, tant’è che già la Wierer nella stagione 2010/2011 ha ottenuto i primi punti in Coppa del Mondo mentre addirittura Windisch nel 2012 conseguiva un primo podio ad Oberhof anche se in staffetta. Hanno in comune una delle più grandi gioie delle rispettive carriere, il bronzo nella staffetta mista alle Olimpiadi di Sochi del 2014, assieme a Karin Oberhofer e Lukas Hofer, una vera e propria “nazionale” dell’Alto Adige.
Con la stagione 2015/2016 i punti esclamativi non sono stati più episodici ma hanno contrassegnato un’intera stagione, che ha visto in particolare Dorothea Wierer confezionare addirittura il terzo posto nella classifica generale e la vittoria nella “coppetta” di specialità dell’Individuale, riuscendo a mettere il naso davanti a tutte nella individuale di Ruhpolding e nella Mass start di Canmore, in Canada, senza dimenticare la straordinaria medaglia d’argento nella gara ad inseguimento ai Mondiali di Holmenkollen. Dominik, da par suo, ha anch’egli vissuto il proprio giorno di gloria in Canada, ottenendo la prima vittoria individuale in carriera nella Mass Start e chiudendo con un discreto 22° posto nella Coppa del Mondo Generale.
Due vite e due carriere per certi versi in parallelo, ma due caratteri propriamente differenti, semplice ed estremamente gentile Windisch, brillante e carismatica Dorothea. A proposito di carisma e personalità, hanno fatto scalpore a inizio stagione le sue dure parole a La Stampa a 360°, sia in merito alla mancanza di sponsor e di aiuti del CONI per questo sport che fa da contraltare agli ottimi risultati degli azzurri del biathlon in queste ultime stagioni, che per quanto concerne l’argomento doping, in particolare riferito alla nazionale norvegese. Detto ciò, nonostante anche una bellezza prorompente, Doro ha sempre preferito far parlare i fatti, e così è stato sin dalla sua sfavillante carriera giovanile e juniores, con una professionalità strumento essenziale per i miglioramenti che via via ha conseguito, in particolare nella meccanica, rapidità e precisione al tiro, che inizialmente non la vedevano tra le più forti del lotto.
Al contrario Windisch, pur mantenendo inalterata l’ambizione per la sua carriera futura, nasconde gelosamente le emozioni che hanno già contraddistinto la sua carriera, in particolare proprio ai nostri microfoni qualche mese fa ha confessato in merito alla vittoria 2016 a Canmore “è stato veramente emozionante, un sogno che è diventato realtà da un momento all’altro: un momento che passa troppo veloce ma che rimarrà sempre nei miei ricordi, sia per la vittoria in sé, che per le emozioni della squadra e dei tecnici, perché è quello che dà più valore”, dimostrando di essere il primo a comprendere il livello di eccellenza che questo sport ha raggiunto in questi anni “perché sai che quando arrivi sul podio hai fatto qualcosa di veramente grande ed è bello gareggiare con i migliori. È già bello essere lì anche se arrivi 20esimo: devi accontentarti se sai di aver dato tutto. Ormai non basta andare più sugli sci, devi anche essere perfetto al tiro che non è facile. Deve essere tutto perfetto, anche i materiali”.
Siamo quindi alla vigilia di un altro capitolo della carriera dei nostri alfieri, sperando che continui il trend che li vede in questi anni sempre più protagonisti nel gotha del biathlon mondiale. Il sogno di una o più medaglie iridate è tutt’altro che una chimera, è dietro l’angolo, e i ragazzi ce la metteranno tutta.