Tutto pronto per il PIF Saudi International, terzo torneo dell’Asian Tour, in programma dal 3 al 6 febbraio. In gara ci sono 120 giocatori, tra questi anche tre tra i migliori dieci al mondo. Nel field c’è pure un azzurro, Matteo Manassero. L’evento metterà in palio 5.000.000 di dollari e ha come “title sponsor” il Public Investment Fund (Pif), tra i più grandi fondi sovrani al mondo, fondato nel 1971 allo scopo di investire per conto del governo dell’Arabia Saudita. A difendere il titolo ci sarà l’americano Dustin Johnson (numero cinque al mondo) che ha vinto la prima edizione della rassegna nel 2019, s’è classificato secondo nel 2020 (quando a imporsi fu il nordirlandese Graeme McDowell, anche lui in campo quest’anno) e ha calato il bis di successi nel 2021. Tra i big ecco poi gli statunitensi Xander Schauffele (ottavo nel world ranking e medaglia d’oro ai Giochi di Tokyo), Bryson DeChambeau (nono nella classifica mondiale), Phil Mickelson, Patrick Reed e Tony Finau. E ancora: l’australiano Cameron Smith, il belga Thomas Pieters, gli inglesi Tyrrell Hatton, Lee Westwood, Tommy Fleetwood, Ian Poulter e Paul Casey, ma anche lo spagnolo Sergio Garcia e l’irlandese Shane Lowry.
“Non siamo politici e siamo qui per giocare“, il coro delle stelle per difendersi dalle critiche. Al centro c’è la situazione dei diritti umani in Arabia Saudita, considerata ancora lontana dagli standard occidentali, oltre all’omicidio (nell’ottobre del 2018) del giornalista saudita Jamal Kashoggi avvenuto nel consolato del suo paese a Istanbul. Con un rapporto della Cia che accusa il principe ereditario dell’Arabia, Mohammed bin Salman, “di aver approvato e autorizzato l’uccisione”. “Chi gioca il Saudi International prenderà milioni dollari da un regime che ordina l’omicidio di suoi dissidenti”, l’accusa lanciata recentemente dal Washington Post.