Edoardo Molinari è tornato al successo nel Trophée Hassan II in Marocco, suo terzo titolo nell’European Tour di golf, dopo una prestazione di altissimo livello e un play-off vinto ai danni dell’irlandese Paul Dunne. L’azzurro è stato intervistato dalla Federgolf.
Edoardo, una vittoria alla tua maniera: gran classe, grinta, determinazione e tanto cuore.
“Si, sono gli elementi che ho cercato di trasferire sul campo, ma è stato necessario anche avere un po’ di fortuna, eseguire colpi giusti al momento opportuno e anche indovinare un paio di putt veramente difficili. E’ stato un successo molto sofferto, ma per questo forse ancora più bello”.
Nove buche finali da favola: le tue migliori in assoluto?
“Non so se siano state tali, ma sicuramente sono nate da un gran gioco. Poi credo che la chiave di volta sia nelle due buche finali. Alla 17 già era difficile il par e io ho segnato il birdie e alla buca 18 sono stato l’unico a realizzare un eagle”.
Che sensazioni hai avuto nell’affrontare il playoff?
“Nessuna in particolare. Ho pensato al mio gioco e quando ho visto la palla in bunker dopo il terzo colpo l’obiettivo è divenuto quello di salvare il par, come ho fatto. Se poi Dunne mi avesse lasciato strada bene, altrimenti ero pronto a ricominciare”.
La vittoria quali ripercussioni avrà sul morale?
“In realtà il morale era già alto da qualche mese, poiché mi stavo esprimendo a buoni livelli confortato anche dai risultati. Nelle ultime settimane la fiducia era ulteriormente aumentata. Forse non mi attendevo un successo così rapido, poiché avevo ancora qualche pausa di rendimento, alternando ottimi giri ad altri mediocri. Questa settimana, invece, ho ritrovato piena regolarità e i quattro turni tutti sullo stesso piano sono stati fondamentali per arrivare al titolo. E’ evidente che ora affronterò il tour con altro spirito”.
Dopo gli incidenti e le pause per recuperare, ti sei mai chiesto se era il caso di continuare?
“Non ho mai pensato di smettere. Però i dubbi erano tanti, soprattutto mi domandavo se sarei mai tornato quello di prima. Quando fai molto lavoro e non vedi risultati apprezzabili ti viene a mancare la fiducia e diventa tutto più complicato. Allora occorre lavorare anche sul piano psicologico. Non è facile, ci vuole tanta pazienza, ore e ore di campo pratica e solo così riesci, sia pure lentamente, a recuperare”.
Ti ha pesato affrontare due volte la Qualifying School soprattutto alla luce dei tuoi tanti prestigiosi successi, Ryder Cup compresa?
“No. Nella vita si incontrano periodi particolari e bisogna pensare al presente. In quel frangente era necessario andare alla Qualifying School e l’ho fatto. Non è stato così drammatico, però sono contento che ora non debba più tornarci”.
La dedica?
“A mia moglie Anna, che per me è fondamentale, e a mia figlia Margherita, che ha portato una gran gioia in casa”.
Nel 2022 la Ryder Cup a Roma
“E’ una grande opportunità per l’Italia, per Roma e per tutto lo sport italiano. Il golf ha l’occasione per farsi ancor più conoscere e apprezzare e sono certo che la Ryder Cup favorirà a un incremento importante dei tesserati. Mi aspetto che nella squadra continentale del 2022 ci siano parecchi italiani, me compreso naturalmente”.
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