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“L’opinione pubblica ora mi vede come la cattiva: come può la Federazione non mandarmi via?”. Comincia così la lunga intervista che Emanuela Maccarani ha concesso a Il Corriere della Sera, in riferimento alle gravi accuse che hanno sconvolto il mondo della ginnastica. La dt della ritmica, artefice di uno dei periodi più titolati della ginnastica italiana, spiega di non voler diventare “un capro espiatorio, perché vorrei rispondere solo delle mie azioni. C’è una scuola, c’è un metodo, vinciamo da 20 anni. Non è per niente banale. Se le emozioni le tiri fuori, le provi. Non ho mai maltrattato nessuno. La ritmica è uno stato d’animo. Le ginnaste azzurre sono belle, leggiadre, armoniose. Impossibile fingere”. Un metodo che non prevede assolutamente umiliazioni o pese pubbliche, come sostenuto da alcune ginnaste: “Non è mai esistito un rito collettivo, lo facevano le mie assistenti tutte le mattine, certo non io. Le ragazze si cambiavano in spogliatoio e si pesavano prima di indossare la divisa. Se fosse successo qualcosa di sbagliato, sarei venuta a saperlo: nel 2011 ho allontanato un’allenatrice che stava troppo addosso alle ginnaste. Se con Olga Tishina (la sua collaboratrice, ndr) ci fosse un malessere, lo saprei. Non c’è”.
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E riguardo i modi troppo duri negli allenamenti: “Dipende dal momento e dal contesto ma solo con riguardo agli aspetti tecnici. Certamente in quasi 30 anni qualche errore l’avrò commesso. Se mi fossi comportata male, i genitori me l’avrebbero detto. E invece mi chiedono tutti di restare. Capisco che c’è una nuova sensibilità verso body shaming, bullismo, abusi, violenza verbale. E c’è chi ha ritenuto di farci un investimento. Ho letto frasi identiche nello scandalo della ginnastica in Svizzera e negli Usa: maialino, sei grassa…Frasi che io non ho mai pronunciato. Vedo una regia mediatica, ora tocca alla ritmica. Giustissimo occuparsene, lo stavo già facendo sotto la mia direzione tecnica. Alla Nazionale si arriva con un percorso e rispettando dei canoni: lo sport è per tutti, l’alto livello no. Io preparo il giardino, le Farfalle arrivano e si posano: 11 mesi all’anno all’accademia, io sono lì per loro. Sono coach, non mamma, ma se qualcuna mi chiede un abbraccio non mi tiro indietro“.
Infine, il contrattacco, sottolineando che le denunce “arrivano tutte da ginnaste che non hanno fatto le Olimpiadi. Galtarossa nel 2013 è diventata mia assistente: la pesa fino a Rio la faceva lei. Certo che può essere successo che 200 bambine in tutto il Paese abbiano avuto la percezione di essere state maltrattate, ma l’accademia di Desio cosa c’entra? Non posso rispondere per tutta Italia”. E sul caso specifico di Anna Basta: “È andata via a maggio 2020, nessuno si era accorto del suo disagio. Il problema non erano i chili, era la tecnica. Le Olimpiadi si fanno in cinque e lei era la sesta. Le ho detto: vai a casa, ci risentiamo. È sparita. Ma non è il fallimento di nessuno. Anna non voleva più la ginnastica e si è portata dietro il conflitto in famiglia. Le serviva un alibi: non essere stata capita. L’ossessione del peso a Desio? C’è un sistema, nessuna ossessione. Il peso è una metodica come in tanti altri sport. Dal 2019, poi, con l’arrivo del dietista, molto è cambiato: la pesa non si fa quasi più, le ragazze mangiano da sole: lavorano 7-8 ore al giorno, se non mangiassero sarebbe un problema”.
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